I kelpers vogliono restare uniti a Londra

Scontato il risultato della votazione: il 99,8 per cento degli abitanti delle Isole Malvine (Falkland secondo il nome inglese) ha votato per il "sì". Ma sul piano del diritto le cose stanno in altro modo
Le Isole Malvine hanno votato a favore della loro permanenza nel territorio britannico.

Il risultato era scontato, il 99,8 per cento degli abitanti delle isole Malvine (Regno Unito e isolani usano la denominazione in inglese, Falkland) hanno espresso il desiderio di continuare a essere un territorio britannico di oltremare. Appena tre voti contro, tra l'altro di persone che sono a favore dell'indipendenza dell'arcipelago sia dal Regno Unito che dall'Argentina.

Anche i toni e le reazioni dei due governi erano prevedibili: Londra suppone una conferma ulteriore della propria politica di curare gli interessi e la volontà degli isolani, Buenos Aires ha criticato l'illegittimità della consultazione popolare. Entrambe le parti in causa non hanno usato i migliori toni né esiste in questo momento un'agenda di possibili negoziati. Per giungere a tale punto bisognerebbe arrivare a un dialogo su alcune questioni giuridiche. Prima tra tutte: quali sono le parti in causa? I due governi e gli abitanti o solo i primi?

Il governo britannico, in due occasioni, nel 1983 e nel 2002, ha concesso agli abitanti delle Malvine lo status di cittadini britannici a tutti gli effetti. Non succede lo stesso con gli abitanti delle Isole Vergini, le Caiman o le Bermude che hanno uno status diverso. I kelpers sono dunque cittadini del Regno Unito come gli abitanti di Londra o Liverpool. Ma tale decisione ha indebolito l'argomento principale del governo di Londra nella sua persistenza a mantenere la sovranità sulle isole: quello del diritto all'autodeterminazione dei kelpers. Di quale autodeterminazione si può parlare se si tratta di parte del popolo britannico? Tale diritto è contemplato dal diritto internazionale quando esiste un popolo che aspira a indipendizzarsi da un altro.

D'altro canto, la risoluzione dell'Onu 2025 del 1965 stabilisce chiaramente che le parti in causa sono due e non tre, i rispettivi governi più gli abitanti. Il che è importante per determinare chi ha diritto a decidere sulla questione, cioè a manifestare la propria volontà. Londra ha voluto includere in eventuali negoziati la presenza dei kelpers come parte in causa (nel caso specifico sarebbero giudice e parte), soluzione rifiutata da Buenos Aires con argomenti validi. Infatti, la citata risoluzione dell'Onu invita i due governi ad avanzare nella discussione per giungere a una soluzione che tenga conto degli "interessi" dei kelpers. Non si parla della loro volontà, quella che difende una parte, ma dei loro interessi. Dunque anche per l'Onu i kelpers non sono parte in causa.

Fin qui il diritto. Ma si sa che le norme seguono le strade aperte dalla politica. E certamente va superato questo ultimo rigurgito eplicito di colonialismo, così come vanno superati i toni epici e melodrammatici del governo argentino, ben poco amichevoli soprattutto nei confronti dei kelpers. Questo pomo della discordia potrà essere risolto solo col dialogo. E fin qui se ne è visto ben poco, da entrambe le parti.

 

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