La notte del Visakhabuja

Èil giorno di Visakhabjua, che ricorda l’illuminazione e l’entrata del Buddha nel Nirvana. Decidiamo proprio in quest’occasione d’andare a rendere omaggio all’anziano e veneratissimo gran maestro Ajhan Thong, da lunghi anni in contatto stretto col Movimento dei focolari. C’eravamo sentiti per telefono varie volte in occasione della malattia e della morte di Giovanni Paolo II, che tanto amava e stimava, e che aveva incontrato a Roma lo scorso anno, in occasione del simposio cristianobuddhista organizzato dai Focolari. In effetti, la morte di papa Wojtyla anche in Thailandia è risultata un evento di eccezionale importanza, seguito praticamente da tutti, tanto che numerosi monaci buddhisti seguivano passo passo il suo stato di salute fin dai primi giorni della crisi, anche guardando le tivù satellitari per intere notti, come mi hanno confidato, e seguendo poi ogni momento del funerale. Il governo, cosa mai successa in passato, ha indetto tre giorni di lutto nazionale, ed il primo ministro è intervenuto alle esequie nella cattedrale cattolica. Ma anche la gente comune ne parlava negli uffici, nelle scuole, e praticamente tutti i giornali hanno dato ampio spazio al funerale e poi all’elezione di Benedetto XVI. Ajhan Thong si è dimostrato felicissimo di vederci, nonostante la grande quantità di persone intervenute alle cerimonie della grande festa buddhista, e nonostante il caldo soffocante da 38 gradi e più, con il 90 per cento d’umidità. Siamo rimasti sorpresi che la gente riuscisse a rimanere immobile e impassibile nell’ascoltare la sua parola, tutti con le mani giunte. Dapprima gli consegniamo un messaggio scritto per l’occasione della festa dal Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, messaggio che abbiamo distribuito anche a numerosi altri monaci. Come tutta risposta, il gran maestro lo fa leggere alla folla da un monaco, perché tutti i presenti possano ascoltare e gioire. Ajhan Thong, mentre ascoltava attentamente, ha preso tra le mani una copia del numero speciale di Città nuova per la morte del papa, guardandosi le foto ad una ad una. Nel farlo, pareva che per lui il mondo si fosse come spento. Anche gli altri monaci presenti si dimostrano felici di vederci: stanno raccogliendo le offerte per quel giorno speciale, una bella cifra, segno della generosità della gente thailandese, raccolta per terminare la costruzione di uno stabile per accogliere chi viene a meditare nel tempio. La nostra maratona per il dialogo con gli amici buddhisti è già iniziata la notte scorsa: una notte afosa, col cielo grigio e senza stelle, in cui siamo saliti verso il tempio più famoso di Chiang Mai, Doi Suthep si chia- ma, dove sono conservate alcune delle reliquie del Buddha. Avevamo deciso di percorrere tutti i 15 chilometri a piedi… È stata dura, ma concentrarci nel momento presente, all’unisono con decine e decine di migliaia di giovani e meno giovani in questa notte, santa per i buddhisti, ci ha dato una forza nelle gambe insospettabile. Colori, profumi e musica: era tutta una festa attorno a noi, tutto un canto verso il bene ricercato, da loro come da qualsiasi uomo che vive su questa terra… Ci siamo fermati ad un certo punto per rifornirci d’acqua: e una cascata di sorrisi e di gentilezza ci ha riempito il cuore. E ci siamo detti che avevamo la grande fortuna di conoscere questo popolo thai o, meglio, questi popoli, perché Chiang Mai è il crocevia di almeno una diecina di etnie diversissime tra loro: un inno all’umanità. Ma a due terzi del cammino ecco che ha cominciato a piovere: all’inizio faceva anche piacere, ma dopo un po’ siamo stati costretti a metterci sotto un albero, al riparo: avevamo l’impressione che fosse l’albero del Pho, quello che ha visto illuminazione del Buddha. Perché stanotte si celebra proprio la nascita, l’illuminazione e l’entrata del Buddha nel Nirvana (che significa il completamente aperto, e perciò l’illuminato). Una donna lungo il cammino ci ha apostrofato bonariamente, vedendo che stavamo per arrenderci, prendendo al volo uno dei furgoncini che trasportavano la gente fino al tempio: Avete paura di un po’ d’acqua? I meriti che stanotte acquisteremo saranno doppi grazie a questa pioggia. Forza e coraggio, continuiamo! . E allora, via verso al cima! Finalmente arrivati, abbiamo trovato una vera festa, anche se composta e serena. La cima di Doi Suthep accoglie un bellissimo tempio, con una stupa tutta dorata, adornata con ombrelli e campanelle d’oro. Per il giorno di Visakhabuja (riconosciuto dall’Unesco come festa comune a tutta l’umanità) è uso comune girare per tre volte intorno alla stupa che contiene alcune reliquie del Buddha, tenendo in mano una candela (che rappresenta il dharma), l’incenso (il Buddha) ed il fior di loto (rappresenta i monaci). Si acquistano meriti, o bene, come si dice piuttosto da queste parti, con maggiore esattezza. Dopo aver osservato per qualche momento la continua processione, storditi e attratti dalla scena, ci siamo messi a fotografare. La gente ci vedeva senza guardarci, in uno scambio reciproco e silenzioso di rispetto, anche col monaco che imperterrito continuava la recita del chanting buddhista. Non c’era bisogno di parlare. Numerosissimi i giovani presenti, certo non spinti da nessuno a farsi cinque ore di marcia a piedi, con la pioggia e il vento per giunta… È gente in cerca del divino, senza dubbio. Tornando a valle, questa volta a bordo di una camionetta, l’autista ci ha detto: Siete cristiani e siete venuti fin quassù a piedi? Vuol dire che siamo fratelli! No, non pagate: è un piacere avervi tra noi, e poi acquisto del bene pagando per voi due.

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