Il pensiero dei nostri lettori

Abbiamo ricevuto una gran quantità di lettere ed email... ne pubblichiamo alcuni estratti.
Croce
Abbiamo ricevuto una gran quantità di lettere ed email – molto interessanti, va detto – sulla questione aperta dalla Corte di Strasburgo sui diritti umani con il divieto proposto (ma non certo ottenuto) all’affissione di un simbolo religioso come il crocifisso nelle aule scolastiche. Ne pubblichiamo alcuni estratti. Una gentile lettrice solleva il problema della presunta tolleranza verso i simboli islamici e dell’intolleranza di cui l’Europa si macchierebbe dinanzi a quelli cristiani. È un problema complesso, su cui torneremo nei prossimi giorni.

 

«Trovo che il crocifisso sia un efficace simbolo anche per i non credenti. afferma che sacrificarsi per il prossimo e per l’umanità consente ad ogni "individuo" di divenire “persona” e di conferire significato alla propria vita giacché chi vive solo per sé stesso è un morto che cammina. In gioventù ho vissuto in questo modo. Terribile».

Gianfranco Manganella

 

«Vorrei ringraziare Michele Zanzucchi per l’articolo che parla della sentenza della Corte europea relativa all’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Si è fatta molta informazione “fragorosa” al riguardo in queste ultime due giornate, e ho apprezzato la scelta di trattare l’argomento da un punto di vista culturale e morale, anziché inserirsi nel coro delle polemiche sulla laicità dello Stato e quant’altro. Mi sento di condividere quella che mi pare un’idea di fondo: la testimonianza della propria fede passa prima di tutto dalla vita personale, e richiede di pagare di persona. Diffonderò con piacere il link a questo articolo fra amici e conoscenti».

Spartaco Mencaroni

 

«Si è fatto un gran discutere, in campo ecclesiale e in campo laico, da destra e da sinistra, sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo riguardante l’esposizione del segno del Crocifisso nelle scuole: una sentenza che, pur rispondendo alla denuncia di una famiglia, è apparsa per molti versi “ideologica”. Si è messa in evidenza, giustamente, la valenza non soltanto religiosa, ma culturale dei segni “cristiani”, ripescando la storia dell’Europa come un cammino segnato nell’intimo dall’apporto del messaggio evangelico e non pienamente comprensibile senza questo richiamo. In maniera anche più semplice si è fatta rilevare la presenza di tanti altri segni che non sono semplicemente rimovibili e richiamano alla stessa realtà (come le chiese, le immagini disseminate per le strade e le campagne …). Si cerca pure di far capire il valore “universale” e non religiosamente settoriale di un segno che richiama a valori condivisibili di fraternità, di superamento di barriere, di capacità gratuita di dono…

«Ma, ammettendo che veramente la sentenza della Corte si traduca in termini legislativi, che cosa può rimanere ai credenti che vada al di là di un “farsi sentire” che pure è qualcosa di auspicabile, come afferma il card. Kasper? Ogni segno è sempre legato ad un “significato” che veicola. E il significato del Crocifisso non può essere espresso meglio che dalle parole del Vangelo di Giovanni: “Non c’è amore più grande di colui che dona la sua vita per quelli che ama”.

«Presentare il Crocifisso non può essere slegato dalla “rappresentazione” di questo amore: e, come ogni rappresentazione, essa è chiamata a tradursi in gesti e parole. La rivendicazione di un “diritto” a dare visibilità alle proprie convinzioni religiose può essere ammirevole, eppure non sufficiente. Perché la visibilità, nel caso di un messaggio che è “vita”, non si lega alla pura presentazione di qualcosa che ha tutta la sua suggestività, ma è inscindibilmente legata all’esistenza di colui ne fa il suo “modello” esistenziale.

«E in questo è compreso il rapporto stesso con coloro a cui il segno viene presentato: un rapporto che non può esaurirsi in un “noi” e “voi”, tanto meno in una contrapposizione, ma prende dentro anche colui che apparentemente mi si presenta come antagonista o come nemico.

Il richiamo di Gesù a “fare del bene a coloro che vi fanno del male” non è certo segno di pura sottomissione,ma di una logica che ha alla sua base una “forza” sconosciuta a semplici regole di buona convivenza. Segno di una “forza” che supera anche le dimensioni puramente soggettive per tradursi in rapporti sociali coinvolgenti forze economiche, politiche, culturali: forse questi possono diventare i “segni” più autentici dai quali “il mondo crederà” al Crocifisso». Tonino Gandolfo

 

«L’articolo di Michele Zanzucchi mi ha fatto venire in mente un’esperienza fatta a scuola anni fa.

Mi trovo a lavorare con un giovane collega. Ci viene assegnata una prima classe, io con esperienza di insegnamento di alcuni anni, lui al primo anno. Prima che inizino le lezioni ci troviamo per sistemare l’aula e renderla il più accogliente possibile. A un certo punto vedo che prende il crocifisso che era da spolverare e lo mette dentro l’armadio dicendomi, quasi con orgoglio, che lui si dichiarava agnostico e quindi… Io lo ascolto poi con calma gli dico che io sono credente e nel rispetto reciproco ritengo sia importante avere appeso alla parete quel simbolo caro forse anche a tanti dei bambini che frequenteranno la classe. Mi impegno tuttavia a essere, come dice lui, un’insegnante “laica”. Cerco nei mesi successivi di volergli bene concretamente: non ha esperienza di insegnamento e mi metto a disposizione per aiutarlo a preparare le lezioni, gli passo il mio materiale didattico, gli vengo incontro per gli orari di servizio… A Natale si ripresenta la scelta: presepe sì, presepe no… Questa volta sono i bambini stessi che ne sollecitano l’allestimento. Alla fine concludiamo di preparare un piccolo presepe e un bellissimo babbo natale di cartapesta.

«Si conclude l’anno scolastico, il mio collega viene trasferito. Si fa vivo dopo qualche mese per dirmi: “Ho ritrovato la fede e tu sei stata per questo determinante”. Da quattro anni ho in classe sette bambini di religione islamica o induista eppure il crocifisso continua ad essere appeso alla parete: i genitori di tali alunni non hanno mai mostrato di essere offesi o in disaccordo. Addirittura sono contenti dell’allestimento del presepe e vengono ai saluti di Natale (per loro Gesù è un profeta). Io o la mia collega in occasione di loro ricorrenze religiose li invitiamo a raccontare ai compagni di classe come hanno festeggiato e il significato di tali ricorrenze. Sono convinta che rimanendo coerenti alle proprie rispettive fedi si possa conoscerci sempre più e rispettarci». Rosaria Amurri

 

«Carissimo Direttore, vorrei tanto che questo mio messaggio non si disperdesse. Provo tanta amarezza e sconcerto per la sentenza della Corte europea: “No al crocefisso nelle aule scolastiche”. Se esaminiamo attentamente la questione in puri termini culturali, la Storia di un Uomo che è stato crocifisso senza avere colpe ed è morto per la salvezza del mondo, non può essere che stimolo d’imitazione per la pace, la concordia, l’amore, la sinergia di progetti per rendere più abitabile questa terra. Anche Gandhi s’inchinava e piangeva ai piedi del crocifisso.Il crocifisso, anche se può dare fastidio a qualcuno, non deve assolutamente diventare una ragione di divisione o battaglia di religione.La presenza di Cristo in luoghi pubblici richiama plasticamente quel monito del Vangelo che dice: “Nessuno ha un amore più grande di questo: morire per i propri amici”. Non capire appieno il significato universale di quest’immagine, vuol dire non capire l’essenza di una vita spirituale-cristiana-.umana. Sono molto addolorato».

Franco Petraglia -Cervinara -AV

 

«Carissima Città Nuova, colgo l’occasione dell’articolo di Michele Zanzucchi, sulla sentenza che vuol rimuovere il crocefisso dai luoghi pubblici, per dirvi quello che ho provato e pensato appena ho sentito la notizia. D’istinto ho provato un gran dolore: che male vi ha fatto, mi son detta… E pensavo alla”tolleranza” di cui oggi si riempiono bocche e giornali. A quale tolleranza ci si riferisce? Che “fastidio” può dare un segno così alto di mitezza, silenzio, dono di sé? Eppure, quando sono entrata nella casa di una famiglia mussulmana, il loro “segno” (non so come si chiama), una sorta di Tappeto con frasi del Corano in capo al letto, non solo non mi ha dato fastidio, ma mi ha ispirato rispetto per la loro fede. Mi si può dire: era una cosa privata. Sì, però è nell’idea del “turbarsi”, “sentir fastidio”, che sta forse la chiave, a mio parere. E condivido quanto dice Zanzucchi: l’uomo è fatto anche di simboli, i segni esterni, quelli autentici, possono aiutarci a ricordare le nostre radici.

«Mi torna in mente un pensiero di Chiara Lubich, nella letterina per Natale, sui Gesù Bambino (la scrivo un po’ a memoria): “Se rinascessi vorrei dipingere tante immagini per ricordare il Cielo”, riferendosi all’esperienza di un sacerdote dell’est europeo, che fabbricava statuine di angeli, quando ancora la dittatura impediva il culto… O siamo già nella sottile dittatura del consumismo che ci sta comprando l’anima “per un piatto di lenticchie”? Grazie per tutto il vostro lavoro e impegno quotidiano».

Imma Martinelli – S.Anastasia (Napoli)

 

«Sono in attesa di conoscere, con interesse, la motivazione della sentenza della Corte di Strasburgo, che ha accolto la domanda di una cittadina di uno Stato europeo, tesa a far dichiarare contraria alla libertà di religione della stessa cittadina l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche dello Stato italiano. A caldo, non si possono non fare le seguenti domande: 1) l’art. 9 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo tutela la libertà (positiva) di professare e manifestare la propria religione; 2) può tale diritto includere il diritto di chiunque di vietare agli altri la manifestazione della propria religione?; 3) lo stesso art. 9 dispone che la libertà di manifestare la propria religione può essere oggetto di limitazioni previste dalla legge dello Stato per motivi di sicurezza pubblica, di protezione dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.

«È probabile che la Corte di Strasburgo si sia riferita a quest’ultima parte dell’art. 9.  4) Bisogna, allora, valutare se l’esposizione del crocifisso costituisca violazione del diritto e della libertà di chi non professa la religione cristiana. Occorre, dunque, che ci sia una limitazione del predetto diritto e della predetta libertà. La risposta sembrerebbe negativa, poiché colui che professa altra religione o nessuna religione non sarebbe minimamente limitato nella sua libertà dalla manifestazione di una religione altrui.

«Va, inoltre, considerato che l’ Autorità italiana, nel consentire l’esposizione del crocifisso, da un lato non ritiene tale fatto contrario alle proprie leggi sulla sicurezza pubblica, sull’ordine pubblico, sulla salute e sulla moralità pubblica, dall’altro lato dà atto che la grande maggioranza del popolo italiano professa la religione cristiana, pur in diverse confessioni, e quindi reputa conforme ai sentimenti e alle convinzioni religiose dei propri cittadini l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche ove vengono educati i figli degli stessi. Ora, l’ulteriore domanda che si pone: può legittimamente la Corte europea dei diritti dell’uomo, che deve tutelare i diritti in positivo, interferire nella legislazione dello Stato italiano che tutela in positivo la libertà religiosa dei propri cittadini?».

Giovanni Caso

 

«Leggendo il suo articolo vorrei congratularmi sulla sua argumentazione. Grazie! È vero, nei primi due o tre secoli del cristianesimo, il simbolo della croce non era cosi presente come oggi, ma c’erano allora piè di oggi dei “crocifissi vivi”. L’Unione europea oggi è assai tentata a fare e realizzare un fallito concetto di una integrazione senza Dio e conseguentemente a fare una marcia nel “terzo totalitarismo” cioè quello della libertà o del liberalismo, e di agire in una certa schizofrenia: da una parte si vuole la tolleranza totale, dall’altra si tollera quasi una dittatura di questo nuovo totalitarismo in una intolleranza terribile. Mi domando infine perché non si cerchi di fare e di vivere una “integrazione trascendentale”? La casa europea non potrebbe diventare una casa sulla sabbia, si o no?!».

Prof. Josef Benedikt Streibl, Austria

 

«Caro Direttore, in seguito alla sentenza della Corte di Strasburgo che dovrebbe vietare in Italia i crocifissi nelle scuole, l’intellettuale ebreo Giorgio Israel ha dichiarato che in Europa è in atto un attacco nei confronti dei simboli che più fortemente individuano le sue radici giudaico-cristiane, mentre si assiste ad una singolare tolleranza nei confronti dei simboli islamici. Nella celebre Università di Cambridge è stato ammesso il burqa agli esami di laurea. È grave, trattandosi di un indumento che rappresenta valori totalmente contrari a quelli occidentali. La legge islamica è stata ufficialmente adottata in Inghilterra dove i musulmani possono rivolgersi alla “Sharia Courts” per cause di divorzi, dispute finanziarie e di eredità. L’Europa è destinata a diventare Eurabia».

Lorella Groten

 

«Riguardo alla tristemente ciclica questione sul crocifisso nelle scuole, sottoscrivo pienamente l’ultima parte dell’articolo di Michele Zanzucchi (il problema “culturale” nel fondo nasconde il problema della (scarsa) testimonianza dei cristiani europei: «C’è bisogno di crocifissi vivi», come diceva Madre Teresa di Calcutta». Provo una profonda tristezza nel vedere l’immagine del crocifisso strattonata da una parte e dall’altra, strumentalizzata spesso ideologicamente. Forse, nonostante quello che per noi cristiani significa, non sempre oggi e nella storia siamo stati capaci di viverlo e testimoniarlo il crocifisso, ed è anche per questo che sono diversi a non volerlo vedere campeggiare nelle aule scolastiche.

«Un passo indietro io da cristiano lo farei, accetterei la sfida…, “porgerei la guancia” anche a questa pretesa di laicità che sembra più dettata dall’ignoranza e dall’ideologia. Per un cristiano togliere la croce da un muro è una grande sconfitta certo, come una grande sconfitta l’ha provata Gesù proprio sulla croce… “sconfitto e abbandonato”. Possiamo “abbracciarla” questa croce? O siamo troppo orgogliosi e pieni della nostra cultura per tornare a riconoscerlo? Abbiamo il coraggio della nostra fede e della nostra testimonianza per elevare la nostra cultura o abbiamo paura e ci aggrappiamo a un simbolo, per quanto immenso e pieno di significato per noi?»

Marco Mascellari

 

«Caro Direttore, mi domando se la Signora di origini finlandesi che ha chiesto la rimozione del Crocifisso da una scuola italiana,abbia chiesto al Governo del suon paese di togliere il simbolo della Croce dalla bandiera nazionale.  Dubito che lo faccia e che venga esaudita. La nostra corte costituzionale ha stabilito che il crocifisso è anche un simbolo culturale e i valori che rappresenta non dovrebbero offendere nessuno».

Ciro Rossi

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