I diari della motocicletta

Ernesto Guevara non era ancora il Che quando, poco più che ventenne, partì, insieme al suo amico Alberto Granado, alla scoperta dell’America Latina in sella a una Norton 500 del 1939, soprannominata la Poderosa. I diari della motocicletta racconta di questo viaggio, allo stesso tempo il viaggio spensierato di uno studente universitario che, per sua stessa ammissione, viaggia per viaggiare e quello appassionato di un giovane alla ricerca della propria identità e di quella di un intero continente (il popolo latinoamericano è uno solo, siamo tutti meticci). Ma è anche e soprattutto un viaggio di iniziazione, decisivo per la formazione del giovane Guevara che, ancora privo di precisi riferimenti ideologici ma animato da un forte sentimento di giustizia sociale, ha per la prima volta la possibilità di toccare con mano le crescenti contraddizioni di un continente in piena emergenza sociale. Un contrasto che emerge anche dalle due tappe fondamentali del viaggio: quella iniziale presso la sfarzosa tenuta della ricchissima famiglia della fidanzata di Ernesto e quella finale in un lebbrosario peruviano in piena foresta amazzonica. I diari della motocicletta è un bel film, onesto senza essere del tutto convenzionale e sincero senza scadere nella retorica da santino, che procede senza sussulti né cadute di tono, sostenuto da una regia attenta e da una coppia di attori che funziona bene. Una curiosità: il film è nato da un’idea di Gianni Minà, che è anche il responsabile artistico, raccolta da Robert Redfort che lo ha prodotto e affidato a Walter Salles, il regista brasiliano autore del pluripremiato Central do Brasil. Regia di Walter Salles; con Gael Garcia Bernal, Rodrigo De La Serna.

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