La polvere del tempo

Oggi sugli schermi il film di Theo Angelopulos. Un amore che lega le generazioni, tra tempo e storia
la polvere del tempo

Esce oggi il film di Theo Angelopulos, classe 1935, un regista che ne ha visti di eventi nella sua vita. Facendo cinema fin dal secondo dopoguerra, li ha raccontati con una lunga serie di film. Ora narra la storia di un amore, iniziato nel 1953 nell’ex Unione Sovietica e destinato a perpetuarsi fra le generazioni fino ad oggi. Filo rosso del racconto è Elèni, figura reale ma anche omaggio alla mitica Elena, che rappresenta l’amore lungo il tempo. La donna è divisa fra due uomini, l’ebreo Jacob e il greco Spyros, che sceglierà come marito. Il figlio nato dal loro amore di una notte e allevato proprio da Jacob – l’innamorato mai respinto e mai accettato del tutto – diventerà un celebre regista, preso tuttavia dai problemi familiari di oggi: un divorzio, una figlia piccola che tenta il suicidio per mancanza d’amore.

 

Tra questi fatti scorre la storia dell’Europa, dai gulag in Siberia, alla morte di Stalin, alla caduta del Muro di Berlino, fra illusioni e incertezze, lasciando parlare spesso il linguaggio del Tempo. Il Tempo come evento psicologico dei personaggi, su cui si accumula una polvere difficile da smuovere, ma anche come fenomeno atmosferico di nevi e piogge, soprattutto.

 

Teatrale nell’impostazione, il film è pervaso dalla sensibilità tutta greca per la tragedia umana, la fatalità della storia, un destino che guida le generazioni a perdersi, a ritrovarsi e perpetuarsi. Fra dolore e speranza, dove l’unico elemento costante resta l’amore. Se Jacob, ebreo che rifiuta di tornare in Israle, si lascia morire – incapace di accettare “la polvere del tempo” – , Spyros chiuderà il racconto accompagnando la nipote bambina sotto la neve, immagine del Tempo che tutto copre. La moglie, Elèni, è morta. La scena di lei appena spirata nel letto è dolce, ma anche muta come quella di alcune tragedie di Euripide.

 

Lento all’inizio, il film cresce via via grazie anche alle straordinarie interpretazioni di Irene Jacob, Michel Piccoli, Bruno Ganz e Willem Dafoe, accompagnati da una musica nostalgicamente triste – la musica di chi ricorda il passato – e da una fotografia che dà anima ai luoghi come altrettanti personaggi del racconto.

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