Il pasticcio sulla concussione

Il disegno di legge sulla corruzione è in discussione alla Camera. E' un primo passo ma vanno corrette delle "sviste" tra cui il carcere anche per chi è vittima di reato
alfano severino

Dopo l’approvazione del Senato, il nuovo testo del disegno di legge anticorruzione presentato dal ministro della Giustizia Paola Severino è passato alla Camera dei deputati per l’approvazione definitiva. Il giudizio complessivo che ne scaturisce dopo l’attenta lettura del testo, non può che essere positivo. L’introduzione, infatti, di strumenti efficaci, soprattutto in termini di prevenzione alla corruzione, determinerà certamente una ricaduta positiva nel sistema politico ed economico, come più volte rimarcato da Monti.

Ma sotto la lente d’ingrandimento dei giuristi non possono passare inosservate alcune vistose incongruenze di certe disposizioni normative contenute nel testo. Uno dei punti più importanti del ddl, che dà attuazione alla convenzione europea, è la nuova disciplina del reato di concussione, attualmente regolato dall’art. 317 c.p.. Detto articolo punisce «il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità».

Il disegno di legge discusso dalla Camera prevede l’introduzione della fattispecie denominata «indebita induzione a dare o promettere denaro o altra utilità» in cui vengono fatte confluire le condotte oggi previste dall’art. 317 c.p.. Pertanto a seguito dello “sdoppiamento”, la concussione viene regolata nel modo seguente:

  1. La concussione per «costrizione» nei confronti del privato da parte del pubblico ufficiale che avanza una richiesta con la forza della sua autorità, che sarà punita con la reclusione da 6 a 12 anni;
  2. La concussione per «induzione» (quella di cui è accusato l’ex premier Silvio Berlusconi per aver telefonato in questura a Milano per chiedere la «liberazione» di Ruby dopo averla presentata come la nipote di Mubarak) con la previsone di una pena ridotta che va da 3 a 8 anni.

Di fatto, il disegno di legge, definitivamente approvato, premierà, rispetto al passato, chi si rende (o si  è gia reso) autore del reato di concussione per «induzione», vista la previsione di un trattamento sanzionatorio più attenuato rispetto alle attuali disposizione normative. A cascata, la riduzione della pena determinerà, inoltre, una riduzione del termine di prescrizione del reato in questione. Anche l’introduzione della condanna dell’"indotto" («chi dà o promette denaro od altra utilità»), di chi, cioè, ha subito la concussione, con la pena della reclusione fino a 3 anni, suscita notevoli perplessità. Il soggetto che fino ad oggi è stato considerato la «vittima», con la nuova formulazione diventa «concorrente» nel reato e quindi punibile.

Ma – ci si chiede – come si può ritenere responsabile penalmente chi è, non autore, ma vittima del reato? L’esperienza, inoltre, insegna che i primi soggetti a denunciare la concussione sono proprio le «vittime»; dopo l’approvazione del ddl è improbabile che le «vittime», per via della loro punibilità, andranno a denunciare coloro che li hanno indotti a pagare. Considerato che la fattispecie di concussione per «induzione» è di gran lunga più frequente rispetto a quella per «costrizione»,  se ne deduce che il “pasticcio” messo in atto dal governo, nel mettere a punto la nuova disciplina della concussione, è veramente notevole in quanto va nella direzione opposta agli obbiettivi perseguiti dal disegno di legge anticorruzione.

Si è fiduciosi che tale “pasticcio” sia veramente “incolpevole” ed immune da pressioni politiche tese alla tutela di interessi personali. Solo in tal caso, infatti, si potrà sperare che la Camera dei deputati possa porre rimedio alla macroscopica «svista». Certamente sarebbe stata apprezzata maggiore coerenza con le finalità del ddl se, come è previsto in quasi tutti gli ordinamenti giudiziari del mondo, il reato di concussione (invenzione solo italiana) fosse stato assorbito dal reato di estorsione aggravata, per il quale il nostro sistema penale prevede la più severa pena della reclusione da 6 a 20 anni.

 

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