La destra che cresce in Europa cerca nuove alleanze

Il raduno internazionale di Vox in Spagna ha messo in evidenza la centralità del ruolo di Giorgia Meloni e di FdI come perno di una diversa maggioranza nel Parlamento europeo
convention 'Europa Viva 24' EPA/RODRIGO JIMENEZ

Uno spettro si aggira per l’Europa”, ma non è il comunismo evocato dal famoso Manifesto del 1848 di Marx ed Engels.

Nel 2024 si sta affermando una nuova internazionale, quella di una destra che non chiede più di essere semplicemente sdoganata, come già avvenuto nel finire del secolo scorso grazie alla lungimiranza politica di Berlusconi.

Il leader del partito Vox Santiago Abascal nel 2023 accanto ad uno schermo con l’immagine di Giorgia Meloni a EPA/BIEL ALINO

E ancora una volta è l’Italia che si conferma come apripista di nuovi scenari, come dimostra l’accoglienza riservata a Giorgia Meloni dal raduno internazionale di Vox, partito spagnolo che non nega la sua ascendenza dal modello franchista. Un grande meeting che ha visto anche il contributo del presidente argentino Javier Milei in stile anarcocapitalista.

L’obiettivo dichiarato sul piano della Ue è quello di un’alleanza tra conservatori, liberali e popolari. I numeri diranno se sarà possibile nella nuova configurazione del Parlamento europeo che uscirà dalle elezioni in programma dal 6 al 9 giugno destinate ad incidere sulla definizione dei nuovi vertici dell’Unione Europea.

Già nei fatti si è notata, nell’ultimo anno, una sostanziale condivisione di posizioni tra l’attuale presidente della Commissione europea, la popolare tedesca Ursula von der Leyen, e la presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, che presiede anche il gruppo dei conservatori e riformisti europei.

Lo si è visto, in particolare, sulle politiche migratorie con le missioni congiunte in Tunisia, assieme al liberale olandese Marc Rutte, già fustigatore dei Paesi latini spendaccioni, che ora ha appena concluso un accordo per il nuovo governo dei Paesi Bassi con l’estrema destra di Geert Wilders (leader del partito della libertà), vincitore delle elezioni politiche di novembre.

Fratelli d’Italia ha registrato una crescita straordinaria di consensi nel nostro Paese con la manifesta intenzione di esprimere una vasta area culturale capace di attrarre progressivamente pezzi di società che tradizionalmente non sono di destra. Lo testimoniano l’adesione di figure di prestigio come Marcello Pera e Giulio Tremonti, presidente dell’Aspen Institute Italia, importante think tank trasversale, fino al neo deputato di FdI Lorenzo Malagola, già segretario della Fondazione De Gasperi (si veda l’intervista rilasciata a cittanuova.it).

Il ruolo decisivo di ministro degli Affari europei e attuazione del Pnrr è ricoperto nel governo Meloni da Raffaele Fitto, che ha aderito a FdI dopo il fallimento della componente centrista della coalizione.

I sondaggi delle europee, oltre ad un inquietante astensionismo, confermano il primato del partito fondato nel 2012 da Crosetto, La Russa e Meloni oltre alla sorprendete tenuta di Forza Italia e la capacità di Salvini di esprimere un legame con il sentimento sovranista diffuso in Europa.

Gli istituti demoscopici sono molto fiduciosi anche dei risultati dei partiti “liberali” pur se divisi tra loro: Azione di Calenda e i renziani di Italia Viva associati con i radicali di Emma Bonino. Oltre al precedente delle ultime elezioni regionali in Basilicata, che ha visto Azione e Iv confluire sul candidato vincente di centrodestra, si registrano posizioni comuni su alcuni temi tra  queste componenti e il governo.

Un grande fattore unificatore è senz’altro la netta posizione atlantista, dall’Ucraina al Medio Oriente, che è condivisa anche da larga parte del Pd.

Proprio tale linea di politica estera e di difesa ha fatto registrare un particolare legame del governo Meloni con l’amministrazione statunitense di Joe Biden, nonostante la fisiologica vicinanza della destra con Trump e i suoi ideologi (si pensi all’accoglienza riservata a Steve Bannon nella festa identitaria di Atreju). Appaiono lontanissimi i tempi dei nostalgici che contestavano la subalternità italiana agli Usa e ricordavano i crimini di guerra perpetrati in Italia dagli alleati angloamericani durante il secondo conflitto mondiale.

Questo favore dell’establishment internazionale verso il governo di destra ha evitato ai suoi leader di esprimersi con dichiarazioni esplicite di antifascismo, richieste invece a Gianfranco Fini che parlò del regime mussoliniano come “male assoluto”.

Con assoluta trasparenza il presidente del Senato, Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato, rivendica come fattore di identità il simbolo della fiamma, dai noti riferimenti storici, che alcuni chiedono di rimuovere dall’insegna del suo partito.

A partire poi dalla televisione pubblica, la nuova destra sembra aver capito la lezione gramsciana dell’egemonia culturale che giunge a determinare la narrazione degli eventi operando nei gangli decisivi dell’informazione e dell’intrattenimento. Si pensi a Gennaro Sangiuliano, passato direttamente dalla direzione del Tg2 alla carica di ministro della Cultura.

Marine Le Pen a ‘Europa Viva 24’ EPA/RODRIGO JIMENEZ

L’autorevolezza del video intervento, in perfetto spagnolo, della Meloni nel raduno internazionale “Viva Europa2024” convocato da Vox, ha reso evidente la possibilità di esprimere un’unità di intenti tra il gruppo dei “Conservatori e riformisti europei” con quello di “Identità e democrazia” che vede come partito principale quello francese di Rassemblement National di Marine Le Pen, sempre più accreditata nel sopravanzare Emmanuel Macron alle prossime elezioni presidenziali del 2027.

La strategia annunciata del nuovo blocco di destra ( messi assieme già superano i liberali di Renw Europe) deve affrontare l’ostacolo del partito tedesco Alternative für Deutschland, di sempre più marcate simpatie neonaziste, che raccoglie molti consensi in particolare nelle regioni dell’Est della Germania.

La Le Pen ha già detto che i suoi rappresentanti in Europa non faranno gruppo con Afd, aprendo ad una nuova configurazione della destra in grado di realizzare quella nuova incipiente maggioranza politica che ha visto i primi risultati nel nuovo patto sulle migrazioni e diritto d’asilo e nell’attenuazione del new green deal che è visto come fumo negli occhi dalla destra.

Ma il forte fattore identitario della costellazione politica che vede al centro FdI è senza dubbio quello di una dura opposizione, come ha detto la Meloni nel suo intervento, contro «chi vuole mettere in discussione la famiglia, quale pilastro della nostra società, a chi vuole introdurre la teoria gender nelle scuole, a chi intende favorire pratiche disumane come la maternità surrogata».

Nel suo discorso, la leader di FdI ha affermato esplicitamente che la «legislatura europea 2019-2024 è stata contrassegnata da priorità e strategie sbagliate» con «l’imposizione dell’agenda verde e progressista».

Una presa di posizione accompagnata da un contrasto deciso verso «chi, come la sinistra, accecato dal desiderio di cancellare le identità, intende usare Bruxelles per imporre la sua agenda globalista e nichilista, dove le nazioni sono ridotte a incidenti della storia, le persone a meri consumatori, dove multiculturalismo e relativismo etico sono spacciati come i pilastri necessari dell’integrazione europea».

Concetti e visioni in grado di attrarre consensi oltre l’ambito tradizionale della destra.

Qui la distribuzione attuale, secondo il Paese e il gruppo politico, dei deputati al Parlamento Europeo

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