In difesa dell’anarchismo epistemologico di Paul K. Feyerabend

Questo scritto vuole essere un’affermazione, del resto non richiesta, dell’originalità e dell’irriducibilità del pensiero di Paul Feyerabend. Opere, le sue, irriverenti e a volte polemiche nei confronti dell’ufficialità filosofica del suo e del nostro tempo. Entrare a far parte della storia della filosofia è un onore e un riconoscimento, ma se questo diventa possibile solo a costo dell’addomesticamento di idee e caratteristiche inaddomesticabili, tanto vale… Le opere di Feyerabend sono di più e non di meno rispetto ad una ordinata e coerente raccolta di principi; non sono sistematiche, certo, sono eclettiche, bizzarre; indicano un atteggiamento con il quale ci si potrebbe (e non ci si dovrebbe) porre nei confronti della scienza, della filosofia, della società, dell’uomo. Per capire appieno questa disposizione, non si può sfrondare, non si può manipolare, si può accettare o rifiutare, guardare o capire, teorizzare o agire. Perché: «La scienza è solo una parte della cultura e ha bisogno di altri ingredienti per arrivare alla pienezza della vita». Credo che Feyerabend apprezzerebbe questa lettura della sua opera. Egli era uno fuori da ogni corrente, era “uno”. Riaffermare questo, contro ogni tentativo di celebrazione

post mortem, ci spinge a scrivere questa difesa. Una difesa dell’indifendibile. 

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