Intellettuali e argenterie

Nobile solitudine e raccolta meditazione: così l’atteggiamento di Polimnia, suggestiva statua-simbolo di Musa pensosa, inconsueta mostra romana sull’immagine dell’intellettuale nell’antichità allestita negli ambulacri del Colosseo. Le muse, ovvero le divinità ispiratrici delle arti, dalla commedia alla musica, dalla danza alla poesia; e accanto ad esse, esempi illustri di coloro che ciascuna influenzò nel suo proprio ambito. Con una sezione che testimonia, anche per i secoli successivi all’antichità classica, la fortuna di queste figlie di Giove quali figure di carattere morale ed educativo. Se apice della virtù, secondo la cultura greca, era colui che filosofeggia intorno al bene, secondo la cultura romana esso è rappresentato dall’oratore, ossia colui che sa persuadere la città a realizzare tale bene sotto la propria guida. Idealità, queste, mai del tutto tramontate, malgrado le corruzioni registrate dalla storia: tant’è che alla disgregazione dell’impero romano furono i vescovi a raccogliere l’eredità dei saggi greci e dei consoli romani. Oggi questa meditazione sulle energie morali che distinsero i nostri avi è affidata alle immagini scolpite, dipinte o a mosaico di poeti, scrittori, filosofi, oratori e strateghi, che nel loro vario atteggiarsi ricordano talvolta stranamente certe pose di vip del nostro tempo. Le coppe figurate giacevano anch’esse al fondo della cassa con i piedi ed i manici dissaldati… (gli oggetti erano) sfavillanti e bruniti come se uscissero or ora dalle mani dell’argentiere…. Così il grande archeologo Amedeo Maiuri narra l’emozionante scoperta fatta nel 1930 nella pompeiana Casa del Menandro. Orgoglio del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, quei 118 splendidi pezzi vengono oggi riproposti all’ammirazione insieme ad altri tesori analoghi in una mostra che ne ricostruisce andi che i contesti di rinvenimento. L’intento è di riproporre una ricostruzione del servizio tipico del banchetto in età romana, nonché di presentare i numerosi reperti restituiti da Pompei, Ercolano e zone limitrofe in ottimo stato grazie alle ceneri, ai lapilli e al fango che nel 79 d.C. hanno sepolto la regione attorno al Vesuvio: dalle celebri argenterie di Boscoreale, finite in Francia alla fine del 1800 (in mostra alcuni eccezionali esemplari), ad altri pezzi meno noti ma non meno raffinati, fino ai venti recuperati nel 2000 a Moregine, nel suburbio pompeiano, e mai prima d’ora esposti. Per dire l’unicità dell’evento, basti considerare che i preziosi in mostra rappresentano circa la metà del vasellame d’argento di età romana oggi esistente al mondo. E che a differenza di altre esposizioni di forte richiamo ma effimere, questa si propone come operazione culturale di imprescindibile riferimento in quanto riconsidera e studia – per la prima volta in maniera così approfondita – una tipologia di oggetti tanto ricercati dai facoltosi romani da assurgere, molto spesso, ad una vera mania. RESTITUZIONI In passato (ma non solo!) si ricorreva spesso al bottino di guerra o ad altre vie poco nobili pur di assicurarsi l’opera di un dato artista. Questa l’origine di non pochi celebri musei e collezioni d’arte. Oggi invece, indice di una nuova sensibilità, non è raro il caso di nazioni che, avendo rivendicato certi tesori emigrati all’estero in modo illecito o poco chiaro, ottengono soddisfazione. Ne è un esempio l’accordo firmato il 21 febbraio scorso tra l’Italia e il Metropolitan Museum di New York, che prevede in tempi scaglionati il rientro di preziosi reperti illegalmente esportati dal nostro Paese, tra cui il celebre Vaso d’Eufronio e le argenterie di Morgantina. L’augurio è di assistere a soluzioni del genere anche riguardo ad altre opere contese. Del resto, oggi è possibile realizzare copie perfette di esse, effettuare scambi (i depositi dei musei rigurgitano di reperti sottratti alla vista), rendere fruibili alle masse, attraverso mostre itineranti, opere un tempo accessibili solo a un pubblico ristretto date le distanze e l’inamovibilità.

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