Il nostro amico “don”

Don Mario Foradini, ovvero un prete che lascia il segno in chi l’incontra. Nel cinquantesimo del suo sacerdozio, alcuni dei suoi tanti amici lo ricordano così
don mario foradini

Don Mario Foradini, attualmente parroco a San Secondo, arrivò, giovane prete, nella parrocchia di Sant’Anna in Torino, quando la Chiesa viveva i fermenti del dopo Concilio e iniziava la contestazione giovanile. Così racconta quel periodo: «Sovente, di sera, uscivo fino alle due o alle tre del mattino, per discutere, capire, dialogare con i giovani. Imparai che la Chiesa non può stare in sacrestia, ma deve andare, uscire, perché la gente non viene a noi se prima noi non andiamo a loro».

 

Infatti don Mario ogni sabato, suonava i campanelli delle case per invitare i giovani. Dopo poco tempo non solo lui, ma un gruppetto di ragazzi e ragazze, contattavano porta a porta le famiglie del quartiere. «Un tardo pomeriggio, due ragazze suonarono il campanello di casa mia: “Vuoi venire al cineforum in parrocchia?”. Se si sono scomodate per venire personalmente a rivolgermi questo invito, non posso non andare a vedere di cosa si tratta. Iniziò così l’avventura che avrebbe segnato indelebilmente la mia vita» racconta Fernanda.

 

«Dopo che per sette anni avevo tenuto fuori dalla porta il Signore, per qualche misterioso motivo entrai nella chiesa di Sant’Anna, durante una messa con tanti giovani. La musica delle chitarre si sentiva fin fuori. All’altare, un prete che parlava ai ragazzi come se li conoscesse uno per uno. Al termine della celebrazione, mentre i giovani raccoglievano i loro strumenti, li osservavo con l’invidia di chi è tagliato fuori da tutto ciò e non riuscivo ad andarmene. Ad un certo punto vidi venire verso di me lo strano prete, che mi chiese il nome e mi invitò a fare due passi con lui. Sembrava che conoscesse anche me. E, nel buio del cortile di Sant’Anna, raccolse tutte le mie angosce e i miei “peccati”, liberandomene e lasciandomi come nuova: rinata» ricorda Anna.

 

Circa duecento giovani partecipavano agli incontri e alle attività. Il “don” fece conoscere i diversi percorsi che la Chiesa torinese offriva in quegli anni: dai movimenti come i Neocatecumenali, il Rinnovamento dello Spirito, i Focolari, al nascente Sermig, alle prime esperienze delle comunità di don Ciotti, a quella (contestatrice) di via Vandalino a Torino, ad altri gruppi ecclesiali. I giovani andarono in visita a Bose, a Loppiano, a Taizé , a Spello da Carlo Carretto, a Cuneo da don Gasparino, solo per citare le esperienze più significative. Una qualità peculiare di don Mario fu quella di proporre strade alternative e offrire l’opportunità di scegliere. Non si poneva come “insegnante”, ma lasciava ai giovani-interlocutori, con tante domande, di trovare dentro di sé la risposta.

 

Racconta Mario: «Quando ho incontrato don Mario avevo circa 16 anni. Non conoscevo pressoché nulla del cristianesimo: l’unica cosa che sentivo era la necessità di cercare qualcosa che non capivo, ma che sentivo come fondamentale. Quando lo sentii parlare, intuii che le sue parole erano in grado di sintonizzarsi con la mia sete interiore. Anzi, la mettevano in risonanza, amplificandola. Don Mario aveva in sé il potere di risvegliare i cuori. Pensai: è un rivoluzionario dell’interiore, mi piace! Vorrei, oggi, far comprendere il lavoro che quest’uomo stava liberando in me. Solo dopo molti anni capii che il mio percorso di autorealizzazione non sarebbe mai partito senza di lui. “Cercate prima di tutto il regno dei cieli”: ecco l’inizio della mia ricerca».

 

Di don Mario possiamo dire che «è stato ed è un uomo di coraggio», capace di cogliere il bello e il buono, in una continua ricerca di novità, rimanendo sé stesso sull’essenziale. Talvolta con parole forti, tali da portare le persone o ad amarlo o ad osteggiarlo apertamente. Ricorda Leonardo: «Io avevo un prete per chiacchierare…e non erano chiacchiere. Erano confidenze, problemi di adolescente, ansie, progetti, speranze che trovavano non solo un interlocutore, ma l’interlocutore. Si correva da lui per la verifica delle scoperte della vita, per capire cosa fosse questa strana avventura. Non mancavano le risposte ai nostri piccoli e grandi problemi, ma non erano imposizioni: piuttosto un invito a guardare lontano e al di là delle nuvole, dove, sempre e comunque, splende il sole. Grazie don Mario! Anche se non ci vediamo più tutti i giorni, so che sei sempre lì ad aspettarmi, che hai sempre la stessa, indomabile voglia di dire a tutti che Dio li ama, che li aspetta, che non c’è niente di più bello che essere suoi figli».

 

Nel 1976 don Mario fu nominato parroco a San Secondo. Alcuni lo seguirono e si misero al servizio della nuova parrocchia: nacque così una piccola comunità che prese il nome di “Kisima”, in lingua swahili “pozzo profondo, fonte d’acqua”. Alcune lettere a Kisima, ricevute dal 1976 al 2003 e pubblicate in un libro, ne presentano bene il cammino.

 

Lo scorso giugno don Mario ha festeggiato i 50 anni dall’ordinazione sacerdotale, appuntamento a cui sono corsi numerosi tutti coloro che hanno percorso con lui un tratto della loro vita. Il suo incoraggiamento, la sua fede vissuta e trasmessa che lo rende perennemente giovane, li fanno lodare e ringraziare Dio per averlo fatto conoscere loro. «Auguro di tutto cuore – afferma Vito – che tanti giovani e tante persone possano avere la fortuna d’incontrare sulla propria strada un sacerdote come don Mario che, senza dubbio di sorta, posso definire con gioia “Uomo di Dio”».

 

Nella foto: don Mario insieme ad alcuni amici

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