La Bolivia e la nuova Costituzione

Il Paese sudamericano ha davanti le sfide poste dai cambiamenti profondi introdotti dalla nuova Carta. Per questo quella di Morales è più che una semplice rielezione.
morales

La schiacciante vittoria del presidente Evo Morales, confermato il 6 dicembre scorso col 64 dei voti, è molto più che una semplice rielezione. Il risultato traccia un prima e un dopo nella storia democratica della Bolivia portando alla luce, come dice l’analista politico Hugo Moldiz Mercado, almeno tre fatti importanti: è il primo presidente rieletto democraticamente due volte consecutive; è il primo a migliorare il risultato elettorale, passando dal 53,7 per cento della prima elezione al 64 di quest’ultima; ed è il primo ad ottenere un’ampia maggioranza nell’ Assemblea legislativa plurinazionale. Il Movimento al socialismo (Mas), il suo partito, ha ottenuto i due terzi dei seggi sia al Senato che alla Camera, e ciò sarà determinante in vista della grande sfida di applicare la nuova Costituzione politica dello Stato boliviano, approvata nel gennaio 2009 dal 62 per cento degli elettori.

 

Basta leggere l’articolo 1 del testo per cogliere le dimensioni della trasformazione che comporterà  la sua applicazione: «La Bolivia si costituisce in un Stato unitario, sociale di diritto, plurinazionale, comunitario, libero, indipendente, sovrano, democratico, interculturale, decentralizzato e con autonomie». Forse per avere preso coscienza di questo nuovo, arduo e complesso scenario politico che si apre, commentando il risultato elettorale Evo Morales ha affermato: «Adesso abbiamo l’enorme responsabilità di fronte al Paese, alla vita e all’umanità di approfondire ed accelerare nel processo di cambiamenti». Ed ha invitato tutte le forze politiche, economiche e sociali a collaborare col governo: «Venite a lavorare con me per servire il popolo boliviano, al di là di qualsiasi rivendicazione di carattere settoriale: prima c’è il nostro Paese». Bisognerà dunque attendere i risultati dei primi mesi di attività del nuovo governo per verificare se si concretizzerà l’invito a lavorare con l’opposizione. Se l’esecutivo del Mas è intenzionato a edificare una nazione aperta a tutti e vuole che la nuova Costituzione influisca davvero sul tessuto sociale, dovrà amministrare con equilibrio questa vittoria, senza lasciarsi prendere dalla tentazione d’imporre il proprio progetto con autoritarismo svuotandone il contenuto.

 

I primi mesi dell’azione di governo saranno dedicati alla nuova Assemblea legislativa plurinazionale. Questa dovrà promulgare numerose leggi fondamentali per dar forma al tanto desiderato, ma anche rifiutato da certi settori, Stato plurinazionale, il cui obiettivo è la convivenza interculturale tra indigeni, meticci e creoli. Una di queste, la prima prova del fuoco per verificare la capacità di consenso e di dialogo sia del governo che dell’indebolita e frammentata opposizione, sarà il quadro legale delle autonomie dei nove dipartimenti in cui è suddivisa la Bolivia. L’Assemblea legislativa avrà a sua volta 180 giorni di tempo per promulgare la legge dell’Organo elettorale plurinazionale, quella del nuovo regime elettorale, dell’Organo giudiziale e del Tribunale costituzionale plurinazionale. Il presidente Morales ha inoltre anticipato che il giorno del suo insediamento, il 22 gennaio 2010, invierà un pacchetto di progetti in attesa di conversione legislativa in materia di sanità, pubblica istruzione, lotta alla corruzione ed altri di carattere socio-economico, in materia di elettricità, pensioni, idrocarburi e miniere, economia plurale, aziende pubbliche e assicurazione agricola. Per l’economista Gonzalo Chávez «nella Costituzione ci sono i grandi lineamenti; per trasformare questi principi in gestione ed in politiche concrete c’è bisogno che la società civile partecipi in vari modi per dare effettività a queste leggi. Sono norme molto complesse che richiedono la presenza di attori imprenditoriali, produttivi, dei movimenti sociali ad esse legati».

 

Un’altra sfida che dovrà affrontare il rieletto governo del Mas è quella della povertà, la disoccupazione e un’economia basata sull’estrazione di materie prime. Per il direttore del Centro studi per lo sviluppo del lavoro e dell’agricoltura, Javier Gómez, «gli sforzi del governo si sono tradotti nel captare la rendita dell’esportazione degli idrocarburi trasformandola in sussidi sociali. Ma questo non è sufficiente: le povertà sopravvive all’abbondanza di riserve internazionali e all’effetto benefico della crescita economica. Inoltre, i problemi di corruzione nella società petrolifera nazionale Ypfb allertano sul nuovo capitalismo di Stato». Al riguardo la nuova Costituzione promuove «un’economia pluralista costituita dalle forme di organizzazioni economiche comunitarie, statale, privata e sociale cooperativa» (art. 306). Bisognerà dunque armonizzare l’investimento pubblico con quello privato, evitando il rischio – che per alcuni gruppi imprenditoriali già esiste – di uno Stato onnipresente nell’economia.

 

Il rieletto presidente, indigeno e sindacalista, ha davanti a sé sfide cruciali per il futuro della Bolivia. L’enorme appoggio elettorale richiederà capacità di gestione ma anche di dialogo. Questa volta non potrà piú accusare l’opposizione di bloccare il processo di trasformazioni in corso. E il primo esame sarà il prossimo 4 aprile, quando ci saranno le votazione per scegliere i nove prefetti (governatori) dei dipartimenti e 344 sindaci. E non va dimenticato, in queste circostanze storiche per il Paese, il ruolo della società civile che, oltre al voto, ha la responsabilità di accompagnare, controllare e dare la sua opinione nell’applicazione della nuova Costituzione.

 

 

(da Cochabamba, Bolivia)

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