Il Dio di Chiara Lubich

Amare ed accettare di essere amati, per dimorare in Lui. La logica divina svelata nei pensieri brevi della giovane fondatrice dei Focolari.
Arte

Quando si sfoglia o si apre a caso il libretto di Chiara Lubich Dio ti ama immensamente – contenente pensieri brevi tratti dalle lettere degli anni ’43-’49 –, si rimane impressionati dalle corrispondenze di essi con il Vangelo, tanto che quasi ogni parola, ogni aforisma potrebbe essere messo in parallelo con una frase o un atteggiamento di Gesù.

Lo evidenzia nell’introduzione Maria Chiara Janner. Questi pensieri sono perle che si possono ripensare singolarmente, perché una sola basta a darci fiducia e serenità per tutta la giornata. Una ad una.

L’ho sperimentato recentemente in Congo dove, per iniziare un corso di formazione di tre giorni a più di 50 giovani donne, poverissime di beni terreni, ma ricche di relazioni tra loro e con Dio, ho fatto scegliere a ciascuna un numero e poi ho letto e “consegnato” loro la “perla” corrispondente.

Durante quei tre giorni, ciascuna ha avuto modo di riflettere sul sentirsi amata, in modo unico, da Dio, nella coscienza che tutte le altre sue compagne lo erano allo stesso modo. Era per loro la “buona novella”, e tanto più avvertita nel contrasto col mondo da cui provenivano.

Ho provato ad infilare queste perle per comporre una collana. Mi sono chiesta: a cosa paragonarla, a quale brano evangelico accostarla? Pensandoci un po’, cercando di capire da dove Chiara avesse potuto attingere forza e luce per farci entrare in questo braciere ardente, ponendomi, insomma, la domanda fondamentale: «Che cosa Dio ha comunicato di sé stesso a Chiara?», mi è parso che la risposta me la desse un’immagine evangelica, un’icona: la lavanda dei piedi.

 

Dio ci ama immensamente. Ma per capirlo e crederci dobbiamo avere il coraggio di rimettere in questione la nostra idea di Dio. “Dio ci ama” significa che non rimane nel suo cielo senza sporcarsi le mani, in tutta sicurezza, ma che si mette a servirci. Gesù che si cinge e lava i piedi dei discepoli è sufficientemente eloquente: per mostrarci quanto ci ama si fa nostro servo, nostro schiavo.

Ma è tutta lì la descrizione della lavanda dei piedi? No. Gesù, in quell’episodio riportato nel cap. 13 del Vangelo di Giovanni, non è l’unico protagonista. La lavanda dei piedi è una relazione dove attori sono anche i dodici apostoli nel ricevere l’amore, nel lasciarsi amare. Descrive una relazione tra Gesù e gli apostoli, specialmente Pietro.

Costui in un primo tempo rifiuta quest’amore, la sua idea di Dio ne soffrirebbe: «Tu, lavarmi i piedi, mai». Ma quando viene a sapere che «se non ti lavo, non avrai parte con me», conosce che ricevere l’amore, accettare di essere amato, è partecipare alla divinità, “aver parte” con lui.

Sì, lasciarci amare da Dio ci fa dimorare in Dio. È già amare. Se Dio è amore, accettare di essere amati nel modo sconvolgente che Dio vuole, è entrare in Dio. È conoscerlo. Dio non vuole nient’altro che amare. Gli daremo questa possibilità? Sì, perché lasciarsi amare non è passività, o ricevere tutto già fatto, è un “dare”.

 

Ecco il Dio che Chiara Lubich ha conosciuto e ci comunica: non un Dio nel suo cielo, che conta i nostri peccati o calcola i nostri supposti meriti. Ma un Dio di tenerezza, che cerca la relazione, che desidera amare e che, per poterlo fare, ha bisogno che riceviamo quest’amore. Chiara traduce questo “ricevere” in «fede nell’amore di Dio», e in un’impostazione conseguente della vita, dove si bandiscono le preoccupazioni, e soprattutto dove si ama il prossimo per dimostrare il nostro «piccolo ma tenace» amore.

La giovane Chiara autrice delle lettere da cui sono tratti questi aforismi, pur distinguendo poco le Persone divine nella loro specificità, ha molto chiaro il ritmo, il gioco delle relazioni che si riflettono sull’uomo immagine di Dio.

Lasciarsi amare da Dio, come il Figlio si lascia amare dal Padre da tutta l’eternità: cosa può esserci di più umano e di più divino? Diventa allora logico che Dio stesso si «lasci amare» da noi, perché siamo in lui. «Possiamo amare Dio»: è un’altra parola chiave, mi sembra, di questi aforismi. Non “dobbiamo”, ma “possiamo”.

Il Dio della giovane Chiara è in fondo tutto descritto nella citazione riportata in quarta di copertina: «Ti narrerei la grandezza e l’amore di Dio». Grandezza: descrive l’Infinito, l’Eterno, l’Onnipotente. Amore: descrive colui che si fa piccolo, che desidera l’amore, lo chiede, come se Chiara percepisse un vuoto in Dio, o più esattamente, uno svuotarsi per amore, una kenosi (cf. Fil 2,7).

Rileggiamo questi aforismi, li scopriremo tutti impregnati dello stesso ritmo: lasciarci amare (che significa dare a Dio la possibilità di amare), poter amare (Dio si lascerà amare e sarà perfino grato).

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