I “mal di pancia” nella Rai

L'ultima proposta è di alternare i conduttori televisivi in prima serata di martedì e giovedì. Perche invece di togliere serate non darne altre? Per non favorire la concorrenza
Michele Santoro

Chissà. Ad accogliere i re dei talkshow negli studi tv della Rai potrebbe presto esserci una maschera, proprio come a teatro. Una gentile dipendente chiamata a verificare se sia proprio tuo il posto di conduttore del programma, o piuttosto se sia stato assegnato nel frattempo ad un altro, diversamente orientato da te.

 

Suona vagamente bislacco, ma è questo il senso della proposta avanzata dal Popolo della Libertà, in commissione di vigilanza Rai. Volendo promuovere pluralismo, si vorrebbe introdurre quello che già tutti chiamano la logica dei “conduttori a targhe alterne”. Se una settimana ce n’è uno, la settimana seguente dovrà essercene un altro, ma di differente formazione culturale.

 

Turnover come nelle squadre di calcio, dove se oggi gioca Totti, domani toccherà a Borriello (che infatti di stare in panchina non ci pensano proprio). E questo, ha spiegato il relatore di maggioranza Alessio Butti, per eliminare la “rendita di posizione” di chi ha il vantaggio di andare in prima serata. Ma non sempre. Solo al martedì e al giovedì.

 

Avendo citato anche i giorni di messa in onda dei programmi contestati non ci vuol molto a capire quali presunte “posizioni dominanti” si intendano colpire: non tutte, solo quelle costruite negli anni da Giovanni Floris e Michele Santoro (nella foto). Al dunque di questo si tratta: dimezzare le puntate di Ballarò e Annozero, dandone invece altrettante a conduttori graditi al centrodestra.

 

Il fatto è che in passato quegli spazi sono stati già appaltati a giornalisti vicini alla maggioranza di governo (si pensi ad Antonio Socci e Giovanni Masotti su Raidue), ma con risultati molto deludenti in termini di ascolto, al punto da finire chiusi prima del tempo. E comunque la posizione dominante se c’è, Santoro e Floris l’hanno conquistata sul campo. I loro programmi sono tra i più visti del servizio pubblico e quindi tra i più gettonati dagli inserzionisti pubblicitari.

 

In tempi di bilanci in rosso, è ben difficile che qualcuno a viale Mazzini si possa prendere la responsabilità di cancellarli a settimane alterne, per lasciare il campo a cloni politicamente modificati, tutti da verificare e quindi ad alto rischio flop.

Altri soldi buttati, o se si vuole, regalati ad una concorrenza che in Italia non c’è nemmeno bisogno di ricordare di chi sia. Non che Floris e Santoro abbiano il diritto, vita natural durante, di continuare ad andare in onda a quell’ora e quel giorno. E non è escluso che nei loro programmi siano stati a volte faziosi (sempre per chi ha il cuore che batte a destra). Ma piuttosto che togliere a loro, bisognerebbe cominciare a dare ad altri.

 

Se è il pluralismo che si vuole, piuttosto si moltiplichino gli spazi, piuttosto che dare in subaffitto quelli già esistenti. Perché poi il rischio è che le targhe alterne debbano essere estese. C’è chi si è chiesto: perchè non allora nei telegiornali? Una settimana il Tg1 lo potrebbe condurre Augusto Minzolini, la seguente (chessò) Concita de Gregorio.

 

E comunque al di là di tutto, dello schieramento che l’ha proposta e di quello che se ne sente ora colpito, una cosa è certa. I conduttori a targhe alterne sono l’ultima, macroscopica invasione di campo della politica (di destra, di centro e di sinistra), che da sempre salta in groppa al cavallo di viale Mazzini, per partecipare al gran rodeo della lottizzazione.

 

Per di più quella proposta, dividendo la categoria in squadre (i rossi di qua, gli azzurri di qua) sarebbe la definitiva sconfitta del già moribondo giornalismo televisivo italiano, diviso in fazion, e destinato così a buttare a mare ogni residuo barlume (anche ipocrita) di obiettività ed equidistanza. Anche per questo da giorni Sergio Zavoli, presidente della commissione di vigilanza Rai, sembra non voler mollare.

 

Alle prese con il discusso atto di indirizzo di Butti, sta provando a vincere una sfida impossibile: convincere la maggioranza ad abbandonare presunti intenti punitivi nei confronti dei conduttori sgraditi al presidente del Consiglio, spingere l’opposizione a lasciare le retrovie dell’ideologia per provare a fare qualche proposta costruttiva.

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