Il regista di matrimoni

L’ultimo lavoro di Marco Bellocchio è un intreccio tra un regista in crisi che deve girare I promessi sposi, un’avventura esistenziale-amorosa in una Sicilia sospesa tra folclore e mistero, e una riflessione sul cinema, l’arte e il suo futuro. Che questi elementi si combinino fino a dare un responso unitario alla narrazione non è facile sostenerlo, dato l’approccio psicanalitico del regista che tende a sezionare, indagare, tracciare i confini tra passato e futuro con salti narrativi, analizzare i sentimenti sempre sul filo del rasoio, privilegiare l’onirico e il surreale. Ne esce una lettura amara sulla gente di cinema – il regista che si finge morto per ottenere il David di Donatello – ma soprattutto un’atmosfera tra il magico e il funereo che fa di Cefalù – fotografata splendidamente – un luogo simbolico di vita, di conflitti e di morte e di una possibile liberazione. Restano i consueti nodi irrisolti del regista verso la religione, un cattolicesimo su cui ironizza amaro, verso i rapporti familiari di violenza trattenuta e l’aspirazione a liberarsi dal pensiero ricorrente della morte. Film di qualità stilistica, con attori di livello come gli stralunati, intensi Sergio Castellitto e Donatella Finocchiaro, risulta però troppo pensato per sciogliersi in una narrazione coinvolgente, libera da un rarefatto manierismo. Regia Marco Bellocchio: con Sergio Castellitto, Donatella Finocchiaro, Sami Frey.

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