I modelli elettorali non sono un prêt-à-porter

Alfonso Celotto, ordinario di Diritto costituzionale all’università degli studi Roma Tre interviene nel dibattito sulla riforma della legge elettorale chiarendo la sentenza della Corte costituzionale e le riforme su cui deve lavorare il Parlamento. «Non possiamo – afferma – importare sistemi dall’estero senza tener conto della nostra tradizione politica»
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Il dibattito sui modelli elettorali con cui si dovrebbe andare alle urne tiene banco in Parlamento e nelle piazze: un ginepraio di proposte e di modelli che spesso non hanno molto da spartire con la nostra tradizione di governo e questo mentre si coniano neologismi di ispirazione latina che più che chiarire le modalità di consultazione confondono gli elettori. Abbiamo raggiunto il professor Alfonso Celotto, ordinario di Diritto costituzionale all’università Roma Tre, per fare chiarezza e per dare una valutazione giuridica su queste proposte.

Professor Celotto, cosa è successo con la sentenza della Corte costituzionale, che ha di fatto abolito il modello elettorale del Porcellum?
«La sentenza della Corte ha dato un'indicazione chiara: la legge elettorale italiana non è compatibile con la Costituzione nella parte in cui prevede un premio di maggioranza eccessivamente non rappresentativo e nella parte in cui non prevede le preferenze. La Corte ha lasciato comunque un sistema auto-applicante e quindi un sistema con cui si può andare a votare, un sistema a proporzionale semplice a preferenza unica, cioè il sistema che l’Italia ha avuto da metà degli anni ’80 fino al ’93. Quindi possiamo andare a votare. Poiché la Corte costituzionale è un organo di garanzia non spetta a lei scrivere la legge elettorale. È il Parlamento l’organo legittimato a farlo e in quanto tale si è aperta la competizione delle proposte».

Quindi non si scrivono leggi elettorali con le sentenze e la palla passa ora al Parlamento che non sembra avere idee molto chiare…
«Userei una metafora per spiegare quanto stiamo vivendo. I parlamentari si trovano a scrivere le regole “per andare” in Parlamento ed è come se prima della finale olimpica dei cento metri si dicesse agli otto finalisti: scrivete le regole della gara. Ora, essendo gli stessi partecipanti a scrivere le regole della gara, cercano di fare regole favorevoli al loro scenario, e quindi i partiti piccoli vorranno una bassa soglia di sbarramento, mentre i partiti grandi vorranno un grosso premio di maggioranza per garantire la stabilità. E questo processo ce lo dimostra la storia tutte le volte che si è fatta una modifica della legge elettorale in Italia. Sia con il Mattarellum che con il Porcellum le maggioranze dell’epoca hanno fatto leggi favorevoli alla loro permanenza sugli scranni parlamentari. Però sia nelle elezioni del ’94 che in quelle del 2006 il partito, la maggioranza politica che ha scritto la riforma elettorale, ha perso le elezioni; quindi è difficile per qualunque coalizione partitica capire quale sia il sistema elettorale più favorevole alla sua rappresentatività».

E allora si cerca di importare qualche modello dall’estero…
«Nel mondo ci sono centinaia di modelli elettorali e di modalità di trasformare i voti in seggi: solo in Italia ne abbiamo una decina. Prima dell’incostituzionalità di questa legge, Camera e Senato avevano due modelli elettorali. Poi abbiamo le Regioni che hanno un modello elettorale, le Provincie che ne hanno un altro, i Comuni ne hanno uno sopra i 15 mila abitanti e un altro ancora sotto i 15 mila, le elezioni europee avvengono con ulteriore modello, le circoscrizioni ne adottano uno particolare, per cui non c’è un modello buono o uno cattivo, ma bisogna cercare quello più confacente o meno alla tradizione storica di un Paese».

L’Italicum si adatta al nostro momento storico, rispetto agli altri modelli?
«Preciso che l’Italicum non è un modello elettorale, ma una proposta di modello che cerca di garantire la governabilità, quindi un sistema che comunque prevede un premio di maggioranza oltre una determinata soglia di sbarramento e cerca di garantire che dalle elezioni esca un partito vincente. Al di là del sistema proporzionale o maggioritario noi possiamo fare una bipartizione grossolana dei modelli elettorali: ci sono sistemi che favoriscono gli apparentamenti prima del voto in modo che si vada alle urne con due coalizioni definite e poi ci sono quei sistemi in cui gli apparentamenti si fanno dopo il voto e il ballottaggio. Prima del ’93 votavamo con un proporzionale puro e gli apparentamenti si facevano dopo, mentre sia con il Porcellum che con il Mattarellum abbiamo avuto sistemi tendenzialmente maggioritari, in cui l’accordo tra i partiti avveniva prima, in modo da raggiungere il 51 per cento con premio garantito e conseguimento della maggioranza dei seggi».

(Continua)

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