La corsa alla Telecom

Quando, per diminuire le spese e togliere dalle mani rapaci di politici e sindacati le aziende pubbliche, si decise di privatizzarle, purtroppo si dimenticò di legiferare prima, in modo che altri speculatori potessero assumerne il controllo. E di farlo, come poi avvenne, con soldi altrui. Fu così che quella fine fecero varie aziende, tra cui la Telecom, proprietaria di tutta la rete telefonica italiana. Essa finì dapprima nelle mani di Romiti, allora a capo della Fiat, che – deciso a cercare utili più nelle speculazioni finanziarie che nella produzione di beni, adottando una politica che avrebbe portato l’azienda automobilistica sull’orlo del baratro – riuscì nell’intento di scalare la Telecom investendo solo il sei per mille del valore della società. Un gruppo di finanzieri, aiutati dalle banche – che purtroppo guadagnano di più a speculare che a creare posti di lavoro –, traghettarono successivamente la Telecom fino all’attuale azionista di controllo, il quale per compiere l’operazione vendette un’importante fetta produttiva dell’azienda della moglie. A rimetterci furono quanti avevano creduto nella solidità della Telecom investendovi i propri risparmi. A guadagnarci i finanzieri, le banche e soprattutto vari intermediari. Alla lunga, però, i debiti fatti vanno saldati, e l’abilità dei finanzieri sta nel far sì che a pagare sia la società controllata, cioè la maggioranza dei suoi impotenti piccoli azionisti. Così, malgrado il recente periodo d’oro per le società telefoniche, i debiti della Telecom sono andati alle stelle. Adesso questo finanziere, riverito ed insignito di cariche prestigiose, come si usa fare con ogni grande debitore, avverte che deve uscirne; e si può pensare che chiunque lo sostituirà, gioverà più di lui al servizio pubblico che la società deve svolgere. Quando l’At&t, possibile acquirente della Telecom, si è ritirata dalla contesa, molti si sono lamentati, mentre in me si è rafforzata la convinzione che quel ritiro fosse un fatto positivo. Già oggi siamo alla mercè di Echelon, il sistema Usa che, tramite i satelliti, intercetta miliardi di conversazioni per cavarne ogni parola sospetta di trame terroristiche, ma può anche carpire i segreti delle aziende che competono con quelle Usa. Mettere in mano ad una azienda americana anche tutte le connessioni delle nostre case, uffici ed aziende, non mi sembrerebbe quanto meno un progresso verso una condizione di pari dignità che dovrebbe caratterizzare i rapporti tra Paesi alleati ed amici.

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