Gli scherzi di Amadeus

Festival K. Roma, Accademia nazionale di Santa Cecilia. Che burlone, Mozart. Nello Scherzo musicale k.522, scritto mentre era alle prese con il Don Giovanni, si diverte ad uno stupidario, condendo i luoghi triti e ritriti della musica di consumo con stonature, tonalità sovrapposte, stecche mirabili, banalità di temi e accompagnamenti. Sino a chiudere con due secchi accordi stonatissimi, che suscitano l’ilarità del pubblico, di allora e di oggi (sentire i commenti divertiti dei giovani sul bus a fine concerto è stato un spasso…). Ma anche quando si diverte e ci diverte, Amadeus – incredibile – scrive limpidamente, con acutezza, e il suo umorismo ha la grazia di non esser mai banale, pur se si tratta di un sestetto di musicanti del villaggio come è conosciuto questo Scherzo che prende in giro i musicisti di poco conto. (Imparassero da Mozart come si fa umorismo senza scendere in basso – tipo Vacanze di Natale – certi registi o conduttori televisivi nostrani…). Rasserena pure, Amadeus, nei primi due Concerti per corno e orchestra. Scritte per un virtuoso, Ignaz Leutgeb, che si esercitava con uno strumento allora assai difficile, queste musiche sono costellate da osservazioni scherzose: Adagio a lei Signor Asino/ Animo/ Coraggio… Respira/ Avanti, avanti/ Oh, che stonatura!…, e così via al posto dei consueti tempi. Wolfgang si divertiva a ironizzare sullo strumentista, grande virtuoso ma di carattere sempliciotto. Gli compose però una musica deliziosa, con difficoltà eclatanti, ma con un melodiare così accattivante e dolce che, in questi lavori sempre popolarissimi, rivelano l’innata soavità del bambino mozartiano, che sembra uscirgli quasi di controvoglia. Come si fa a comporre un brano tanto bello e ad esser anche così ironici su chi lo deve eseguire? Mistero degli artisti. Alessio Allegrini, Primo Corno dell’orchestra ceciliana, è davvero molto bravo, padroneggia lo strumento, lo fa cantare proprio come vuole Mozart, creando quell’aria distesa che la musica ispirata sa portare, con grande partecipazione del pubblico. Si chiude il concerto con la celebre Sinfonia n.35 Haffner. Scritta con autoimprestiti – pratica di lunga durata (vedi Rossini) – fa prorompere una gioia schietta, un’allegria vitale che alterna brio da fuochi d’artificio – sempre con eleganza -, vivacità irrefrenabile (l’ultimo tempo, Presto, è indicato da eseguire il più velocemente possibile) e delicatezza poetica nell’Andante. Colori, ritmo, fantasia la dicono lunga sul mestiere di Amadeus, che ricicla un vecchio brano in modo da farlo apparire nuovissimo. La direzione di Paul Mc- Creesh ha ottenuto dall’orchestra, in serata buona, un piglio gioioso e giocoso, sparso di tocchi intimi, che l’opera richiede: sempre bello il suono dei violini ceciliani e travolgente lo scatenamento del timpano nelle esplosioni divertite del buonumore mozartiano. Successo grande e sentito, come per tutto il Festival K.

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