Il nubifragio e la regola d’oro

Roma nel caos, strade allagate, circolazione in tilt, metropolitane chiuse per una forte pioggia. Ma vivere il Vangelo si può
Nubifragio a Roma

È un’ordinaria mattina autunnale quel giovedì 20 ottobre. Piove un po’ più del dovuto e i bambini temono lo scintillare nervoso dei fulmini nel cielo plumbeo di Roma. Arrivare a scuola, però, non è stato per niente agevole. Quando parcheggio mi rendo conto che l’acqua arriva quasi all’altezza della portiera della macchina. Uscendo mi bagno fino a ben sopra le caviglie e per raggiungere il cancello d’ingresso i bambini si arrampicano sul muretto che costeggia la scuola aggrappandosi alle inferriate. Noto solo che ci sono pochi bambini e me ne vado.

 

A circa un chilometro di distanza lascio la macchina alla stazione della metropolitana. Anche lì poche persone. La metro non passa da 50 minuti e giunge eco di sospensione del tragitto tra alcune stazioni per allagamento. Aspettare è inutile. Torno a casa per lasciare la macchina e tentare di proseguire in autobus. Appena parcheggio incontro mia moglie che mi informa che dobbiamo andare di corsa a prendere i bambini, perché la scuola è inagibile, è saltata la corrente elettrica ed è inondata dall’acqua.

 

La strada è, ormai, un fiume e, per fortuna che ho un diesel, perché lungo il tragitto sono molte le macchine ferme in mezzo alla corsia. Tutte a benzina. Si bagna lo spinterogeno e si fermano. Arrivati, di nuovo a scuola, l’acqua sfiora i 50 centimetri. Tutti gli ingressi sono bloccati. L’unica luce accesa è nella cucina adiacente alla mensa. Proviamo ad entrare da lì ma non lo consentono. Ci dicono di andare all’ingresso principale. Attraverso veri e propri torrenti d’acqua e l’ingresso lo trovo chiuso e con uno sbarramento d’acqua impossibile da attraversare.

 

Torno indietro e mi arrabbio con il cuoco che ora mi fa entrare. Raggiungiamo i bambini che sono stati tutti spostati al terzo piano, perché al piano terra, oltre a non esserci luce ci sono vari torrenti con affluenti annessi. Raccattiamo gli zaini e ci prendiamo sulle spalle un figlio per uno e tipo Indiana Jones usciamo dalla mensa con l’acqua che arriva al ginocchio. Una volta in macchina ci sentiamo più sicuri e cerchiamo di calmarli, ma un vigile ci blocca e chiude tutte le strade. Rimaniamo fermi per un bel po’. Alla fine, sulla destra c’è una traversa e il vigile, zuppo all’inverosimile ed eroico, ci consente di uscire dalla strada principale.

 

Facciamo un giro più lungo per tornare a casa, ma non ci riusciamo, a pochi centinaia di metri la strada è bloccata dall’acqua e da un ingorgo lungo chilometri. Proseguiamo a piedi l’ultimo tratto e attraversiamo le strade con i bambini in braccio perché sono fiumi con tanto di piccole onde e correnti. A casa mi rendo conto che l’acqua ha portato via la targa e la copertura che protegge la coppa dell’olio.

 

Cambio di scena. Esce il sole e in poco tempo le strade si svuotano dell’acqua. Vado dai carabinieri per denunciare la scomparsa della targa, ma mi consigliano di aspettare e di cercala perché rifare l’immatricolazione per una targa smarrita costa circa 300 euro. Ripercorro il percorso di circa 800 metri fino alla scuola e di targhe ne trovo diverse. Prima una, trovata da un operaio accorso per riparare una voragine nella strada. La porto dei carabinieri e continuo le mie ricerche. Ne trovo un’altra.

 

Mi scoccia andare la terza volta dai carabinieri e, penso di lasciarla ben in evidenza sul marciapiedi, così il proprietario ha più chance di trovarla. Poi, mi ricordo che è nelle mie stesse condizioni e che la regola d’oro ricorda di «fare agli altri quello che vorreste fosse fatto a voi». Vado dai carabinieri la terza volta e consegno la seconda targa. Due giorni dopo, sabato mattina, torno dai carabinieri per fare la denuncia della scomparsa della targa. Ma qualcuno l’ha riportata. La regola d’oro funziona.

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