Il servizio civile è diritto-dovere anche per gli stranieri

Accolto dal giudice del lavoro di Milano il ricorso di uno studente pachistano escluso dal bando perché privo della cittadinanza italiana
Tribunale di Milano

Il giudice milanese Carla Bianchini, del tribunale del lavoro, ha accolto il ricorso presentato lo scorso ottobre da Shahzad Sayed, di 26 anni, da 15 in Italia, che voleva partecipare al Bando per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile In Italia e all’estero. La domanda era stata respinta perché il ragazzo pakistano è privo del requisito della cittadinanza italiana. Ora Carla Bianchini ha dichiarato «il carattere discriminatorio» del bando e ha ordinato «alla presidenza del Consiglio dei ministri-Ufficio nazionale per il servizio civile di sospendere le procedure di selezione, di modificare il bando per consentire l’accesso anche agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e di fissare un nuovo termine per le domande».
 
Lo studente aveva presentato il ricorso sostenendo davanti al giudice che l’esclusione dal servizio civile di giovani stranieri che sono nati in Italia o che ci vivono da molti anni rappresenta «un’evidente irragionevolezza e un ulteriore inutile ostacolo all’integrazione». Così si potrebbe estendere anche ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, e come tali appartenenti in maniera stabile e regolare alla comunità, «il dovere di difesa della patria quale dovere di solidarietà politica, economica e sociale» prevista dalla Costituzione.
 
Escluderli dal servizio civile in quanto privi della cittadinanza italiana diventerebbe discriminazione. È interessante il fatto che per la prima volta un giovane straniero agisca non tanto per rivendicare una prestazione o un servizio, ma per poter adempiere un diritto/dovere, quello di difendere la patria intesa come collettività di persone che vivono stabilmente su un territorio e che sono legate tutte, senza distinzione di cittadinanza formale, da un unico vincolo di solidarietà.

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