La fonte dell’unità

Uno dei cardini, anzi il primo della spiritualità collettiva, è l’unità. E l’unità può essere attuata sulla base del comandamento nuovo vissuto integralmente, e mediante una grazia particolare che viene dal Cielo. Grazia implorata per tutti noi da Gesù nella sua preghiera: Padre, che tutti siano uno… (cf. Gv 17,21). Grazia che non è possibile a noi ottenere con i soli nostri sforzi. Ma qualcuno potrà dire: come essere certi di vivere l’unità? Questa grazia scenderà sempre certamente? Intanto possiamo affermare che l’unità tutti noi l’abbiamo sperimentata e più volte. È quel qualcosa di divino, di impalpabile, di sublime che conosciamo ed ha infuso pace, gioia, luce, sicurezza, ardore nella nostra anima: che ci ha convinto che, con l’aiuto di Dio, molto possiamo, nonostante noi; che ci ha spalancato orizzonti immensi. Possiamo pure affermare che ci è stato possibile vivere quest’unità, che abbiamo potuto sperimentare questa grazia perché Gesù viene ogni giorno, o spesso, nel nostro cuore nel sacramento dell’Eucaristia. È l’Eucaristia che arriva a noi carica del dono dell’unità. E se noi ci predisponiamo ad accoglierla con il reciproco, autentico amore insegnatoci da Gesù, essa non manca di offrire a tutti noi il suo dono. Esso è appunto l’unità. L’Eucaristia, infatti, produce diversi effetti come, ad esempio, nutrire la nostra anima come un cibo. Dice san Tommaso: Questo sacramento viene dato… sotto forma di cibo e di bevanda. Perciò ogni effetto che viene prodotto dal cibo e dalla bevanda materiale per quanto (riguarda) la vita corporale, e cioè sostentare, far crescere, rigenerare e dilettare, tutto ciò viene operato da questo sacramento nella vita spirituale. Ma non è solo cibo l’Eucaristia; essa trasforma il cristiano. Dice la Lumen Gentium: La partecipazione al corpo e al sangue di Cristo altro non fa, se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo e cioè in Gesù. Diventiamo Gesù. Perciò affermano i Padri: In figura di pane ti è dato il corpo e in figura di vino ti è dato il sangue, per diventare, avendo partecipato del corpo e del sangue di Cristo, concorporeo e consanguineo di lui. E si può parlare di concorporei e consanguinei non perché avvenga un’unione fisica, ma per l’unione delle nostre persone col corpo glorificato di Cristo – presente nell’Eucaristia -, vivificato dallo Spirito Santo. Siamo dunque concorporei, realmente, ma in un senso nuovo, mistico. I Padri specificano ulteriormente: (L’Eucaristia) è detta comunione e lo è veramente, perché per essa noi comunichiamo al Cristo… e poi perché per essa comunichiamo e ci uniamo gli uni con gli altri…. Per il fatto stesso che (Cristo) unisce tutti a sé, li unisce vicendevolmente, perché, se più cose sono unite ad una terza, sono unite anche fra di loro. L’Eucaristia, dunque, è vincolo d’unità. L’Eucaristia è fonte dell’unità. L’Eucaristia è la divina possibilità di essere uno con Cristo e fra di noi. Non sempre ci è presente ciò sufficientemente. Credo che, se non lo abbiamo pensato con la testa, lo abbiamo capito col cuore. Non per nulla non vogliamo perdere mai l’Eucaristia. Perché così siamo fatti. Così ci ha fatti lo Spirito Santo, l’istinto divino che ci guida nel cuore. Egli lo sa che siamo chiamati all’unità e per questo ci spinge dove possiamo attingerla. E allora, che dire? Viviamo, con maggior coscienza, l’unità. Non diamola per scontata. No, no: dobbiamo costruirla momento per momento, cominciando da adesso, con i nostri fratelli, col dar vita a rapporti trinitari fra noi mediante un radicale amore reciproco, consci che l’Eucaristia ci darà la grazia che serve. E poi portiamoci più spesso possibile in qualche chiesa o cappella a ringraziare Gesù Eucaristia tutte le volte che egli è intervenuto nella nostra vita d’unità. La gratitudine è un dovere e chiama nuove grazie. (Da Costruendo il castello esteriore, Città Nuova Ed.).

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