Il Piemonte ritorna al voto

Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del Tar che ha dichiarato nulle le elezioni. Roberto Cota lo legge come un «affronto alla democrazia», mentre Mercedes Bresso, sconfitta nel 2010 vuol mettere un punto e chiede una «legislatura legittimata». Si voterà nello stesso weekend delle europee
Mercedes Bresso

Il Consiglio di Stato martedì ha respinto l’appello del governatore del Piemonte Roberto Cota contro la sentenza del Tar che il 10 gennaio aveva annullato le elezioni di quattro anni fa, decretando così il ritorno alle urne. Le motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato dovrebbero essere pubblicate nel giro di una settimana, ma i giudici di Palazzo Spada sono comunque entrati nel merito della causa, giudicando il voto del 2010 gravemente viziato da irregolarità e questo comporta necessariamente l’indizione di nuove elezioni.

Si voterà il 25 e 26 maggio non solo per le europee e per 886 comuni dei 1.206 del Piemonte, tra cui i capoluoghi di Biella, Verbania e Vercelli, ma anche per ridare un governo alla Regione. E Cota non sembra intenzionato a indugiare, e vuole indire le elezioni per permettere il cosidetto “election day”, un unico turno elettorale che farebbe risparmiare alle casse regionali 43 milioni di euro. Il presidente uscente ha annunciato mercoledì di aver sentito i ministri Alfano e Delrio per concordare i termini della consultazione.

Mercedes Bresso, l’ex presidente uscita sconfitta dalle elezioni irregolari per le incongruenze della lista Pensionati per Cota di Michele Giovine commenta a caldo la sentenza: «Giustizia è fatta questa volta definitivamente. È stata una battaglia lunga e dura, ma sono lieta. Ora i tempi per andare a votare accorpando le regionali con le europee e le amministrative ci sono tutti. Finalmente si interrompe un governo della Regione illegittimo. Si metta un punto su questa lunghissima questione e si ridia al Piemonte una legislatura legittimata e in grado di far fronte ai problemi».

Per Cota invece con la sentenza: «Si vuole interrompere il lavoro di una Giunta che in questi quattro anni ha rimesso in piedi e risanato il Piemonte. Questo è un affronto ai piemontesi, che hanno espresso il loro voto chiaramente, ed è un affronto ai principi basilari della democrazia. Un sistema che fa questo dopo quattro anni, quando non è mai stato in discussione il risultato delle elezioni, non è credibile. È la morte della democrazia. Si tratta dell’ultimo tassello di un disegno ben preciso della sinistra che vuole a tutti i costi il Piemonte pur avendo perso le elezioni».

Di tutt’altro tono le parole del Pd: «La sentenza rappresenta la fine di un’agonia sotto molti punti di vista. Un’agonia giudiziaria, perché ci sono voluti quattro lunghi anni per riconoscere formalmente che le elezioni del 2010 non erano valide. Un’agonia per la regione, che per quattro anni con Cota è stata lasciata abbandonata a se stessa, senza una guida all’altezza dei problemi portati dalla più grave crisi economica vissuta dal Piemonte da decenni. Un’agonia politica e sociale, perché per tre anni Cota e il centrodestra hanno distrutto il sistema sanitario, quello dei trasporti e il sistema di protezione sociale”.

Ma da Lega Nord e dal centrodestra non ci si ferma all’oggi e già si guarda al futuro: «Abbiamo governato bene e rivinceremo alla faccia del disegno che c'è dietro e di tutto quello che stiamo vivendo» aggiunge ancora Cota.  Il coordinatore piemontese di Forza Italia Gilberto Pichetto, assessore regionale al bilancio aggiunge: «Accettiamo il verdetto dei giudici e ci prepariamo ad affrontare nuove elezioni sicuri che i piemontesi riconfermeranno la volontà di avere un governo di centrodestra».

Ora rimane aperta la questione del governo regionale di questi mesi. In attesa della pubblicazione della sentenza la conferenza dei capigruppo di Palazzo Lascaris ha deciso di chiedere al ministero dell’Interno e al presidente del Consiglio «se esistano motivi ostativi al proseguimento delle attività istituzionali», calendarizzando solo due commissioni per analisi di atti urgenti, ma nessuna convocazione dell’assemblea. Il Consiglio non sa ad oggi se rimarrà in carica fino all’insediamento dei nuovi eletti, attenendosi solo a quegli atti definiti indifferibili e urgenti. Oppure se il Consiglio di Stato nelle motivazioni della sentenza, entrerà nel merito anche dei poteri che spettano a Consiglio e Giunta, imponendo da subito la nomina di un commissario fino alle elezioni, come era accaduto in Molise.

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