La legalità e la politica

I martiri non portano al bene comune se non ispirano una politica concreta e possibile. Conversando sul web con chi vuole una “politica di valori”.
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È mia abitudine condividere su Facebook i miei articoli. Più d’uno ha cortesemente risposto alla pubblicazione del mio ultimo articolo su questa rivista on line: “Un colpo d’ala per Palermo”. In quell’articolo volli condividere con i lettori una mia inquietudine: tutto il bene comune inderogabile, la voglia e i tentativi di riportare la legalità nelle nostre realtà (al Sud come al Nord, intendiamoci!), rischia di rimanere inefficace perché non diventa storia, storia di cambiamento, carne e sangue.

 

Dicevo quindi che in questo contesto di rinascita civile (Comitato Addiopizzo, Associazioni antiracket presenti in tutta Italia, iniziative, scuole e quant’altro) rischiano di morire per asfissia, perché in tutto questo cambiamento manca la politica. Perché, dicevo, la politica è quella che può aprire la prospettiva, che può dare il progetto dove anche l’impegno per la legalità trova il suo giusto posto, dove la comunità di una città riesce a capire fino in fondo la vocazione della propria città. Ero cosciente di essere provocatorio in quall’articolo quando scrissi che il “sangue dei martiri” che aveva fecondato le nostre terre, non sembrava avesse fecondato la politica. O, almeno, non l’aveva ancora fecondata in misura da far nascere la politica del progetto, del bene comune.

Ed eccomi alle impressioni e ai dubbi che alcuni lettori hanno voluto condividere con me. Come fare in modo che anche la politica sia fecondata da questo “sangue dei martiri”?

 

Qualcuno, ancora più asciutto nei giudizi, mi dice che spesso, come cattolici, siamo entrati sì nell’impegno in politica ma, appunto, non senza che diventasse storia, forse restando testimonianza, talvolta martirio, ma non storia di cambiamento. Martirio, testimonianza difficile da proporre come metodo ai nostri ragazzi, ad esempio, che invece e giustamente cercano un impegno concreto di cambiamento, un percorso che preveda sì il dolore, l’angoscia, talvolta anche il martirio, se è necessario, ma anche il cambiamento… La politica senza progettualità e senza una forte spinta al cambiamento, personalmente m’inquieta.

 

L’inquietudine, appunto. Comprendo di entrare in un argomento spinoso e forse qualcuno mi sta rimproverando di occuparmi di una questione che non attiene alle mie competenze. Ma l’inquietudine sta proprio qui, nell’incontro con centinaia di ragazzi di tutte le età che ho incontrato in questi mesi in occasione di dibattiti sul mio libro, e a cui ho parlato del sangue dei martiri che ha fecondato la nostra terra, delle prospettive di cambiamento che i ragazzi abbracciano con radicalità. Ma, mi chiedo e mi chiedono i ragazzi, la politica (e non si riferiscono alla politica dei massimi sistemi, ma la politica nei comuni, nelle province, nelle regioni, la politica di quanti si ispirano ai valori), ci aiuta?

 

Questa è l’inquietudine che volevo condividere: la frontiera non è più o comunque non è soltanto la questione morale, l’impegno per la legalità, l’attenzione a non cadere in una cultura mafiosa. Senza la politica non andiamo da nessuna parte. E allora, come fecondare anche la politica, mi si chiede?

 

L’esperienza del “consumo critico” che ha aiutato i commercianti ad esporsi alla legalità e che ha “umanizzato” la lotta al racket facendola divenire una lotta di una comunità nei confronti di quei commercianti che volevano essere testimonianza visibile di rifiuto della illegalità potrebbe, ad esempio, suggerirci di avviare una campagna di “consenso critico” che potrebbe aiutare quei candidati e quei politici che vogliono essere testimoni credibili di una politica davvero rinnovata e orientata al bene comune. Anche il “consenso critico” potrebbe “umanizzare” l’impegno per la politica dei valori, perché la fa divenire impegno di una comunità nei confronti di quei politici che si impegnano ad esserne testimoni credibili. Come i commercianti che non possono essere lasciati soli nell’impegno per la legalità, cosi questi politici non li possiamo lasciare soli nell’impegno per il bene comune.

 

È una esperienza che il Movimento dei focolari ha già proposto e vissuto da diversi anni come il “patto politico” tra eletto ed elettori, ma che oggi assume una valenza forte: potrebbe essere la garanzia che l’impegno di tanti politici, incarnati nella propria comunità, divenga storia e storia di cambiamento, innamorando cosi tanti giovani che non aspettano altro.

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