Il papa vola in Corea del Sud

Il 13 agosto il papa andrà nel "Paese del calmo mattino". Il libro Giovani e martiri in Asia: la missione di Francesco in Corea di Vincenzo Faccioli Pintozzi disegna con cura l'orizzonte storico, culturale, sociale della visita
Papa Francesco

Da dove nasce un libro così ben documentato?
«Da dieci anni di lavoro presso AsiaNews, l’agenzia di stampa del Pontificio Istituto Missioni Estere. Grazie al lavoro giornalistico, focalizzato sull’Asia dell’Est, ho iniziato a conoscere meglio la Chiesa e la società coreana e ho scoperto un tesoro immenso. Questa scoperta è stata rinsaldata dall’amicizia personale che con il tempo è maturata nei confronti di tanti cattolici coreani, che mi hanno aiutato a penetrare meglio la storia della loro comunità e mi hanno “contagiato” per il loro entusiasmo: sono una Chiesa giovane, per tanti versi, ma piena di risorse e di fede genuina».

In che contesto sociale avviene la visita del Papa in Corea?
«La società coreana, dicono i vescovi e tanti sacerdoti della penisola, è purtroppo ancora molto divisa: da una parte ci sono i conservatori, di cui la presidente Park è espressione, e dall’altra i democratici. Hanno entrambi un grande amore per il loro Paese, ma lo declinano con visioni diametralmente opposte fra loro. La grande speranza riposta nella visita di Francesco è che possa riavvicinare questi due versanti, aiutandoli a cooperare per il bene comune».

Sarà mai possibile riconciliare il Nord e il Sud della Corea?
«La possibilità c’è, ma purtroppo è ancora distante. Al di là della questione politica, una dittatura feroce contro una democrazia, c’è il problema del grande divario economico, culturale e sociale che divide le due popolazioni. Quando la riunificazione avverrà, la penisola dovrà gestire 22 milioni di nordcoreani e riuscire a trovare il modo di integrarli. Una sfida non facile».

Quanto questa ferita incide nel vissuto quotidiano dei coreani?
«La Corea è l’ultima nazione a pagare il fio della Guerra Fredda, e questo è un problema quotidiano per tutti i coreani. La minaccia costante di uno scontro bellico, le continue provocazioni, l’incognita dell’arsenale nucleare del Nord sono temi onnipresenti nel dibattito pubblico. Non va poi dimenticato che sono centinaia di migliaia le persone che hanno visto le proprie famiglie divise dal confine tracciato nel 1953 e che continuano a soffrire per quella che è una vera mutilazione».

Che idea si è fatto dell’identità culturale coreana?
«I coreani hanno un’identità forte e una cultura che stanno riscoprendo, dopo essersi allineati per anni a quella occidentale. Sono un popolo dalle tradizioni ricchissime, che ora pian piano riemerge e si afferma nel mondo. La loro “rinascita culturale” passa attraverso la musica – il caso del “Gangnam Style” è solo la punta dell’iceberg – ma anche attraverso il cinema e la letteratura. Sono poi l’unica società dell’estremo Oriente che sta includendo i valori tradizionali della fede nel mondo culturale, e questo non può che arricchirli».

La Chiesa comincia a intravedere segnali di crisi?
«Dal punto di vista dei numeri, sicuramente no. Anzi, ogni anno i cattolici crescono e si rafforzano sia nel laicato che nel clero. Tuttavia, secondo molte fonti si iniziano a intravedere anche nella Chiesa coreana i segnali di quella crisi che colpisce in pieno l’Occidente: la partecipazione alla messa e ai sacramenti inizia a calare, così come sale l’età media dei cattolici praticanti. Il problema è complesso, e nasce da tanti fattori diversi, ma lo hanno individuato e questo è già un ottimo primo passo».

Quali, invece, i motivi dell’espansione della Chiesa cattolica in Corea?
«La Corea è l’unico Paese dove il Vangelo è arrivato attraverso i laici e non attraverso i missionari. Questo ha evitato l’accostamento – che invece ha influito sull’espansione cattolica in Cina – fra i cristiani e gli occidentali. Dopo la persecuzione del primo secolo, inoltre, l’impegno sociale, culturale e caritatevole dei cattolici ha colpito in maniera positiva tutta la società. Anno dopo anno, la Chiesa cresce nella stima del resto del Paese tanto da essere divenuta – secondo un sondaggio nazionale – la religione “più credibile” della Corea del Sud».

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