In India vince Modi

Dal 7 aprile al 12 maggio si sono tenute le elezioni politiche nella più grande democrazia al mondo (814 milioni di elettori) per eleggere i membri della Camera del popolo. Finalmente oggi sono in corso di pubblicazione i risultati che, come previsto, non lasciano dubbi. La vittoria è chiaramente in mano a Narendra Modi e al  Bharatya Janata Party (Bjp)
Narendra Modi

In queste ore i dati che stanno arrivando dall’Ufficio elettorale di Nuova Delhi paiono confermare senza alcun dubbio che, questa volta, le proiezioni sui risultati delle elezioni indiane sono state accurate. La vittoria del Bjp è ormai ovvia, anche se lo spoglio non è ancora terminato e si attendono i risultati ufficiali.

Narendra Modi, il candidato che il Bjp ha lanciato come possibile primo ministro, è l'uomo nuovo dell'India, anche se all’interno del Paese è conosciuto da lungo tempo. Modi, infatti, ha guidato per più di un decennio il governo dello Stato del Gujarat, quello che ha dato i natali al Mahatma Gandhi. La gestione Modi è stata una dei nodi politici maggiormente controversi dell'ultimo decennio nella più grande democrazia del mondo. Il politico indiano, infatti, è stato accusato di aver fomentato tensioni fra indù e musulmani e di non aver fatto nulla per evitare una carneficina a Godhra, cittadina della parte meridionale del Gujarat, dove nel 2002 morirono varie centinaia di musulmani. Il Paese, soprattutto le minoranze musulmane e cristiane, guardarono da subito con sospetto timore quest’uomo chiaramente schierato con frange fondamentaliste dell’induismo militante. Il Gujarat stesso si trovò al centro dei dubbi e dei sospetti, non solo di altri indiani, ma anche del mondo. Caratterizzato da una classe di imprenditori intraprendenti e capaci, il Gujarat sembrava, a causa dell’amministrazione Modi, non dare le garanzie necessarie per gli investimenti stranieri. Modi si trovò a dover fare i conti con il rifiuto del governo americano di concedergli il visto per recarsi negli Usa, dove risiedono molti gujarati (abitanti dello Stato indiano), uomini di successo negli affari e capaci di trasferire capitali nel loro Stato di origine.

Eppure, Modi è stato capace di ricostruire la credibilità sua e del Gujarat, diventato, nel giro di un decennio, un modello sostenibile di sviluppo industriale e commerciale, capace di attirare investimenti da altre parti dell’India e, soprattutto, del mondo. In particolare, Modi è riuscito a ricostruire l’immagine dell’uomo del Gujarat, il suo ethos e la sua capacità imprenditoriale, oltre che la sua credibilità.

Sarà – ormai è chiaro – il nuovo primo ministro dell’India e dopo dieci anni riporta il Bjp al potere. Queste elezioni rappresentano un altro snodo fondamentale della vita democratica del gigante asiatico. Infatti, nelle penultime elezioni erano stati quelli del Bjp a dover subire un tracollo, dal quale hanno impiegato anni a rialzarsi. Attualmente, nonostante la larga vittoria, il partito non è ancora riuscito a raggiungere una ristrutturazione adeguata, anche dopo l’uscita di scena dei leader storici, come Advani e Vajpayee, che fu primo ministro per due mandati successivi. La sfida di Modi, quindi, una volta vinta la partita con Rahul Gandhi, il giovane e inesperto rampollo di casa Gandhi-Nehru, sarà duplice: costruire un partito capace di governare e non solo affidarsi alle qualità di leadership e mediatiche del suo leader, che ha mostrato carisma da vendere in entrambi i campi. Un secondo elemento di grande importanza è vedere come si muoverà il nuovo primo ministro nella selva complicata e intricata delle alleanze politiche.

Modi ha cavalcato le fortunate circostanze che hanno frantumato la credibilità della gente nel Congresso a cui gli elettori avevano dato fiducia pressoché incondizionata nelle due precedenti elezioni. Gli scandali, la corruzione che ha caratterizzato gli ultimi anni del governo del Congresso e il fenomeno delle dinastie familiari che continuano a resistere hanno senza dubbio spianato la strada alla super vittoria di Modi.

Nonostante la grande vittoria, Modi dovrà imbastire, nell’immediato post-voto, trattative con la miriade di partiti regionali che hanno un ruolo fondamentale nella gestione del potere democratico in India. La politica del nuovo governo, fedele al suo manifesto politico come pure assai sensibile agli equilibri nazionali, dovrà stringere accordi e far compromessi con alcuni partiti, a volte molto piccoli, che restano in sella ai governi locali. Tuttavia, una cosa è certa. L’amministrazione del nuovo primo ministro cambierà rotta, rispetto a Manmohan Singh e alla gestione del partito del Congresso, cercando di coniugare liberismo economico e rigore nazionalista indù. Anche all’estero Modi avrà una sua chiara politica, con accenti più assertivi di quanto non fossero quelli di Manmohan Singh.

Ma ora è tempo di celebrazione, come ha sottolineato il vincitore delle elezioni. Già nei prossimi giorni, con l’affidamento dell’incarico per formare il nuovo governo, si vedrà la reazione sia dell’opinione pubblica sia dei gruppi minoritari, come pure di altre forze e agenti nei processi di armonizzazione e integrazione nazionale.

L’India volta pagina, ma si tratta di ridisegnare la mappa politica e amministrativa del Paese e di continuare a giocare sul piano internazionale un ruolo di primo piano. Il governo che Modi deciderà di presentare avrà molto da fare e non sarà senz’altro un’impresa data per scontata. Lo stesso partito del Bjp sarà chiamato a una profonda riflessione. Modi non è stato ancora completamente accettato dalla vecchia guardia, come dimostra un parere di L.K. Advani, che ha tentennato a riconoscere il merito di Modi nella vittoria del Bjp. Ha infatti affermato che si tratta di una vittoria di popolo, grazie anche alle capacità di leader di Modi, al ruolo giocato da organizzazioni come la Rss. Ma non solo. Il risultato della vittoria del Bjp è un segnale che va contro la corruzione, il malgoverno e la dinastia regale di alcune famiglie (con chiare allusioni Nehru-Gandhi).

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