Il tempo si è fatto breve

(32) Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; (33) chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, (34) e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. (35) Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni. Senza preoccupazioni. C’è un chiaro parallelismo tra le preoccupazioni di questo versetto, e la presente necessità del v. 26 e le tribolazioni della carne del v. 28. E come nel v. 32 le preoccupazioni non hanno niente a che vedere con l’escatologia, è chiaro che anche nei versetti precedenti si trattava di problemi contingenti e non dell’avvento futuro del Signore. Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore. Ecco che Paolo ci indica il vero motivo della superiorità del celibato. E un motivo cristologico e non umano. Implicitamente si afferma, con questo, che il celibato è superiore al matrimonio solo per motivi soprannaturali. Per motivi solamente naturali, forse il matrimonio sarebbe superiore alla verginità. Come possa piacere al Signore. Si vuol significare non soltanto un atteggiamento esteriore o puramente superficiale, ma il conformare la propria esistenza al Vangelo di Cristo rinnegando sé stessi. Chi è sposato si occupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie. Qui Paolo fa vedere tutto il legame profondo che c’è tra i coniugi. Nell’idea di piacere è compreso tutto ciò che il matrimonio esige: amore, continua donazione di sé col corpo, tempo, impegno nelle strutture che sono collegate al matrimonio. Il coniugato non può fare a meno di servire, per cosi dire, a due padroni. Non ci sarebbe bisogno di parlare di due padroni qualora i due coniugi volessero appartenere insieme al Signore. Ma per giungere a tanto, occorrono molte cose; di solito non succede che tutti e due i coniugi pongono attenzione unicamente a ciò che riguarda Dio o a prepararsi insieme per lui, a considerarsi a vicenda quasi feudo del Signore e ad agire di conseguenza. Qui Paolo non considera comunque questo caso (1). A me sembra, invece, che non è che Paolo non preveda dei coniugi santi. Sarebbero quelli che, usufruendo della struttura matrimoniale, ma nel Signore, riescono a vivere col cuore indiviso. La Chiesa conosce coniugati santi e coniugati martiri. Ciò nulla toglie alla dottrina dell’Apostolo, che il celibato, considerato da un punto di vista di perfezione personale, sia migliore del matrimonio. Per essere santa nel corpo e nello spirito. Secondo la Bibbia Tob, non si tratta direttamente di una santità morale, ma di una consacrazione di tutta la persona, corpo e spirito, al servizio del Signore. E anche l’interpretazione di altri (2). Dopo questi versetti sulla chiara motivazione del celibato, viene da pensare di nuovo alle preoccupazioni cui Paolo aveva accennato al v. 32; egli non vuole togliere tutte le preoccupazioni (3): egli riconosce nelle sue lettere che anche i vergini ne hanno. Le preoccupazioni che vuoi togliere sono quelle legate alla struttura matrimoniale, quel preoccuparsi delle cose del mondo che fanno come annegare la vita nella mediocrità, se non nel male. Questo lo dico per il vostro bene e non per gettarvi un laccio . Di nuovo Paolo ritorna sottolineando la libertà di scelta, e quindi che anche il matrimonio è un bene. E solo un consiglio che vuole dare a coloro che hanno la possibilità e la grazia di poterlo seguire. (36) Se però qualcuno ritiene di non regolarsi convenientemente nei riguardi della sua vergine, qualora essa sia oltre il fiore dell’età, e conviene che accada cosi, faccia ciò che vuole; non pecca. Si sposino pure. (37) Chi invece è fermamente deciso in cuor suo, non avendo nessuna necessità, ma è arbitro della propria volontà e ha deliberato in cuor suo di conservare la sua vergine, fa bene. (38) In conclusione, colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio. Questa è una delle traduzioni che vengono date a questo passo. La Bibbia di Gerusalemme traduce vergine con fidanzata; così pure il Nuovo Testamento interconfessionale italiano. Quattro sono le possibili interpretazioni del brano: 1) un padre o un tutore indeciso se dare o no in sposa la figlia; contro questa interpretazione vi è che Paolo, più sopra, aveva già detto che una vergine è meglio che non si sposi. Vi sono pure le parole: si sposino pure, il che fa pensare a un rapporto fra due che debbono contrarre matrimonio; 2) matrimonio spirituale, convivenza nella stessa casa di gente consacrata al celibato. Contro questa interpretazione vi è che tale prassi appare solo pili tardi, e trovò ostacoli da parte della Chiesa; è difficile pensare che sia approvata da Paolo; 3) due giovani fidanzati appena convertiti. Questa interpretazione mi sembra assai probabile anche se alcuni obiettano che nel v. 8 tra gli agamoi (non sposati) potevano trovar posto anche i fidanzati. Rientrerebbero in questo caso tra le persone già invitate a rimanere come si trovavano. Sarebbe questa una inutile ripetizione? 4) sposi, cioè giudei cristiani che ancora non coabitano e che si erano convertiti. Quest’ultima soluzione sembra anch’essa probabile (4), giacché per tali sposi il contratto matrimoniale esisteva prima della consumazione del matrimonio. Dovevano essi accordare la preferenza alla continenza, o passare alla coabitazione? Paolo non consiglia la separazione poiché sarebbe autorizzare il divorzio, né spinge al matrimonio completo. Quindi, non rimane che la soluzione intermedia, lo status quo, al quale si possono non consumare il matrimonio rimanendo vergini, il che è meglio. (39) La moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive al marito, ma se il marito muore, è libera di sposarsi chi vuole, purché ciò avvenga nel Signore. (40) Ma se rimane così a mio parere è meglio; credo infatti di avere anch’io lo Spirito di Dio. Viene chiaramente affermato il principio dell’indissolubilità del matrimonio durante la vita dei coniugi, ma con la morte di uno di essi vi è libertà di risposarsi. Il consiglio però di Paolo è che la vedova viva da sola la sua vedovanza; se però si sposa: si sposi nel Signore , cioè con un cristiano. Vi è una differenza tra queste indicazioni e quelle che Paolo dà in 1 Tm 5, 11-12 (5), ma non vi è una contraddizione. Il capitolo 7, così ricco di insegnamenti, conclude con una frase pregna di significato: credo infatti di avere anch’io lo Spirito di Dio; vi è l’umiltà e, insieme, la consapevolezza di essere il dottore delle genti. Conclusioni Riassumendo, mi sembra che l’elemento che domina e spiega tutta la problematica teologica della verginità e del matrimonio nel capitolo 7, sia dato dalle parole: il tempo ormai si è fatto breve , il tempo si è contratto. Pur nella difficoltà delle interpretazioni, si rivela una grande verità: tutta la nostra vita, dopo Cristo, è cambiata. I valori intramondani saltano per aria e si ricompongono in maniera diversa. Pur rimanendo ancora il mondo con le sue strutture, già pulsa la vita nuova, la vita futura. E si stabilisce allora una dialettica tra la mentalità umana e la logica dell’eterno che è calato nel mondo. È per questo motivo che il celibato acquista un senso diverso. Nella vita patriarcale ebraica, che pur era impregnata di divino, il matrimonio era il valore dominante. Adesso, con lo stesso senso divino, presente però in modo nuovo nel mondo, anche la famiglia viene relativizzata. Non nel senso, però, del numero degli uomini che troveranno in essa la loro vocazione, ma qualitativamente, come il tempo che qualitativamente è cambiato, ha piegato le sue vele, come dice san Paolo, è diventato più corto perché anch’esso segue la sorte di questo mondo. Ed è per questo che la verginità apparentemente solitaria acquista valore: si lega infatti, di più e meglio, all’eterno che è Cristo presente nel cosmo.

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