Il ladro di sorrisi

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Tutti i bambini, nel regno di Speranza, potevano correre e giocare liberamente sia nella reggia sia nei giardini di corte di re Pacifico e di regina Ilaria. I regnanti stessi avevano due figli piccoli e desideravano che i principini crescessero circondati da allegria, amicizia e gioia di vivere. I due bimbi, un maschio e una femmina, erano gemelli e si chiamavano Arturo e Clementina. Avevano sei anni e passavano tutto il loro tempo libero con il gruppo di amici più numeroso e allegro che si potesse immaginare. Le loro grida e risate portavano allegria fra le vecchie mura e il re amava ripetere spesso ai suoi sudditi: La gioia e la voglia di ridere e giocare dei bambini rappresentano il bene più prezioso del mio regno, occorre saperle difendere!. Uno dei giochi preferiti della banda di piccoli amici era il nascondino. Un castello è il luogo migliore per giocarci perché si hanno a disposizione infiniti nascondigli nei quali rifugiarsi. Naturalmente, non era per nulla raro che durante le scorribande qualcuno dei bimbi provocasse danni o piccoli incidenti. Qualche piatto rovesciato nelle cucine, qualche aiuola calpestata nei giardini, qualche armatura spostata nelle armerie. TRe Pacifico, comunque, alle lamentele di armieri, giardinieri e cuochi rispondeva sempre con le stesse parole: Pazienza, se non ridono adesso che sono piccoli resteranno tristi per tutta la vita; badate soltanto che non si facciano male!. E poi l’allegria dei bambini scaccia la rabbia, la noia e la paura! aggiungeva la regina con la sua voce squillante. Un giorno, mentre si rincorrevano tra le aiuole di begonie del giardino a nord,Arturo e Clementina si fermarono di scatto. Avevano notato una cosa strana. Due bambini di forse cinque anni se ne stavano seduti sotto il grande platano a giocare con un mucchietto di terra. Ma, a differenza di tutti gli altri, non stavano ridendo. E non sorridevano neanche! Non si era mai vista, in tutto il regno di Speranza, una cosa del genere! I principini si avvicinarono incuriositi. Osservarono per un po’ quei due e poi si decisero a domandar loro: Cosa state facendo?. Stiamo giocando con la terra, costruiamo una montagna e poi la distruggeremo. E perché non ridete?. Non ne abbiamo voglia! , risposero gli altri senza alzare la testa. Arturo e Clementina si allontanarono stupiti. Com’era possibile non aver voglia di ridere durante un gioco? Non riuscivano a spiegarsi lo strano fatto ma, anche se un po’ preoccupati, decisero di riprendere il gioco interrotto. Il resto della settimana passò senza grosse novità anche se, ogni tanto, Arturo e Clementina notavano l’innaturale tristezza di quei due bambini. Fu poi Clementina che, dall’altalena grande nel giardino a sud, notò il piccolo Mattia giocare a palla con un’espressione strana sul viso. La principessa lo conosceva bene. Infinite volte aveva giocato con lui e ne aveva sempre apprezzato la spensieratezza e la gioia di vivere. Si fermò ad osservarlo meglio. Giocava a palla apparentemente nel solito modo, ma anche lui non sorrideva! Sembrava non divertirsi per nulla. Clementina chiamò subito Arturo e gli fece notare l’espressione del loro amichetto. I due fratelli gli si avvicinarono e chiesero: Mattia, c’è qualcosa che ti preoccupa, perché non ridi?. Nulla, nulla: è solo che non ho più voglia di ridere! rispose il bimbo serio. I principi non insistettero oltre, però decisero di parlare dell’accaduto al re loro padre. In fondo era il terzo bambino che nel regno giocava senza ridere! Re Pacifico ascoltò con molto interesse Arturo e Clementina e, fattosi scuro in volto, chiese alla regina sua moglie: Non ne sarà mica arrivato un altro!?. Mamma Ilaria si alzò di scatto con aria pensierosa e, battendo le mani per chiamare le guardie, rispose: Dobbiamo accertarcene!. Re e regina preoccupati fecero convocare i tre bimbi tristi e li interrogarono. Seppero così che, qualche giorno prima, un signore li aveva avvicinati e che da quel momento loro avevano perso la voglia di ridere e divertirsi. Gli interrogati riferirono anche che lo sconosciuto si era raccomandato di non raccontare a nessuno i particolari del loro incontro, altrimenti sarebbero morti immediatamente. Il re colpì con un sonoro pugno il grosso tavolo di pietra davanti al trono. Le guardie del regno furono sguinzagliate e partirono alla caccia come il vento del nord. Non passò molto tempo che, al cospetto delle maestà, fu condotto lo straniero incriminato. I principi chiesero a re Pacifico chi fosse l’individuo in mezzo alle guardie. È un ladro di sorrisi, un essere che bracca i bambini felici per rubare loro la voglia di ridere e divertirsi e rivenderla ad altri individui tristi come lui, rispose il re severo. Ecco perché i nostri amici non si divertivano più giocando: ha rubato i loro sorrisi! Ora lo farai uccidere? chiesero i principini al padre. No, mi limiterò a rinchiuderlo e affiderò al mago di corte il compito di privarlo della capacità di rubare i sorrisi a voi bambini e di fargli capire la pericolosità di quello che ha fatto! Spegnere la voglia di ridere nei bambini è l’inizio della fine del mondo stesso, perché è proprio sulla gioia dei piccoli che poggiano le fondamenta del nostro universo! rispose il saggio re. Poi, rivolgendosi a tutti i bimbi del regno, re Pacifico e regina Ilaria dissero: Se qualcuno vi dice di non raccontare a mamma e papà qualcosa, dovete fare molta attenzione, potrebbe trattarsi di un ladro di sorrisi! Correte quindi a dircelo senza paura alcuna!. Anche i bambini tristi furono affidati alle cure del maestro di corte che, in breve tempo, restituì loro la voglia di ridere e di scherzare. Infatti stanno ancora giocando a nascondino nel gran castello nel felice regno di Speranza.

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