Guercino in 100 opere

Al Museo Regio di Torino si racconta il “mestiere” del grande pittore barocco. Ombre e sentimento.
Guercino Il mestiere del pittore. Torino, Musei Reali, fino al 28/7, Foto di Maria Vernetti
Guercino Il mestiere del pittore. Torino, Musei Reali, fino al 28/7, Foto di Maria Vernetti

Non solo grandi pale d’altare o Flagellazioni patetiche, dove vibra quel suo blu bellissimo e seducente. Tra la sua cittadina natale, Cento nell’Emilia, Roma e Bologna Gian Francesco Guercino sparge, con l’aiuto di un fornita bottega, decine di opere piccole e grandi, sacre e profane. Piace, è richiesto dal papa, dai re di Francia e Inghilterra. Ma lui resta in Italia a dipingere con uno stile tutto suo, che conosce Caravaggio e i colleghi, ma non li imita.

Il suo è un teatro musicale, che conosce i versi sinfonici del Tasso e del Marino e li commenta in pittura, come, ad esempio, la tela di Tancredi soccorso da Erminia (Roma, Doria Pamphilii), affollata, succosa di colore, in effetti un concerto di affetti, ma misurati.

Già da giovane nel Concerto campestre degli Uffizi (1617-18) mostrava l’amore per la musica e la natura nei personaggi collocati dentro la piana estiva, colta a volo d’uccello, modellata da ombre dolcissime. È lui, il pittore che fa dell’ombra la sua voce: non dura come in Caravaggio, sensuale come in Reni, ma cordiale, voce di corpi e di pensieri.

Apollo scortica Marsia, 1618. Su concessione Ministero della Cultura – Le Gallerie degli Uffizi
Apollo scortica Marsia, 1618. Su concessione Ministero della Cultura – Le Gallerie degli Uffizi

C’è in mostra una tela poco nota, l’Apollo e Marsia degli Uffizi. Guercino dipinge un dio lunare che esce dalle ombre, ritto su Marsia a terra, vincitore sull’uomo dolorante. La crudeltà del soggetto è temperata dalla bellezza della luce che sorge fra le tenebre come fosse la verità, che è il dio Apollo. La medesima luce pervade un capolavoro (Cento, 1620) l’Estasi di san Francesco. Il dolore del santo, all’albeggiare di una natura umida e nebbiosa, è consolato dall’angelo ragazzo sulle nubi che suona il violino. La musica invade il santo, è troppo bella, quasi lo distrugge. Guercino gioca con le tinte calde, i corpi vellutati e fa dell’angelo sulle nubi rosee dell’aurora una visione del concerto divino che consola gli uomini: un teatro di felicità inventiva e di aristocratica naturalezza.

L’emozione è infatti il centro dell’arte di Gian Francesco. Sempre equilibrata, sia nelle tele monumentali come la Madonna del Rosario di Torino, sia nelle due versioni della Liberazione di san Pietro (Prado e Musei Capitolini insieme per la prima volta) tra stupore e decisione, e sia nel confronto nel san Sebastiano semplice, vivo, naturale.

Il teatro del Guercino, delle sue emozioni calde e accessibili non finisce qui. Ci sono nella rassegna la sobria sensualità in Venere Amore e Marte di Modena (Galleria Estense, 1634), la Susanna e i vecchioni del Prado ( 1617) dove la luce illumina la ragazza e oscura i vecchi con morbidezza trascolorante, il Ritorno del Figliol prodigo nelle diverse versioni. Si ama questa pittura profondamente umana, il colore che costruisce le figure e i sentimenti, le ombre che accarezzano, e creano la vita. In Guercino è l’ombra che crea la vita, la rende bella anche nel dramma.

Meraviglioso, pre-romantico, Gian Francesco nelle tele, negli affreschi e nei disegni è un grande poeta delle emozioni. Contenute, ma stupende perché per lui sono sempre nuove.

Guercino Il mestiere del pittore. Torino, Musei Reali, fino al 28. 7 (catalogo Skira)

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