Il costruttore di ponti

Ban Ki-moon ottiene il secondo mandato come segretario generale dell’Onu
ban ki-moon

Un lungo applauso dei rappresentanti dei 192 Paesi aderenti all’Onu annuncia la rielezione: Ban Ki-moon è per la seconda volta segretario generale dell’Organizzazione delle nazioni unite. Il secondo mandato del diplomatico sud-coreano partirà dal primo gennaio 2012.

 

Il suo soggiorno nel palazzo di vetro inizia nell’ottobre 2006: Ban Ki-moon, ministro degli esteri e del commercio della Corea del Sud, viene eletto nuovo segretario generale dell’Organizzazione delle nazioni unite. Ha sessantadue anni e si è conquistato la simpatia dello zoccolo duro del Consiglio di sicurezza: i membri permanenti – Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna e Francia – lo votano all’unanimità. Dal 1 gennaio 2007 è lui a guidare l’Onu, a passargli il testimone è un predecessore ingombrante: il ghanese Kofi Annan, in carica dal 1997. Ban raccoglie la sfida. È l’ottavo segretario generale nella storia dell’Onu, il secondo di origini asiatiche, dopo il birmano U Thant eletto nel 1961.

 

Nato il 13 giugno 1944, Ban Ki-moon, dopo aver studiato a Seul e ad Harvard, sposa una compagna di liceo, Yoo Sonn-Taek, e dalla loro unione nascono tre figli. Diplomatico di lungo corso, ha passato ben trentacinque anni nella diplomazia sud-coreana, per due volte riceve l’incarico di ambasciatore negli Usa. Sono anni di duro impegno per lui, che combatte l’utilizzo e la fabbricazione delle armi nucleari. In sintonia con gli americani tenta, invano, di portare la Corea del Nord alla rinuncia delle armi atomiche, e, nel 1999, riceve la nomina di presidente della commissione preparatoria del Trattato per la messa al bando dei test nucleari. 

 

Poi il primo mandato da segretario generale dell’Organizzazione delle nazioni unite. Allora, tra i suoi detrattori, era diffusa la preoccupazione che questo sincero difensore della democrazia e dell’economia di mercato si rivelasse troppo accomodante nei confronti dei poteri forti mondiali. La paura non si è rivelata infondata, ciononostante il suo lavoro è stato importante: con il suo temperamento moderato e lontano da manie di protagonismo, si è distinto nel continuo sforzo di raggiungere i propri risultati lontano dai riflettori, con la cosiddetta quiet diplomacy. Comportamenti sobri, non comune capacità di mediazione e lavoro di bilanciamento tra i poteri forti del Consiglio, sono alcune delle caratteristiche che lo hanno caratterizzato.

 

Disarmo nucleare, misure per fermare il surriscaldamento globale, campagna per i diritti delle donne sono stati tre impegni fondamentali che Ban Ki-moon si è prefissato durante il suo primo mandato. Importante, anche se ancora insufficiente, è stato lo sforzo per il raggiungimento della pace nel mondo: se c’è stato un concreto tentativo di fermare il sanguinoso conflitto sudanese, inviando i caschi blu e appoggiando il mandato di cattura internazionale contro il presidente sudanese Omar al Bashir, il segretario generale dell’Onu ha anche avallato l’intervento militare in Libia e in Costa d’Avorio, dove i militari delle Nazioni unite hanno lottato contro la fazione dell’ex presidente Laurent Gbagbo.

 

Dure critiche sono poi arrivate da chi lo accusa di non aver reagito con fermezza nei confronti delle violazioni dei diritti umani perpetrate da potenze mondiali come Russia e Cina, e da chi afferma che l’Onu non sia risultata sufficientemente incisiva nella risoluzione delle grandi crisi internazionali.

 

Ed infine la rielezione. All’unanimità, con un lungo applauso. Il lavoro di Ban Ki-moon è stato apprezzato, questa ne è la conferma. Fin qui nessuna sorpresa, tanto più che il conseguimento, da parte del segretario generale in carica, di un secondo mandato è divenuta ormai una prassi consolidata. Lo stupore però è stato causato dal largo anticipo con cui tale rielezione è stata ufficializzata.

Ora la speranza di molti è che il sessantasettenne Ban Ki-moon, non più preoccupato di farsi rieleggere, possa mutar stile alla sua diplomazia, virando verso un comportamento più incisivo, meno influenzato dagli interessi del Consiglio di sicurezza ed in special modo dai suoi membri permanenti. L’incarico è importante, le questioni all’ordine del giorno aumentano con rapidità, ma Ban Ki-moon rimane fermo nella sua missione di mediazione, come annuncia nel discorso seguito alla sua rielezione: «Sono orgoglioso e onorato di accettare il vostro sostegno. In qualità di segretario generale, lavorerò come armonizzatore e costruttore di ponti».

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