Ilva: non è più tempo di rinviare
Lo spettro della chiusura
Secondo il presidente di Federacciai di Confindustria, Antonio Gozzi, saremmo davanti ad una violazione della certezza del diritto, mentre «il provvedimento assunto dalla magistratura di Taranto non può che andare nella direzione di voler costringere alla chiusura la nostra più importante impresa siderurgica, che ora si trova oggettivamente privata delle necessarie risorse finanziarie e della governance, nelle condizioni di dover interrompere il suo funzionamento». Con queste medesime motivazioni, il consiglio di amministrazione dell’Ilva, presidente Bruno Ferrante e amministratore delegato Enrico Bondi nominato da pochi giorni, si è dimesso in tronco il 24 maggio 2013 facendo scattare l’allarme di una chiusura imminente e traumatica della fabbrica. Finora i lavoratori e la città intera hanno vissuto in maniera civile e dignitosa il lungo periodo di tensione seguito all’inevitabile messa a nudo delle note contraddizioni che segnano l’intera politica economica, industriale e ambientale del Paese.
Bonifiche, soldi e nazionalizzazione
I miliardi di euro non saranno ovviamente immediatamente utilizzabili e sono ancora da rintracciare nell’intreccio societario del Gruppo Riva che è stato messo sotto inchiesta anche dalla Procura di Milano per i reati di frode fiscale, riciclaggio, intestazione fittizia e truffa ai danni dello Stato. L’ordine di sequestro, in questo caso, riguarda beni per un valore equivalente di un miliardo e 200 milioni euro che la Guardia di Finanza avrebbe rintracciato «nel paradiso fiscale di Jersey», un’isoletta, situata nello stretto della Manica, sotto protezione della corona britannica.
La nazionalizzazione del gruppo e dell’intero comparto siderurgico sembra perciò una prospettiva non più remota, ma invocata da più parti e sarà sul tavolo del governo Letta che ha parlato di «disastro occupazione senza precedenti». L’urgenza delle decisioni da prendere in tempi brevi, a cominciare dagli stipendi e salari di maggio per i 24 mila lavoratori coinvolti, 40 mila con l’indotto, non potrà rimuovere ancora per molto una rivalutazione e un'analisi dell’operazione compiuta nel 1995 con la privatizzazione dell’Italsider.
Nel frattempo una delegazione del comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti di Taranto, che ha organizzato un primo maggio alternativo nella Città dei due mari, si è incontrata a Berlino con operai e impiegati della fabbrica di Henningsdorf, sotto controllo dello stesso gruppo Riva, mettendo a tema la domanda: «Davvero bisogna lavorare a qualsiasi prezzo?».
La Germania precede l’Italia come prima produttrice di acciaio nel Vecchio Continente, dove la siderurgia fattura 170 miliardi di euro, con circa 360 mila posti di lavoro. Il livello delle scelte strategiche europee, infatti, davanti alle sfide dei temibili concorrenti coreani, cinesi e indiani, sarà quello che si rivelerà decisivo e meritevole di una conoscenza accessibile a tutti.