Il multiculturalismo scorretto dei DV8 di Lloyd Newson

A Romaeuropa il coreografo australiano con il suo teatro-fisico mette in scena temi roventi: censura, libertà, il rapporto tra le diverse religioni
Lloyd Newson in una delle scene

Irriverente e socialmente impegnato, l’australiano Lloyd Newson, coreografo e regista di una passerella che scavalca il quotidiano per raccontare, in forma minimal, le mille verità del nostro tempo, è tornato con il teatro-fisico della sua compagnia londinese DV8 – gruppo che dirige dal 1986, anno della sua nascita. Sulla scena capitolina per il Romaeuropa Festival presenta Can we talk about this?

 

Tra i maggiori talenti del teatro danza internazionale, Newson è stato spesso definito un artista visionario e urtante per il suo approccio disincantato ai media, per l’uso di diversi stili del movimento, e soprattutto per il modo con cui affronta temi socialmente impegnati sviluppandoli in maniera spregiudicata. Nello spettacolo Can we talk about this? pur affrontando con la sua compagnia alcune delle tematiche più arroventate e urgenti del nostro tempo, come le politiche multiculturali, la censura agli artisti, le libertà individuali e di espressione, e pur conservando la sua carica provocatoria, qui risulta meno “arrabbiato” di come ci ha abituato in spettacoli come Enter Achilles, The cost of living, o Just for show, quest’ultimo uno spettacolo sul mostrarsi e l’apparire in un mondo dove è diventato essenziale presentarsi bene piuttosto che stare bene.

 

I roghi in piazza del libro I versetti satanici di Salman Rushdie, l’omicidio del regista Theo Van Gogh, i fumetti su Maometto che causarono violenti disordini in Olanda e in vari paesi del mondo musulmano, e altre storie di ordinaria violenza domestica che nascono da soprusi in nome del fondamentalismo religioso, sono il punto di partenza della nuova creazione. Affronta senza sconti le idee del multiculturalismo, politicamente corretto, tolleranza, integrazione, in particolare nei confronti della cultura islamica, mettendo in discussione molti luoghi comuni del nostro tempo.

 

Australiano di nascita divenuto cittadino inglese, Newson dà voce in stile britannico a opinioni molto diverse. Il testo dello spettacolo è infatti una trascrizione di quanto hanno dichiarato intellettuali, politici e artisti, fedeli islamici che bruciano libri davanti a Westminster,per finire con le vittime del fondamentalismo. Proseguendo il lavoro iniziato con il precedente To be straight with you, Newson questa volta combina al suo personalissimo physical theatre lo stile documentaristico: gli attori-danzatori di DV8 interpretano infatti il testo interagendo anche con interviste e filmati di repertorio, in modo da ricreare i personaggi, le storie, le tensioni che sono alla base dello spettacolo. Lo fanno danzando in maniera quasi schematica, mentre recitano, con distacco, le storie drammatiche di personaggi reali presi dalla cronaca.

 

Il contenitore è l’enorme stanzone di una scuola, un luogo da dove tutto sembra aver avuto inizio nel 1984, con il caso di un insegnante di Bradford che con un articolo su un giornale mise in discussione il multiculturalismo considerandolo premessa di segregazione piuttosto che di integrazione, e per questo venne etichettato come razzista e reazionario. Dalle porte e saracinesche entrano ed escono i performer, mentre sulla parete frontale ad ogni uscita ciascuno scrive il nome del personaggio di cui ha raccontato e l’anno del suo balzare alla cronaca. Ma alla lunga l’insieme risulta fin troppo meccanico. L’incandescente materia non esplode e non arriva a colpire come dovrebbe.

 

Al teatro Argentina di Roma per il Romaeuropa festival.

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