Giorgio La Pira e l’accordo segreto con Ho Chi Minh

L'avventuroso viaggio in Vietnam nel 1965 del sindaco di Firenze aveva posto le condizioni per cambiare il corso della storia ed evitare la guerra. Lo racconta Mario Primicerio nel suo libro "Con La Pira in Viet Nam" (prefazione di Romano Prodi)
Giorgio La Pira (foto Ansa)

«La pace è indivisibile, e la situazione mondiale contemporanea ci fa rendere conto che l’umanità è sempre su uno stretto crinale, da una parte del quale sta la totale distruzione del pianeta». Con queste parole Giorgio La Pira si rivolse a Ho Chi Minh nel corso della sua visita in Vietnam nel 1965: espressioni vicinissime a cambiare il corso della storia, che un giovane Mario Primicerio, il quale 40 anni dopo sarebbe stato sindaco di Firenze, appuntò attentamente in un diario di viaggio, assieme agli eventi più importanti di quella avventurosa spedizione.

 

 

Un documento storico che il professor Primicerio, oggi presidente della Fondazione Giorgio La Pira, ha deciso di pubblicare all’interno del saggio intitolato Con La Pira in Viet Nam, una testimonianza approfondita dell’impegno dello statista per la pace mondiale. Il volume, con prefazione di Romano Prodi, è stato presentato per la prima volta lo scorso sabato 30 gennaio all’Auditorium Santo Stefano di Siena, ma seguiranno altre occasioni in più città.

 

 

«Il 1965 – si legge nel comunicato diramato dalla Fondazione La Pira – fu un anno chiave della guerra in Vietnam, con l’inasprimento del conflitto a seguito dell’operazione Rolling Thunder e l’impiego diretto delle prime truppe militari statunitensi (a fine anno i soldati dislocati furono oltre 200 mila). Il viaggio di La Pira a novembre rappresentò il frutto di una lunga preparazione e si colloca sulla scia dei Convegni della pace e della Civiltà cristiana, dei colloqui del Mediterraneo e della riunione dei sindaci delle principali capitali del mondo, tutti eventi organizzati dallo statista nel decennio precedente, in un periodo segnato dalla Guerra Fredda e da forti tensioni internazionali».

 

 

Nel suo soggiorno ad Hanoi, il sindaco di Firenze arrivò in effetti a risultati insperati, a un passo da una pace concordata che avrebbe salvato centinaia di migliaia di vite: dopo i colloqui col Fronte della Patria Vietnamita e col colonnello Ha Van Lau, l’11 novembre incontrò il presidente Ho Chi Minh e il primo ministro Pham Van Dong. Il contenuto, le interpretazioni e le strumentalizzazioni di questo colloquio costituiscono il cuore del saggio di Primicerio, che al resoconto dettagliato dei suoi spostamenti a fianco di La Pira unisce approfondimenti sulla storia della guerra in Vietnam e sulla situazione politica italiana e internazionale negli anni Sessanta.

 

 

L’iniziativa del sindaco di Firenze, osteggiata dagli ambienti U.S.A. vicini al presidente Lyndon Johnson, non portò evidentemente alla cessazione del conflitto, ma le soluzioni proposte, del tutto credibili e realistiche, si dimostrarono valide col passare degli anni, tanto da far guadagnare a La Pira l’appellativo di “profeta di pace”. «Dalle prove documentali che il presente libro ci offre – scrive Romano Prodi nella prefazione – si può davvero dedurre che un appoggio forte e deciso avrebbe permesso alla diplomazia italiana di giocare un ruolo di primo piano, proprio perché i contenuti politici delle iniziative di La Pira si sono dimostrati nel tempo vincenti sia nel caso dell’Algeria che del Vietnam».

 

 

«Quando il nostro presidente del Consiglio, Matteo Renzi – ricorda Mario Primicerio – è andato in visita ad Hanoi nel 2014, subito dopo essere arrivato, mi ha mandato un sms ricordando proprio il viaggio di La Pira. Ricordo anche con una certa emozione quando nello stesso anno, invitato a un congresso di matematica applicata in Vietnam del Sud, senza che io dicessi nulla, un funzionario del governo ritirò fuori i giornali del ’65 con la foto mia e di Giorgio La Pira: laggiù ricordano con grande simpatia e gratitudine questo tentativo fatto per la pace».

 

 

Il mosaico attorno alla figura politica di Giorgio La Pira si arricchisce pertanto di un ulteriore tassello, concorrendo a rinforzare le speranze di quanti, per l’attualità e la forza del suo impegno nella cosa pubblica, lo vorrebbero “beato” in compagnia dei più fulgidi testimoni della fede del nostro tempo.

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