Il tic

“Mio figlio di 6 anni da circa 3 settimane fa delle smorfie con il viso, ripetutamente. Il pediatra mi ha detto che è affetto da una forma di Tic e che dobbiamo stare tranquilli perché si risolverà. Ma io a vedere che fa quelle mosse involontarie mi agito, ho paura che i compagni inizino a prenderlo in giro. Confesso di sentirmi anche in colpa perché ho timore che il disturbo abbia avuto origine da qualche mio atteggiamento sbagliato…”. Antonietta – Bari Un tic è un movimento involontario (o una emissione sonora), rapido, ricorrente, stereotipato. Viene vissuto come irrefrenabile, ma in effetti si attenua fortemente durante il sonno e può venire soppresso per lunghezze variabili di tempo, mentre risulta esacerbato dallo stress. I tic più frequenti sono lo strizzamento degli occhi, le scrollate di spalle, le smorfie. Vi sono anche tic fonici e i più comuni sono il tossire, lo schiarirsi la voce, l’emettere mugolii. I tic iniziano di solito all’età di 5-6 anni, possono essere singoli o multipli, nella gran maggioranza dei casi si risolvono in poche settimane o comunque entro 12 mesi dall’insorgenza, mentre solo in una piccola percentuale diverranno tic cronici o sono l’esordio di malattie più gravi. I tic possono associarsi ad altri disturbi di tipo psichiatrico del bambino, quali la depressione o l’iperattività. Spesso nelle famiglie dei bambini con tic vi è una storia di altri parenti che hanno sofferto dello stesso disturbo, confermando che vi è una componente genetica tra le cause, ma situazioni di stress, emozioni o anche infezioni virali sono spesso state chiamate in gioco per cercare di spiegare un fenomeno che è in effetti complesso, probabilmente legato a più fattori che si intersecano in maniera ancora poco conosciuta. Cosa bisogna fare? In linea di massima non bisogna fare nulla in funzione del sintomo, perché il tic di per se non è un problema e si risolverà! Ma il tic, coinvolgendo la sfera della comunicazione non verbale (che sappiamo essere fondamentale nella relazione tra le persone e che in questo caso appare compromessa, almeno in parte), può essere causa di un coinvolgimento emotivo importante sia del bambino che di chi gli sta intorno. In quest’ottica può essere utile la consulenza di esperti (pediatra, psicoterapeuta), che supportino la famiglia. Come sta succedendo a lei, non è raro che i genitori abbiano sensi di colpa per quanto il figlio manifesta, anche perché eventi emotivamente intensi (litigi in casa, l’ingresso a scuola, momenti di tensione con il piccolo ecc.) sono spesso associati all’insorgere del problema. Un momento di dolore e di incertezza, come può essere scoprire nel figlio un tic più o meno disturbante, può d’altronde divenire fonte di arricchimento e di crescita. È quanto è accaduto nella mia famiglia, quando una leggera forma di tic ha interessato prima uno e poi, a distanza di qualche anno, un altro dei miei 5 figli. La seconda volta ovviamente è stato più semplice, perché al di là dell’informazione teorica e professionale che il tic ha una prognosi favorevole, avevamo vissuto la cosa sulla nostra pelle. Ma soprattutto la prima volta il tic del ragazzo ha fatto emergere in noi ansie e paure che neppure sapevamo di avere. È stata un’occasione di confronto sul metodo educativo adottato, sui ritmi familiari, sulle priorità nella nostra vita personale. La necessità di concordare con mia moglie strategie comuni, pur partendo da vissuti e sensibilità diverse, è stata una palestra intensa, mentre anche importante è stato il dialogo che abbiamo avuto con gli altri figli, anch’essi disturbati dall’atteggiamento del fratellino e incerti su come comportarsi con lui. Dopo qualche mese il tic è passato, ma il rapporto con il bambino e quello tra noi era divenuto più profondo, più cosciente della fragilità degli equilibri di ciascuno, credo più rispettoso e più delicato.

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