In fila per un pasto caldo

Milanesi dignitosi e rumeni. Disoccupati, padri e madri di famiglia. Marocchini e sudamericani. 2500 pasti caldi distribuiti ogni giorno dai cappuccini. Oltre a vestiti, posti letto e visite mediche.
mensa

Il caldo è quello di agosto in città: dove asfalto e cemento ne aumentano nettamente la “ferocia”. Pochi esercizi aperti, pochissime le persone che cercano di raggiungere la propria destinazione. Milano d’estate è così, come tutte le altre città. Si rianima la sera dove la movida alle Colonne di San Lorenzo e ai Navigli attirano la vita di turisti, giovani, curiosi.

Tra mezzogiorno e le due c’è invece chi si incolonna sotto l’afa asfissiante su un marciapiede semi sconnesso e si dirige a ricevere un pasto caldo e gratuito, soprattutto. A fornirlo sono i padri cappuccini. Noi ci siamo incolonnati nella truppa: volevamo capire la provenienza di questo popolo di affamati. E guarda caso si parla italiano. E in tanti.

Come Francesco disoccupato da tre mesi con i soldi contati: lui esce tutti i giorni all’ora di pranzo e va a mettersi in colonna. Non vuole sottrarre il cibo ai suoi due bambini. Un piatto di pasta a pranzo, un frutto la sera per cena. Marina è una esodata incavolata. Antonio libero professionista, ma senza lavoro da un anno. Martina e Gianni sono fissi. Tutti milanesi, tutti dignitosi, seri, ma senza “danè”. E allora eccoli in colonna, a cena i milanesi in fila, sono altri. S’accontentano di un pasto al giorno, ma bisogna mangiare.

L’estate 2012 è anche questo nella città capitale dell’economia italiana. Ci spiegano i padri di San Francesco che primi a chiedere il pasto sono i rumeni, poi vengono gli italiani. Sono loro la seconda nazionalità più presente al self service. La conferma che la crisi economica continua a portare sempre più famiglie milanesi a chiedere cibo.

Secondo i conteggi dell’Opera San Francesco gli utenti italiani sono aumentati del 16 per cento nei primi sei mesi del 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011. Solamente tre anni fa quasi non c’erano italiani, se non i clochard e i border line. Ora arrivano anziani e disoccupati, padri e madri di famiglia, italiani come noi e sono ormai il 10 per cento dell’utenza.

Superano di numero i marocchini e i sudamericani. Qui a questa mensa dall’inizio dell’anno sono oltre 3500 le persone che si sono presentate per la prima volta al portone, mentre 12.800 hanno invece rinnovato la tessera fatta in precedenza. A fronte dei 2500 pasti caldi distribuiti ogni giorno in mensa. Ma qui, oltre a mangiare, ci si può fare anche la doccia: 10mila nei primi quattro mesi di quest’anno.

E, sempre gratis, si può chiedere una visita medica: finora, da gennaio l’hanno fatto in più di 17mila, o avere dei vestiti per cambiarsi: questa richiesta è aumentata del 19 per cento. «È una situazione di estrema emergenza, non chiuderemo nemmeno un giorno ad agosto perché nella città in ferie i poveri rimangono ancora più soli e disperati –spiega un frate indaffarato nello smistamento delle richieste. Questa povertà offende la giustizia e l’uguaglianza, rappresenta anche una minaccia per la pacifica convivenza».

Ma i frati francescani forniscono altri dati sulle povertà: oltre il 38 per cento degli ospiti nei loro dormitori in quattro centri nevralgici della città con 750 posti letto, sono milanesi. Il Pane Quotidiano, è una mensa laica, anche là ogni giorno c’è il tutto esaurito. Si contano di norma 2500 persone tra pranzo e cena. La Croce Rossa che ogni notte manda in giro per la città svuotata dalle ferie quattro unità mobili per distribuire viveri e generi di prima necessità a chi non ha un posto dove passare la notte. 

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