I Pinocchi “terapeutici”

A Maranola di Formia, l’infanzia ritrovata nella mostra permanente dedicata alle opere di Franco Viola
pinocchio

Pinocchi intenti al gioco nel paese dei balocchi. Pinocchi lavoratori (il che è meno usuale!). Pinocchi in scene note della favola di Collodi. Pinocchi a scuola con tanto d’orecchie d’asino o in gabbia come canarini o pronti a divorare un piatto di spaghetti. Pinocchi d’ogni dimensione e per ogni situazione.

E tutti teneri e guizzanti, fatti in legno d’ulivo tirato a lucido, sì da esaltare le splendide venature delle sue fibre dure e capricciose. Lo stesso legno nel quale sembra scolpito il volto – così espressivo per i solchi di una vita – di Franco Viola, che di questo popolo di burattini è il papà infaticabile, tanto da essersi meritato l’appellativo di “Mastro Geppetto di Formia” (o più esattamente di Maranola, che ne è una frazione, dove esiste una mostra permanente delle sue opere dal titolo Pinocchio Amarcord).

 

Grazie alla creatura di Collodi, questo ex maresciallo dell’Aeronautica tutt’altro che loquace (ma se entra in argomento con le sue creazioni, la lingua gli si scioglie e come!) si è riappropriato in certo modo di una infanzia negata, perché consumata fra le tragiche vicende dell’ultima guerra e gli anni poi della ricostruzione.

«Erano tempi abbastanza neri – racconta Viola – e per rimediare qualche lira c’era chi raccoglieva schegge di proiettili e altri residuati bellici: tutto veleno per la terra, a sentire i nostri vecchi. Lo feci anch’io, e con i primi soldi guadagnati mi comprai le avventure di Pinocchio, il mio sogno fin da ragazzo. Potevo avere 17-18 anni. Poi per quarant’anni Pinocchio non è stato più niente per me. Intanto avevo messo su famiglia, avuto quattro figli…

«Finché un giorno – sarà stato aprile-maggio del ’91, ed io per ragioni che non sto qui a raccontare soffrivo di depressione – attendevo il mio turno nello studio di un dentista a Formia. Stavo sfogliando una rivista, quando mi colpì una illustrazione: era Pinocchio… Ebbi una sensazione strana; in una frazione di secondo tornai indietro a quando ero bambino… Furtivamente strappai quella pagina e me la misi in tasca; e col pensiero già m’immaginavo quello che avrei fatto…

«Dopo qualche giorno era nato il primo Pinocchio, ed anch’io mi sentivo come rinato. Così mi venne spontaneo incidere sulla basetta di appoggio: ecco l’amico degli anni migliori… Insomma, grazie a lui ho superato quella crisi. In seguito ho incontrato altre persone uscite dalla depressione chi dipingendo, chi scolpendo, chi con altre forme artistiche. L’ultima conferma da una professoressa della “Sapienza”: i miei Pinocchi, diceva, sono “terapeutici”».

 

In effetti, infondono un senso tonificante di gioia e di vitalità, come si coglie da queste impressioni, fra le tante, lasciate dai visitatori: «Un ritorno lieto ed evanescente dell’infanzia attraverso il sentiero del sogno». «Grazie per il viaggio in un passato che ci ha fatti ritornare bambini e per un attimo anche a casa». «Sto uscendo col cuore felice e con la sensazione che la vita non è stata proprio da buttare». «Pinocchio rievoca un mondo ormai lontano dove la semplicità e la fiducia erano alla base del modo di vivere». «Queste opere sono un simbolo di unità semplicemente spettacolare tra la prima e la terza età».

Con troppa modestia, Franco Viola attribuisce il fascino dei suoi Pinocchi «per il 90 per cento al legno d’ulivo con le sue stupende venature». Quell’ulivo, simbolo millenario di pace e di cultura, con cui ha familiarizzato nella sua esperienza di sfollato sulle montagne intorno a Montecassino. Ma certo non è questione solo di materiale. È che «sono fatti col cuore, e le cose fatte col cuore le capiscono tutti».

Quanto ai familiari, sono orgogliosi ed entusiasti. Sono stati i primi a darsi da fare per valorizzare i lavori del loro congiunto, recuperando numerosi pezzi che minacciavano di venire dispersi, dal momento che Viola non li vende, ma li regala a parenti, amici, conoscenti…

«A Maranola, i miei cognati hanno allestito una mostra permanente aperta la prima domenica del mese. Ma in qualsiasi momento, per i gruppi che desiderano visitarla fissando un appuntamento, io sono lì a disposizione. Peccato che a causa dell’ambiente ristretto i Pinocchi vi siano troppo ammucchiati».

Gli chiedo se pensa che questa storia andrà avanti per un po’… «Io lo spero. Nel mio libro in legno d’ulivo, dove chi vuol sapere il perché di questa mia passione può soddisfare la sua curiosità, ho scritto: Pinocchio morirà con me».
Non c’è che dire: di Pinocchi, Collodi ne ha creato uno solo; Franco Viola un centinaio. E ancora non è finita.

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