La famiglia educa all’economia fin dalla nascita

Al terzo "Festival della famiglia" promosso dalla provincia autonoma di Trento si parla di cura della persona e dei piccoli e si cerca di progettare un modello di welfare dove vale la conciliazione e non solo il profitto
Educazione sessuale in famiglia

La cronica scarsità delle risorse finanziarie impone ai territori di integrare nei servizi pubblici sia le aspettative delle imprese che quelle delle famiglie. Il benessere collettivo finalità di chi governa un comune o una regione è fra convivere la finalità dell’azienda, cioè benessere e redditività e quella della famiglia che è la realizzazione serena del proprio progetto di vita: su queste premesse si è aperto il ricco dibattito su “Ecosistema e famiglia”, sviluppatosi all’interno del Festival della famiglia 2014 che si è svolto a Trento nel fine settimana appena trascorso. A dibattere su questi temi c’erano amministratori locali, economisti e associazioni d’imprese.

«La famiglia è il principale luogo dove si crea e accudisce il principale capitale delle aziende, ossia le persone e questo a cominciare dalla nascita fino ai 5 anni di vita. E poi, per essere chiari, il letto si fa bene perché va fatto bene e non perché c’è l’eventuale mancia: continuando in questo modo avremo pessimi lavoratori perché assoceranno sempre ad un prezzo le loro prestazioni, incapaci di pensare cose grandi. La famiglia educa dunque all’economia già durante lo sviluppo» ha esordito il professor Luigino Bruni dell’università LUMSA di Roma. «I bambini sono un bene comune: il valore umano di una persona è molto più grande del valore di una faccenda privata da attribuire solo alla famiglia. Questo tema richiama anche il valore della donna nel lavoro dove parlerei  più di armonizzazione che di conciliazione, soprattutto se quest’ultima viene intesa come adeguamento ad un sistema capitalista, votato a spietato profitto basato sulle rendite del giorno prima invece che fondato su un onesto lavoro che produce beni condivisi».

L’economista chiede di far maturare questa cultura non votandosi esclusivamente al lavoro e mortificando di conseguenza le altre dimensioni. E incalza: «Vescovi e operai, politici e impiegati, a non affidare la cura nelle sue molteplici accezioni solo alle donne o ai costi del mercato che determinano il welfare: il mercato non può essere lo strumento per gestire cura». «Se lavoro 80 ore a settimana – conclude Bruni – ma non lavoro neanche un minuto per dedicarmi a me stesso e agli altri sto alimentando un sistema insostenibile che mortifica la cura. Se non passiamo da una ridistribuzione della cura e dalla persona capace di accudire altre persone attorno a se, non avremo di fatto maturato la libertà della democrazia rispetto al mondo feudale, dove il povero doveva darsi da fare per sé e per i padroni che vivevano di rendita».

Provocazioni importanti che richiamano alla necessità di una revisione del ruolo della donna, e della cura. L’esperienza concreta di Anna Zattoni, direttrice generale di Valore D, prima associazione di grandi imprese creata in Italia per sostenere la leadership femminile in azienda, ha confermato che le misure adottate in azienda, rivolte alla conciliazione con flessibilità, servizi, polizze «abbiano condotto ad esiti positivi e aumentato il benessere organizzativo e aziendale» con risultati sempre al di sopra delle aspettative.

Valeria Viale, in rappresentanza dell’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori e membro del Gruppo di ricerca Pari opportunità e non discriminazione, ha sottolineato come «la conciliazione non è un problema di ciascun individuo, non è questione privata. Molti sono gli strumenti legislativi presenti nell’ordinamento italiano a favore della conciliazione, tra cui la Legge 53/2000 e la Legge 92/2012 che hanno dato sostengo a tali misure». Anche il Jobs act prevede il sostegno alla genitorialità e le misure di conciliazione, facendo ricorso maggiormente alle partite Iva e al telelavoro. Ora si sta lavorando ai decreti attuativi con la speranza che la direzione intrapresa sia quella dello smart working e dell’intelligenza dell’ascolto dei bisogni anche della famiglia.

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