Il timore della Germania

Chi pagherà i conti dei Paesi indebitati? La domanda serpeggia tra gli elettori tedeschi, anche se non hanno finora attecchito i partiti euro critici
Martin Schulz e Angela Merkel

I tedeschi non hanno più lo stesso atteggiamento omogeneo di fronte all’Unione europea. 

Tradizionalmente ottimisti verso l’Europa, la convinta adesione a Bruxelles è crollata sotto la percentuale del 50 per cento durante il 2013. Soltanto gli elettori dei Verdi si discostano da tale tendenza e restano largamente d'accordo con l'Ue, anche se neanche il loro partito è riuscito a smuovere tanta gente in vista delle prossime elezioni. Quando in gennaio hanno votato online il loro candidato principale per le elezioni europee, infatti, si aspettavano la partecipazione di un milione di persone contro un numero effettivo di 23 mila. 

Da un lato molti tedeschi hanno accolto con favore il risultato del recente referendum svizzero che ha imposto nuovi limiti al numero degli immigrati. Dall'altro, la politica europea in materia di rifugiati è molto criticata, perché per tanti l'isolamento politico e il fatto che i Paesi del Sud dell'Europa siano lasciati soli ad affrontare questo problema dimostra l'incapacità della Comunità europea di trovare un accordo di reciprocità.

Gran parte dei cittadini tedeschi lamenta l’eccesso di normative di Bruxelles e preferisce una maggiore autonomia delle singole nazioni dell'Unione. Allo stesso tempo è diffuso il senso di gratitudine per l’esperimento politico continentale, che ha reso possibile da decenni una situazione pacifica e libertà di circolazione. Molti politici presentano l'Unione europea come una comunità di valori anche se le loro decisioni si basano quasi esclusivamente su valutazioni di carattere economico. Altri punti problematici emergono dalla difficoltà dell'Ue ad elaborare una decisa politica estera comune e una strategia di lotta contro il crescente aumento della povertà e della  disoccupazione provocate dalla crisi economica.

La stessa crisi finanziaria e le aspettative dei vari governi verso le scelte di Berlino rischiano di offuscare il senso delle elezioni europee e di suscitare nei tedeschi il  timore di essere chiamati a pagare in maniera salatissima conti che non gli spettano e che potrebbero rivelarsi insostenibili. Questo timore si è materializzato con la nascita  del  partito dell’Afd (Alternativa per la Germania) nel febbraio 2013. I commentatori politici non lo annoverano, tuttavia, fra i partiti populisti di destra, come il Partij voor de Vrijheid di Geert Wilders nei Paesi Bassi, oppure il Front National di Marine le Pen in Francia.

L’Afd, in effetti, ha rifiutato l’alleanza con tali formazioni perché non è contro l'Unione europea in generale – che vuole comunque riformare –, ma contro l'adozione dell’euro. Secondo questa impostazione "euro critica", i singoli Stati dovrebbero avere il permesso di tornare alla loro moneta originaria. Secondo tale impostazione il ritorno della Germania al marco tedesco dovrebbe concludersi entro il 2020. Al centro della rivendicazione della nuova formazione politica esiste l’idea che  uno Stato potrebbe trasferire i propri diritti sovrani a Bruxelles solo dopo un referendum. L’Afd, fortemente contrario ad ogni condivisione del debito pubblico dei singoli Stati, è rimasto sotto la soglia di sbarramento del 5 per cento nelle ultime elezioni nazionali del settembre 2013. Gli osservatori esterni hanno espresso un certo stupore nel registrare questa mancanza di presa elettorale della vena populista in Germania. In Europa, tuttavia, potrebbero arrivare dei rappresentanti degli Alleati per la Germania grazie all’ultima decisione della Corte costituzionale federale che ha cancellato la soglia dello sbarramento elettorale del tre per cento per le elezioni europee.

La sentenza costituzionale ha voluto censurare una scelta considerata contraria al principio di uguaglianza nell’espressione del voto e di pari opportunità dei partiti. I grandi partiti temono adesso una frammentazione del parlamento Ue, mentre i partiti piccoli parlano di rafforzamento della democrazia europea ed esigono l’abolizione dello sbarramento del cinque per cento anche per le elezioni nazionali.

Secondo gli ultimi sondaggi di marzo i cristiano-democratici dovrebbero raggiungere il 40 per cento dei consensi contro  il 26 per cento dei socialdemocratici e l’11 per cento dei verdi. Interpellati sul nuovo presidente della commissione europea, tuttavia, solo il 35 per cento dei potenziali elettori si son detti favorevoli al socialdemocratico tedesco Martin Schulz e il 30 per cento al cristiano-democratico lussemburghese Jean-Claude Juncker.

La grande incognita resta l'effetto del malcontento verso l'Ue nei confronti dell'affluenza alle urne del 25 maggio. Nel 2009, infatti, i votanti alle europee in Germania sono stati solo il 43,3 per cento degli aventi diritto.

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