La Chiesa dei martiri

Si continua a morire per la fede e la carità. Così è, ad una lettura incredula del rapporto sui missionari uccisi nel mondo nel 2005, stilato anche quest’anno dal Vaticano. Sono ben 26, tra vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, quasi il doppio rispetto al 2004. Tutti uccisi in modo violento. Tutti accumunati dalla scelta di non aver abbandonato il loro impegno di testimonianza cristiana, pur consapevoli del rischio che correvano. Alcuni di loro – spiega l’agenzia vaticana Fides che ha curato il dossier – sono stati trovati ore o giorni dopo il decesso, spesso vittime di aggressioni, rapine e furti perpetrati in contesti sociali di particolare violenza, degrado umano e povertà. I loro nomi sono segno evidente che – come diceva Giovanni Paolo II – anche in questo millennio la chiesa torna ad essere chiesa di martiri. Il maggior numero di vittime si registra in America, dove sono morti in 14 (8 sacerdoti, 2 religiose e 2 religiosi). La Colombia, con 4 sacerdoti e 1 suora uccisi, si conferma la nazione più a rischio. Dietro ogni nome c’è sempre una cronaca drammatica di eventi sanguinari ma anche storie struggenti di atti eroici, compiuti in nome della pace. Come quella di padre Sanchez, di soli 32 anni, che è stato ucciso davanti ai suoi alunni perché impegnato a tenerli lontano dalla violenza terroristica. O come quella dei due sacerdoti uccisi in Messico: operavano in zone di profondo degrado, preda della violenza e crocevia di traffici illeciti. In India don Ignazio Bara è stato freddato mentre cercava di prevenire lo scontro imminente fra un gruppo tribale e un gruppo fondamentalista indù. C’è poi la storia incredibile di padre Redaelli, missionario francescano in Congo, ucciso a colpi di machete dai parenti di una bambina di tre anni che aveva investito accidentalmente nella zona di Obuye. I testimoni raccontano che il missionario ha affrontato gli aggressori con la parola di perdono sulle labbra mentre veniva ucciso. Chi dà la sua vita – commenta il card. Crescenzio Sepe – semina sempre qualcosa. La gente, di fronte a queste testimonianze, non rimane indifferente. E Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, aggiunge: Il Vangelo comporta il prezzo dolce di amare con un amore più grande gli uomini di ogni terra. Quelle contenute nel dossier Fides sono storie di amori forti. Vite spese per popoli lontani che solo l’alto prezzo della morte ha portato all’attenzione di tutti noi. Dietro di loro, c’è ancora una schiera di santi anonimi, rimasti lì, a vivere nella periferia del mondo. VATICANO Frère Aloïs dal papa Per la prima volta papa Benedetto XVI ha ricevuto, giovedì 5 gennaio, in udienza privata frère Aloïs, nuovo priore della Comunità ecumenica di Taizé, succeduto quest’anno al fondatore fr. Roger. È avvenuto all’indomani dell’incontro dei giovani europei a Milano. Prima di arrivare a Roma, Aloïs ed una sessantina circa di fratelli hanno reso un omaggio a papa Giovanni XXIII, con una visita a Sotto il Monte, località di nascita del pontefice. Una lunga storia di amicizia e affinità spirituale legava papa Roncalli a frère Roger. Fu Giovanni XXIII ad invitare frère Roger al Concilio Vaticano II. E fu sempre lui a definire Taizé quella piccola primavera, de- finizione ripetuta da Giovanni Paolo II quando visitò la comunità il 5 ottobre 1986. PACE Un sussulto di coraggio Trento, Palermo, Assisi, Milano, Roma. Una lunga schiera di persone si è mobilitata quest’anno per la Giornata mondiale della pace. In moltissime città italiane sono state organizzate manifestazioni, fiaccolate e veglie di preghiera, rispondendo così alla invocazione di papa Benedetto XVI che all’Angelus aveva chiesto un sussulto di coraggio e di fiducia in Dio e nell’uomo per scegliere di percorrere il cammino della pace. In prima linea, anche quest’anno, la Comunità di Sant’Egidio che si è fatta promotrice di manifestazioni e fiaccolate non solo in Italia ma in molti Paesi del mondo. Dal Burkina Faso, ad Hong Kong, al Sudan, al Rwanda per ricordare che la guerra non è mai un destino inevitabile. TRE STUDENTESSE CRISTIANE DECAPITATE IN INDONESIA I banditi le hanno assassinate mentre andavano a scuola riferisce Asia News. Le vittime avevano tra i 15 e i 19 anni. Una delle loro teste è stata abbandonata davanti a una chiesa. Un’altra ragazza ha riportato gravi lesioni al volto ed è ora ricoverata in ospedale sotto stretta osservazione. La ragazza sarà un importante testimone per chiarire le modalità dell’aggressione, che è stata condotta con armi da taglio mentre le ragazze si recavano in un liceo privato cristiano a Poso, Sulawesi centrali. L’agenzia di stampa statale Antara ha riportato che le ragazze sono state attaccate da persone non identificate mentre, vestite con le loro divise scolastiche, percorrevano i 9 chilometri che separano la scuola dalle loro case. Appena avuta la notizia dell’aggressione, il presidente Susilo ha convocato una riunione d’urgenza con i funzionari per la sicurezza ed i capi dell’esercito, della polizia e dell’intelligence. Condanno con forza questi attacchi contro la civiltà – ha dichiarato – e chiedo alla popolazione del posto di collaborare con il governo per garantire il buon esito delle indagini e mantenere la sicurezza.

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