I doni di Mago Frac

Può un impiegato statale usare le arti magiche per aiutare i bambini in difficoltà? Succede a Pescara
A Pescara

Non è un mago di professione perché maghi non si nasce, si diventa. È anche il caso di Franco Di Biase, che comincia a fare magie, in tutti i sensi, per aiutare una famiglia a mettere insieme il pranzo con la cena. «Un caro amico −racconta Franco, il mago Frac − perde il lavoro e sua moglie mi chiede di metter su una piccola agenzia di animazione al fine di guadagnare un minimo che le permetta almeno di pagare le bollette. L’aiuto volentieri e, vista la situazione, tutto il ricavato è per loro. Riusciamo a trovare lavoro al marito e dopo breve tempo anche lei trova una occupazione e non può più continuare questa nostra piccola attività». Franco pensa di appendere la bacchetta da mago al chiodo ma si vede che è bravo, che sa, padre anche lui di tre figli, come trattare i bambini. Non basta farli ridere e divertire, c’è quel quid che Franco ha: la capacità di relazionarsi, di trovare un rapporto da persona a persona perché l’anima, tanto più è incontaminata come quella di un bambino, non ha età. Contro ogni aspettativa continuano ad arrivare richieste per animare feste e compleanni. «Non mi sembrava onesto −continua Mago Frac −l’idea di guadagnare da una seconda attività al pensiero che tanti bambini in tutto il mondo soffrivano la fame. Decido, perciò, di devolvere l’intero ricavato delle mie animazioni a sostegno dei bambini più poveri profughi in Giordania, in Guatemala e Repubblica Centroafricana attraverso il sostegno a distanza di AFN».

Ormai Franco ci ha preso gusto e la passione si alimenta con ben otto anni di studi frequentando un corso per prestigiatori curato da professionisti del mestiere. Non impara tutti i trucchi, ma si perfeziona tanto da non sparire dalla circolazione. Il cerchio si allarga e con la moglie Graziella, insegnante di scuola materna, progettano un corso di solidarietà che comincia a ottobre e termina a dicembre con l’arrivo del mago. I bambini imparano che esistono bambini meno fortunati di loro e con la loro tipica concretezza e immediatezza, cominciano a donare un gioco, dei soldini, a rinunciare a qualcosa che non serve. Ci penserà il mago Frac prima di Natale a recapitare l’intera somma raccolta tramite un bollettino ogni anno appeso in bellavista nella bacheca della scuola. «I bambini −spiega Franco −si scatenano in fantasia con letterine, bustine con spiccioli. Un bimbo ha rovesciato il suo intero salvadanaio pieno di 26 euro fatti di monetine da 10 e 20 e 50 centesimi. Abbiamo chiesto alla mamma se fosse stata d’accordo e lei ci ha riferito che li ha voluti dare lui con tutto il cuore. Quei soldini per me sono sacri e da quella cifra non tolgo neanche il costo del bollettino postale».

Sono ormai passati 15 anni dal suo primo spettacolo e la crisi morde, le spese crescono, i figli vanno all’università e anche per un mago la vita si complica e «non sempre riesco a donare tutto il ricavato dei proventi delle feste e degli spettacoli ». I figli non sempre comprendono perché il papà debba far sparire l’incasso dei suoi spettacoli in solidarietà e Franco spiega che «vede il mondo come una famiglia seduta alla stessa tavola. Se il mio piatto è pieno e quello degli altri è vuoto la coscienza mi spinge a dividere con altri quello che ho per il principio di fratellanza». La figlia di 19 anni è una cantante, musicista e ballerina di danze dei Caraibi. «Da due anni −conclude Franco −collabora con me. Con quel che guadagna si paga una scuola di canto e ha imparato a fare spontaneamente le sue piccole donazioni».

 

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