La fraternità via della pace

Papa Francesco affida a questo principio la costruzione di una convivenza pacifica tra singoli e popoli. La domanda di Dio a Caino: "Dov'è tuo fratello?" continua a risuonare ancora oggi da Lampedusa alla Siria

Papa Francesco ha scelto come tema della giornata della pace "Fraternità, fondamento e via per la pace". C’è un filo rosso che unisce tre momenti di un’unica meditazione che il papa ha cominciato a Lampedusa l’8 luglio, ha continuato nella preghiera e nel digiuno del 7 settembre e ha avuto il suo compimento nel messaggio di pochi giorni fa: è la parola di Dio che consegna il mistero di Adamo e il mistero di Caino ed Abele.

A Lampedusa papa Francesco pone due domande fondamentali: «Adamo dove sei?» e «Dove è tuo fratello?». La tragedia che si è consumata nel Mediterraneo rimanda su di noi quest’ultima domanda. Perché siamo tutti uniti dal mistero della fraternità che rinvia alla paternità dell’unico Dio.

Dice il papa: «Dove è tuo fratello?». «La voce del suo sangue grida fino a me», dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte.

Il papa con grande vigore denuncia la tragedia della mancata fraternità: «Dio chiede a ciascuno di noi: “dove è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?”. Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo, abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna, siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare di cui parlava Gesù nella parabola del buon samaritano».

Il 7 settembre, nella grande preghiera della pace, il papa medita nuovamente sulla domanda di Dio: «Dove è Abele, tuo fratello?» e sulla risposta di Caino: «Sono io il guardiano di mio fratello?». Siamo vicini ad azioni militari di portata incalcolabile e il papa mette di fronte l’uno all’altro il mistero della fraternità e la guerra: «In ogni violenza, in ogni guerra, noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti! E anche oggi continuiamo questa storia di scontro tra fratelli, anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello».

La guerra, le battaglie sono l’antifraternità, negano il Vangelo, lo contraddicono alla radice. Il papa, un attimo prima che le armi si scatenino, pone lo sguardo verso la croce. È lei la vera fonte della fraternità: «Nel silenzio della croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo e della pace. Queste sono le chiavi per comprendere il dolore del fratello». Dice ancora papa Francesco: «Guarda al dolore del tuo fratello – penso ai bambini, soltanto a quelli – guarda al dolore del tuo fratello e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano».

Due drammi senza fine, Lampedusa e la Siria, hanno spinto il papa a trovare nel mistero della fraternità la via per eccellenza per costruire la pace. Nel messaggio per la giornata della pace egli riprende il filo del suo dialogo con Dio e del suo discernimento dei segni dei tempi. La fraternità è innanzi tutto fondamento della pace, contemplazione del più piccolo dei fratelli. Una fraternità non secondo il sangue, non secondo la legge, non secondo la razza, non secondo l’etnia, ma secondo l’unica paternità di Dio che nessuno esclude e tutti include.

Dice papa Francesco che c’e’ una vocazione dell’uomo alla fraternità inscritta nello stesso mistero di Dio. E prosegue: «Ma l’uccisione di Abele da parte di Caino attesta tragicamente il rigetto radicale della vocazione ad essere fratelli. La loro vicenda evidenzia il difficile compito a cui tutti gli uomini sono chiamati: vivere uniti prendendosi cura l’uno dell’altro. Caino, non accettando la predilezione di Dio per Abele, che gli offriva il meglio del suo gregge, lo uccide per invidia. In questo modo rifiuta di riconoscere il fratello, di relazionarsi positivamente con lui, di vivere davanti a Dio, assumendo le proprie responsabilità di cura e di predilezione dell’altro».

Conclude il papa: «Il racconto di Caino e Abele insegna che l’umanità porta inscritta in sé una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento». In realtà, il testo rinvia al mistero della profezia di Abele e delle vittime. Gesù, nel vangelo di Luca, parla di Abele come il primo dei profeti: non ha detto una parola, ma il suo sangue innocente ha parlato a Dio.

Dunque la fraternità, come vocazione di Dio per tutti gli uomini, ha il suo fondamento nel sangue innocente delle vittime, quel sangue che è parola verso Dio, quel sangue che è parola di Dio.

Quel sangue che ha la pienezza nel sangue di Cristo «più eloquente di quello di Abele». Ecco la fondazione cristologica della fraternità: «la croce è il luogo definitivo della fondazione della fraternità, che gli uomini non sono in grado di generare da soli. Gesù Cristo, che ha assunto la natura umana per redimerla, amando il Padre fino alla morte e alla morte di croce, mediante la sua resurrezione, ci costituisce come umanità nuova, in piena comunione con la volontà di Dio, con il suo progetto, che comprende la piena realizzazione della vocazione alla fraternità».

Commentando il prologo di Giovanni, frère Christian, priore di Tibhirine, traduceva: «E il verbo si è fatto fratello» (piuttosto che «E il verbo si è fatto carne»). Ecco che nell’incarnazione fino alla morte si genera il mistero della fraternità. La fraternità è fondata nella croce di Gesù, è generata dalla croce di Gesù. Dunque la morte dell’innocente genera la fraternità, chiama a riconoscerla secondo la grazia e non secondo le appartenenze sociologiche, politiche e culturali.

Quindi la fraternità è fondamento e via della pace. Fondamento perché tutto ha la sua fonte e il suo culmine nel mistero di Cristo crocifisso, là dove tutto è stato riconciliato, ricapitolato ed unito, facendo la pace con il sangue della croce. Ed è la via, perché per raggiungere e per costruire la pace sono necessarie le opere di fraternità che uniscono e non dividono, che non usano la violenza e le armi, ma la penitenza e il perdono, che non innalzano muri, ma edificano ponti.

Il papa indica l’unica strategia possibile non per vincere, ma per riconciliare: «Desidero rivolgere un forte appello a quanti con le armi seminano violenza e morte: riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione, per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi».

Francesco quest’anno, ponendo la parola della fraternità, ha voluto unire Lampedusa, la Siria e le vittime innocenti del mondo, consapevole di essere ascoltato e di annunciare il Vangelo, la Parola che cambia la storia.

Dopo Lampedusa è cambiato il sentire delle persone sull’imponente tragedia dei rifugiati e degli immigrati. Al tempo stesso la preghiera e il digiuno per la Siria ha spostato il sentire del mondo verso il dialogo piuttosto che verso le bombe.

Appare di tutta evidenza che di fronte alle grandi questioni del mondo, dalla pace alla immigrazione e dal clima al cibo, l’unico realismo possibile è quello del vangelo. Il realismo della fraternità, del perdono e della pace cambia il cuore e l’agire delle persone e spezza il muro dell’inimicizia che divide i popoli, le comunità e la gente. Ecco il mistero di una fraternità disarmata con tutti.

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