La gente non vuole armi ma pane

Nel giorno di Natale papa Francesco ha denunciato duramente gli interessi che portano all’aumento della «produzione, vendita e commercio delle armi». La questione rimossa dal dibattito pubblico mentre a fine 2023, cinque realtà del mondo cattolico (Apg23, Acli, Pax Christi, Azione cattolica e Focolari), nel segno di Mazzolari, chiedono all’Italia di agire per fermare le stragi e approvare il trattato Onu di abolizione delle armi nucleari (“Non possiamo restare in pace”)
Armi (AP Photo/Libkos, File)
(AP Photo/Gregorio Borgia)

“Chi ha orecchie per intendere intenda”. Il messaggio Urbi et Orbi (“alla città e al mondo”) pronunciato da papa Francesco nel giorno di Natale 2023 è stato di estrema chiarezza: «Questo è la guerra: viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Ma per dire “no” alla guerra bisogna dire “no” alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?

Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre».

Sono in pochi, ma esistono, coloro che cercano di parlare e scrivere con precisione degli interessi delle società belliche che muovono o semplicemente lucrano dall’immane mattatoio delle guerre.

Resta da capire l’incidenza di tale conoscenza sulla coscienza personale e su quella collettiva dell’opinione pubblica. Come nella parabola evangelica, il seme gettato può trovare il terreno adatto per germogliare e dare frutto, ma spesso deve lottare contro i  rovi che ne soffocano lo sviluppo oppure resta sul terreno arido e ostile.

L’enorme macchina della guerra, la sua giustificazione come “male necessario”, assieme alla convinzione di non poter far nulla per evitare lo scempio dell’umanità, sembra rendere vano lo sforzo di fare informazione senza cedere alle pressioni dei poteri pervasivi che si muovono, come dice Francesco, nell’ipocrisia e nel nascondimento.

La questione della produzione di armi è destinata a restare costretta in un dibattito astratto se non si riesce ad affrontare la possibilità di promuovere una politica industriale di pace, come esposto recentemente su cittanuova.it. E questo vale in particolare per l’Italia che ha compiuto da decenni, a prescindere dal colore dei governi, la scelta di promuovere il settore della produzione bellica fino ad attestarsi tra i primi 10 esportatori mondiali di sistemi d’arma.

Un vero dibattito in materia non può realisticamente avere come obiettivo l’eliminazione del settore industriale della difesa ma la sua coerenza con l’impianto costituzionale. Non si può, ad esempio, affermare, come fanno alcuni, che dobbiamo vendere armi anche a Paesi che violano i diritti umani perché altri lo faranno comunque al posto nostro. L’adozione, a livello europeo, di un principio di responsabilità in materia di politica comune di Difesa, ad esempio, dovrebbe condurre tecnicamente ad una riduzione delle spese e della concorrenza tra le imprese di armi.

La mancanza di questo reale confronto sulle scelte strategiche davanti alle guerre in atto, ha portato, in questo fine anno del 2023,  cinque realtà del mondo cattolico italiano (Apg23, Acli, Pax Christi, Azione cattolica e Focolari) a ribadire l’urgenza di «mettere al centro del dibattito pubblico il ripudio della guerra a partire dalla necessità di bandire non solo l’uso ma anche il possesso delle armi nucleari» davanti a scenari sempre più estremi mentre «resta desolatamente senza risposta ogni ragionevole appello per porre termine alla follia della guerra e alla strage degli innocenti».

«Non possiamo restare in pace – affermano i responsabili delle associazioni – in questo fine anno segnato dalla tragedia che sconvolge la Terra Santa, mentre nel cuore dell’Europa continua la sofferenza del martoriato popolo ucraino».

Con questa citazione implicita di Primo Mazzolari («Il cristiano è un uomo di pace, non un uomo in pace») l’appello invita a prendere atto della serietà dell’escalation bellica: «Non è più tempo di sterili polarizzazioni ma di prendere sul serio l’appello di Joseph Rotblat, lo scienziato che si rifiutò di partecipare al progetto Manhattan dell’arma nucleare usata nel 1945 su Hiroshima e Nagasaki: “Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto”».

«Guerra alla guerra» è il programma della giornata del 13 gennaio 2024 promossa dalla pastorale sociale e del lavoro della Cei a Bozzolo, luogo di periferia della bassa mantovana dove ha vissuto don Mazzolari, per confrontarsi oggi con la sua lezione di vita e quella di don Lorenzo Milani, altro testimone scomodo e incompreso di coerenza evangelica.

Cosa ci dice, in questo momento, ad esempio, il testo del 1955  “Tu non uccidere” di Mazzolari censurato dall’autorità ecclesiastica del tempo?

Il 22 gennaio 2024 sarà, inoltre, il secondo anno di entrata in vigore del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari approvato dall’Assemblea dell’Onu nel 2017, ma che nessuno dei governi italiani ha voluto finora firmare e ratificare o anche solo affrontare in una discussione pubblica che le associazioni ritengono essere, invece, «una grande occasione per rimettere l’Europa stessa al centro di un processo di pace».

Contrariamente, infine, all’idea riduttiva di un’irrilevanza politica del nostro Paese, si ribadisce la convinzione sul ruolo storico e morale che l’Italia deve «svolgere come promotrice di una cultura di pace in uno scenario che appare sempre più incerto».

Qui appello integrale di Apg23, Acli, Pax Christi, Azione cattolica e Focolari

 

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