Governo Meloni, una direzione di marcia che passa dai nomi

Il nuovo esecutivo si presenta in tempo di record per il giuramento al Quirinale. Cambiano non solo i ministri ma alcuni nomi dei ministeri
Giorgia Meloni (AP Photo/Gregorio Borgia)

Giorgia Meloni ha accettato senza riserve l’incarico di presidente del Consiglio da parte di Mattarella. La presidente di Fratelli d’Italia guida una coalizione che esprime una solida maggioranza in grado di governare grazie al consenso ricevuto e  potenziato dal meccanismo elettorale del Rosatellum.

Dopo la sobria procedura della salita al Quirinale con l’elenco dei ministri da presentare previamente al presidente della Repubblica, la consacrazione vera e propria avviene oggi, sabato 22 ottobre alle 10 con il rito del giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla sua Costituzione.

La fiducia delle Camere, prevista nella prossima settimana, appare quindi scontata e i titolari dei dicasteri strategici hanno già iniziato a impostare i dossier decisivi, dalla questione energetica al Pnrr e alla guerra in Ucraina.

Meloni sa che non deve fare come la collega del Regno Unito Liz Truss che è caduta dopo pochi giorni perché ha voluto emulare Margaret Thatcher in una maniera così estrema da attirarsi le critiche più dure proprio dalla stampa liberista.

L’anziano Berlusconi conosce così bene gli automatismi dei media da aver attirato l’attenzione di questi giorni di attesa sulle sue battute estemporanee, mentre la lista dei ministri è stata decisa dalla Meloni che ha acquisito punti nel dichiararsi “non ricattabile”.

Come ha detto Giovanni Grasso, capo ufficio stampa del Quirinale, le caselle sono state occupate, “più o meno”, nell’ordine proposto dalla leader di FdI. Come a ribadire che Mattarella non esercita un mero compito notarile di registrazione della volontà del capo del governo incaricato, ma in questo caso, a differenza delle polemiche sul nome di Savona nel governo del Conte 1, le soluzioni alternative erano già pronte e quindi la squadra è ormai formata con la significativa novità del cambiamento dei nomi di alcuni ministeri.

Cambiare il nome è già un primo esercizio di potere e di indirizzo. L’ormai ex ministro Enrico Giovannini ha voluto, ad esempio, aggiungere il termine “sostenibile” al dicastero dei Trasporti e Infrastrutture che passa, mantenendo questa finalità, sotto la direzione di Matteo Salvini, leader della Lega che ricoprirà anche l’incarico di vicepresidente del Consiglio.

Un primo scoglio formale del nuovo esecutivo è stato così superato nell’evitare la riproposizione di Salvini al ministero degli Interni che sarà guidato da un tecnico, l’attuale prefetto di Roma Matteo Piantedosi, che è stato voluto comunque sempre dal capo della Lega in continuità con il lavoro già compito nel governo giallo verde.

Antonio Tajani è l’altro vicepresidente del Consiglio nominato ministro degli Esteri. Resterà, si presume, come coordinatore unico di Forza Italia. È stato già commissario europeo ai Trasporti e poi presidente del Parlamento europeo. Ha quindi solidi rapporti con il Partito popolare europeo e appartiene alla prima leva del partito fondato da Berlusconi. Un profilo di garanzia su quella linea tracciata da Draghi che coniuga atlantismo ed europeismo.

Non gli sarà difficile andare d’accordo, perciò, con il nuovo ministro della Difesa, Guido Crosetto, l’unico dei 3 fondatori di FdI che non proviene dalla militanza nel Msi e ha ottimi rapporti con il mondo imprenditoriale, tanto da aver ricoperto finora l’incarico di presidente delle Aziende della Difesa e dello Spazio, controllate in gran parte dal capitale pubblico.

Stavolta le porte girevoli hanno preso un verso contrario a quello abituale che vede il passaggio dai vertici militari agli incarichi nelle società del settore della Difesa. Il rappresentante massimo di questo comparto industriale diventa il titolare del ministero che avrà il compito decisivo di realizzare la progressiva spesa della Difesa al 2% del Pil come da impegno preso in sede Nato.

Tale strategia sarà messa in atto con il ministero dello Sviluppo economico che cambia nome in ministero delle Imprese e del Made in Italy e sarà guidato da Adolfo Urso, esponente di peso di FdI che alla presidenza del Copasir si è distinto proprio nel difendere l’italianità di società strategiche invocando ragioni di sicurezza nazionale. Dovrà gestire un gran numero di dossier di aziende in crisi, destinate ad aumentare con la questione energetica che è stata all’ordine del giorno del Consiglio europeo che ha visto l’ultimo intervento di Draghi da presidente del Consiglio.

Nell’emozione che accompagna certi momenti anche la Meloni, nel leggere la formazione del suo governo entrante, ha fatto un errore di nomi scambiando i titolari di Ambiente e Pubblica amministrazione. Arrivano entrambi dal Piemonte e da Forza Italia ma Paolo Zangrillo, manager di scuola Fiat e forte sostenitore del Tav, va alla Pubblica Amministrazione, mentre Gilberto Pichetto Fratin gestirà la decisiva sfida della transizione ecologica senza questo nome del ministero che riprendeva il modello francese e che ora torna ad essere dell’Ambiente con l’aggiunta della Sicurezza energetica.

Pichetto Fratin si è distinto proprio su questi temi dichiarandosi a favore dell’aumento dell’estrazione di gas in Italia, a favore dello sviluppo del nucleare civile e contro lo stop delle auto a diesel e benzina entro il 2035.

Una linea coerente con il programma della nuova maggioranza che dovrà decidere come attuare l’autonomia differenziata tra le diverse regioni sotto la guida del leghista Roberto Calderoli, nuovo titolare del ministero degli Affari regionali e delle Autonomie.

L’attenzione per il nostro Meridione è affidata al siciliano Nello Musumeci, storico esponente del Msi e ora di FdI, che ha ricoperto il ruolo di presidente della sua Regione e ora è chiamato a ricoprire l’incarico di ministro per il Sud e le politiche del Mare. Una definizione tutta da esplorare per capire quanto inciderà nella definizione delle competenze con il ministero dei Trasporti e delle infrastrutture.

All’ex presidente del Senato Maria Elesabetta Casellati non è stato affidato un ministero pesante come quello della Giustizia, ma quello, senza portafoglio, delle Riforme che tuttavia potrebbe sovrintendere al decisivo passaggio auspicato da Meloni verso una Repubblica di tipo presidenziale.

Il peso specifico della Lega si esprime con l’attribuzione dell’Economia a Giancarlo Giorgetti, già ministro allo Sviluppo economico con Draghi e che dovrà assicurare la continuità con l’impianto definito dal premier uscente.

L’ex magistrato Carlo Nordio è dunque il nuovo ministro della Giustizia che va in quota FdI, partito in cui si è candidato, anche se il suo pensiero è molto vicino a quello della cultura di Forza Italia. Critico della conduzione delle inchieste di Tangentopoli, è favorevole alla separazione delle carriere in magistratura.

L’importanza del ministero dei Beni culturali in Italia si comprende dal fatto che finora sia stato ricoperto da una figura di primo piano del Pd come Dario Franceschini. È perciò significativo che il nuovo ministro sia ora non un parlamentare ma Gennaro Sangiuliano, il direttore del Tg2 che ha presidiato efficacemente la rete Rai affidata al centrodestra.

Così è rilevante l’incarico affidato a Raffaele Fitto come ministro agli Affari europei e al Pnrr. L’ex presidente della regione Puglia proviene da Forza Italia, con il quale è stato ministro agli Affari regionali per poi esprimere nel 2018 la componente Udc nel centrodestra e confluire in FdI con compiti di raccordo importanti con i conservatori europei.

Alla Salute e all’Istruzione vanno due tecnici di area. Giuseppe Valditara è un noto giurista eletto a suo tempo con Alleanza nazionale, ma poi molto vicino alla Lega che dovrà con il suo operato declinare il nome nuovo del ministero per l’Istruzione e il Merito, concetto al centro di una critica molto accesa proprio nel campo dell’educazione. È invece una politica la nuova ministro dell’Università e ricerca, la parlamentare di Forza Itala Anna Maria Bernini che proviene da Alleanza nazionale.

È invece Orazio Schillaci, attuale rettore dell’Università di Roma Tre, il nuovo ministro della Salute. Professore di Medicina con una lunga serie di pubblicazioni e la nomina al consiglio scientifico dell’Istituto superiore di Sanità, è la figura meno nota politicamente che suscita attenzione per capire come gestirà la questione della pandemia e i tanti problemi irrisolti del Servizio sanitario nazionale.

Ha un profilo tecnico anche la nuova ministro del Lavoro, Marina Calderone, alla guida finora dei consulenti del lavoro, categoria di professionisti molto vicini al mondo imprenditoriale.

Ha un nome ispirato a quello francese il ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare che è stato affidato a Francesco Lollobrigida, esponente di punta di FdI che proviene dalla storica destra sociale romana.  Il termine “sovranità alimentare”, di per sé, non ha un riferimento al sovranismo nazionalista ma esprime un concetto molto noto nel campo della politica agricola di quei popoli che rifiutano il modello di produzione capitalistico dei beni alimentari. Sarà da vedere come sarà interpretato dal nuovo esecutivo.

Un ruolo chiave importante è quello che andrà a ricoprire Alfredo Mantovano, attualmente  magistrato ma ex parlamentare ed esponente di punta di Alleanza nazionale, quale sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Esiste un collegamento storico su temi di bioetica tra Mantovano ed Eugenia Roccella in prima fila nello scontro sulla legge 40 relativa alla fecondazione assistita. La Roccella ha un percorso di militante femminista diventata poi portavoce, assieme al sindacalista Savino Pezzotta, della manifestazione nazionale del Family Day del 2012. Eletta più volte parlamentare di Forza Italia e da ultimo con il partito della Meloni.

Si presume che la sua nomina al ministero della Famiglia e delle pari opportunità, a cui viene aggiunto il termine “e della natalità”, sarà al centro di accesi dibattiti e polemiche. La natalità, ad ogni modo, non dovrebbe essere un termine che rimanda al passato mussoliniano del numero come potenza perché esprime, invece, l’attenzione alla denatalità, uno dei più gravi problemi della società italiana secondo una considerazione condivisa a livello generale. Un tema che dovrebbe unire più che dividere.

Completano l’elenco Luca Ciriani ai Rapporti con il Parlamento, Alessandra Locatelli alla Disabilità, Andrea Abodi allo Sport e Giovani e Daniela Santanchè al Turismo.

È solo un debutto, ma già l’indicazione di alcuni nomi offre con chiarezza la direzione di marcia di un governo che sarà chiamato ad agire in tempi brevi in un periodo quanto mai complesso della storia nazionale e mondiale.

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