La mostra guarda il mondo

Le nostalgie di Costanzo, le eccentricità di Lanthimos, la storia di Larraìn, la Roma giovane di Sollima e la satira di Polanski. Un orizzonte fra stupore e dolore.
LaPresse 31-08-2023 Venezia Spettacolo 80. Mostra internazionale d\'arte cinematografica Photocall del film \"El Conde\" nella foto: da sn, Alfredo Castro, Gloria Münchmeyer, Pablo Larraìn e Paula Luchsinger

Adagio di Stefano Sollima è una gangster story dolorosa. Una Roma notturna con un incendio perenne all’orizzonte fa da sfondo alla storia di Manuel, ragazzo di periferia in cerca di un minimo di felicità. Braccato dai carabinieri per alcuni comportamenti, perseguitato da gente corrotta che ha filmato, con un padre malato (un bravissimo Tony Servillo). Cerca rifugio dagli ex complici del padre. Roma di notte, agenti violenti, ambienti squallidi e mai pace, solo un dolore che perseguita il ragazzo dagli occhi aperti, anche ingenui, anche disperati in cerca di una possibile redenzione. Che potrebbe arrivare, forse.

Il poliziesco di Sollima è duro, spietato, ma anche con rari momenti di speranza e fa luce sulla sofferenza dei giovani. Questo, del dolore, accomuna altri lavori come la stordita, candida ragazzina romana che nel film di Saverio Costanzo Finalmente l’alba vive una notte tra le star hollywoodiane che lavorano ai peplum di Cinecittà negli anni Cinquanta. Ingenua, asseta di amore, diventa una vittima dell’ambiente malsano fuori dal set ma ne esce, all’alba, forse più forte, al contrario della celebre ragazzina Wilma Montesi assassinata in quegli anni, pure lei aspirante attrice.

Costanzo racconta di una ragazzina del passato, ma lo sguardo si può posare sulle ragazze di oggi che sognano di diventare una star e si incontrano con un mondo feroce e falso. Il film è calligrafico, ben girato, gli attori credibili, ma i tempi dilatati e una certa insistenza rendono talora poco leggero questo che è pure un racconto di formazione alla vita.

A quanto pare, i registi oggi sono fluidi nel loro modo di raccontare, amano mescolare i generi. Così il cileno Pablo Larraìn ne El Conde racconta ancora una volta Pinochet, ora un vecchissimo vampiro in cerca di una inutile pace. Apocalisse, horror, surrealismo marciano vicini nel film iper-barocco che punta al Leone, con chiaro intento politico, ma lo raggiungerà?

Forse potrebbe essere la volta di una rivisitazione storica come quella di Nikolaj Arcel in Bastarden (La terra promessa) che ci proietta nello Jutland nel ‘ 700 e nella storia del capitano Kahlen alle prese con il crudele conte de Schinkel che gli vuole impedire la colonizzazione del territorio con ogni mezzo. Il messaggio sotteso rimane quello della accoglienza del diverso, nel caso la piccola zingara rifiutata da tutti ma non dal capitano, perché zingara.

Un maestro della scorribanda tra i generi è il greco Yorgos Lanthimos che in Poor things (Povere anime) si spinge a mescolare thriller, erotismo, mostruosità varie parlando della donna creata da un medico mostro (Willem Defoe) che è una specie di Frankestein al femminile. La donna, chiamata Bella Baxte scopre la vita, il sesso, il mondo grazie ad un dissoluto avvocato che la porta a maturare anche personalmente ma per creare altri mostri. Gli uomini, in genere oggi nel cinema, non fanno una bella figura, questo spetta ad una attrice come Emma Stone che incarna nel film un nuovo tipo di donna fatale a suo modo, creatrice e distruggitrice, vittoriosa sull’uomo e sul mondo. Iper-barocco e provocatorio, il film certo mira al Leone d’oro, come altri lavori. Ci riuscirà?

Per distrarsi, si può vedere The Palace di Polanski che a 90 anni racconta di una vigilia di Capodanno in un albergo svizzero per super ricchi, oligarchi russi ovviamente, gente di cinema, vecchie e nuove glorie, affaristi in un clima di divertimento eccessivo e falso dove il denaro e il successo dominano su tutto, mentre l’ombra di Putin si staglia all’orizzonte. Ce n’è per tutti, gli svizzeri, il cinema, i vecchi che vogliono fare i giovani, le donne soprattutto. Cinico e sarcastico, forse ripetitivo a tratti, getta luce disincantata sulla vanità egoistica che ci circonda.

E a questo proposito, fa pena ricordare che accanto alle star sul tappeto rosso, hanno voluto sfilare anche alcuni politici, come Salvini e Renzi, in cerca di pubblicità, la classica vecchia malattia dei politici. Purtroppo succede anche questo. Ma la mostra, quella vera e intelligente, continua.

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