Il “gran rifiuto” di Gattuso

Un gesto da ricordare per tutto il mondo dello sport, quello di Gennaro Gattuso, che nel suo ultimo giorno da allenatore del Milan rinuncia a due ricchissimi anni di contratto pur di far avere ai componenti dello staff l’intero stipendio
.ANSA/SERENA CAMPANINI

L’uomo del “gran rifiuto”

«AC Milan e Gennaro Gattuso annunciano di aver consensualmente interrotto con effetto immediato il rapporto professionale come allenatore della Prima Squadra. Il Club ora avvierà un processo di selezione per il nuovo allenatore…» Con questo comunicato ufficiale, s’interrompe dopo 18 mesi il rapporto tra mister Gennaro Gattuso e la società cui ha legato per quasi 15 anni, seppure non consecutivi, la sua vita professionale e non solo. Con un particolare che la storia del calcio ribattezzerà come tutt’altro che irrilevante. Nella giornata di ieri, ha firmato a Casa Milan una rescissione consensuale col club rossonero che lascia sul tavolo ben due anni di contratto: il primo a 2,5 milioni netti, il secondo a 3. Un gesto a dir poco sorprendente, ma forse solo per chi non abbia avuto il piacere di incrociare davvero gli occhi fiammanti di lealtà di Gennaro Ivan Gattuso da Corigliano Calabro. “Dal profondo del cuore, grazie Rino – le prime parole dello stesso sorpreso amministratore delegato del Milan, Ivan Gazidis, che ha confessato: – non ho parole per descrivere Gattuso, un uomo straordinario che ha portato la piena responsabilità della stagione sulle sue spalle. Forse anche troppo. Ha fatto un’analisi e una scelta di grande onestà: non ce la faceva a portare ancora questo peso. Rimarrà un amico del club per sempre. Non lo conoscevo prima, ho un enorme rispetto per lui”.

Una vita da mediano

 Un uomo che, parole sue, considerava “la sua predisposizione alla fatica quasi una malattia”, che “al Milan si sentiva tifoso, capitano e presidente” ma soprattutto che “fino a 13 anni – ricordava con rara umiltà – aveva giocato solo sulla spiaggia, non sapeva tirare le punizioni e non sapeva come si facesse un assist, eppure vinse un Mondiale” con la nostra nazionale in Germania, nel 2006, da protagonista assoluto, per partecipare al quale, dichiarò qualche mese prima, “si sarebbe legato al pullman come Fantozzi pur di andare anche infortunato”. In carriera, con la maglia del Milan, Gattuso ha vinto tutto quanto un calciatore medio possa anche solo sognare di vincere a livello nazionale e internazionale, onorando con una grinta e una determinazione che lo hanno reso uno dei simboli del ruolo di mediano “acchiappapalloni” vecchio tampo in tutto il mondo, tutto cuore per “fare legna” tra botte e sudore in mezzo al campo, affinché altri finalizzatori raccogliessero poi la gloria del tabellino marcatori. Un nome passato agli archivi del calcio con il soprannome di “Ringhio”, l’emblema di un modo di essere che è stato tutto un programma, ma un programma verace e trasparente, dentro e fuori dal campo, come lui, per il quale “il vero Pallone d’oro consisteva nel rubare più palloni possibile agli avversari”.

Se il Diavolo perde l’anima…

Nelle periferie del sud, come quelle dove un pezzo di pane spesso costa sacrifici persino poco dignitosi, rinunciare a 100 euro, quando non a 10, può costare non poco. Forse maturare la consapevolezza di quanto valga un lavoro onesto, da quelle parti, passa anche da un’infanzia trascorsa tra quelle strade dissestate e quelle spiagge assolate mai valorizzate come si potrebbe, come quelle ove Gattuso ha trascorso una breve infanzia.

L’età adulta infatti, Rino la inaugurò già a 13 anni, quando lasciò tutto per seguire il sogno di giocare a calcio con la maglia del Perugia e poi, dopo lo scudetto primavera del 1997 e il conseguente riconoscimento di miglior giocatore dell’anno con gli umbri, trasferirsi in Scozia per firmare con i Rangers di Glasgow, per tornare in Italia con la maglia della Salernitana l’anno successivo. Quanto scritto con i colori del Milan dal 1999 fino al ritiro dal calcio giocato, alla fine della stagione 2011-2012, è storia tanto nota quanto gloriosa, andata a ricongiungersi con l’arrivo sulla panchina del Milan dal novembre 2017, “il paradiso” per lui, e la cui ultima memorabile pagina è stata scritta ieri. «Decidere di lasciare la panchina del Milan non è semplice ma è una decisione che dovevo prendere. Sofferta ma ponderata. Rinuncio a due anni di contratto perché la mia storia col Milan non potrà mai essere una questione di soldi». Si è congedato così mister Gattuso, non convinto dal progetto societario, rinunciando a percepire quasi 11 milioni di euro lordi per i prossimi due anni pur di assicurare ai dieci componenti del suo staff l’intero stipendio che spetta loro fino al 2021, circa 5 milioni di euro lordi: professionisti che guadagnano stipendi normalissimi e spesso lavorano lontano dai riflettori mediatici, come analisti delle partite, preparatori ecc. Probabilmente il Milan non perde un grande tattico, né un alchimista dell’innovazione tecnica del calcio moderno, ma di certo saluta uno dei più grandi uomini della sua storia.

…e lo Squalo viene soccorso

Nello stesso giorno, il ciclismo lustra le pagine della sua più nobile storia con un gesto tanto semplice quanto significativo di fair play che non può non riportare alla mente scorci di lealtà esemplare firmati da Bartali e Coppi: lo spagnolo Francisco Ventoso, della CCC, che era in fuga, viene ripreso dal gruppetto guidato da un ambizioso quanto assetato “Squalo dello Stretto” Vincenzo Nibali, al quale consegna la sua borraccia. Un gesto sottolineato e apprezzato dallo stesso siciliano, che aveva appena sferrato il suo attacco su quel provante Mortirolo che, da ieri, aggiungerà un’altra encomiabile immagine tra le sue leggendarie pagine del Giro.

 

 

 

 

 

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