G8, la mutua dipendenza

G8

Gli ideali che ci ha consegnato come eredità la nostra fondatrice Chiara Lubich si possono sintetizzare in quello che ella definiva il suo sogno: concorrere a realizzare la fraternità universale, per la quale si attua l’unità della famiglia umana. Questo ci fa guardare alla Comunità internazionale come ad una famiglia di popoli che hanno in comune, pur in diverse forme, la regola d’oro: «Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te», intrinseca solidarietà che, oltre a legare tutti i popoli della Terra, deve estendersi al succedersi delle generazioni, iniziando a porre al nostro modello di consumo delle risorse naturali una misura che tenga conto dei diritti delle future generazioni.

Il pianeta ci sta dando forti segnali del bisogno fisico, oltre che sociale, di questa solidarietà fra i popoli e fra le generazioni: il riscaldamento climatico e il grido muto di ampie zone della Terra minacciate da desertificazione e degrado. E tutto questo mentre una grave crisi economica attraversa il mondo, generando paure nei Paesi industrializzati, involuzioni nei Paesi in via di sviluppo, minacce letali nei Paesi impoveriti. Proprio questi fenomeni che in sé, e nelle conseguenze che provocano, sono negativi, possono costituire una opportunità da non perdere per intervenire con determinazione.

 

Mancano forse le risorse perché questi interventi possano attuarsi e realizzare gli obiettivi che da tempo sono indicati come assolutamente urgenti e che il G8 si era proposto già nel 2000? La risposta è: no. C’è piuttosto un problema di volontà politica di utilizzare le risorse disponibili e orientarle agli obiettivi stabiliti. È possibile oggi chiedere ai responsabili delle Nazioni un cambiamento profondo e coraggioso? Forse proprio oggi sì!

È già stato fatto notare che l’attuale crisi economica non può essere superata che insieme; possiamo fare un passo avanti e considerare questi singoli mali collegati gli uni con gli altri come un’unica occasione di crescere insieme – tutta la comunità internazionale, Paesi sviluppati e Paesi a cui oggi sono preclusi livelli anche minimi di benessere – verso un mondo più giusto e più fraterno.

Oggi è il tempo giusto per scelte forti: il tempo di riconoscere la “mutua dipendenza” e trarne le conseguenze. Oggi è tempo di vivere tra i popoli il rispetto reciproco, anzi il mutuo amore così come si vive tra fratelli veri, scegliendo il dialogo rispetto all’egemonia, la via della condivisione rispetto a quella della concentrazione delle risorse e dei saperi: l’affermazione della identità di ciascuno non può avvenire né per difesa, né per opposizione, ma attraverso una comunione totale dei beni materiali e non solo, delle virtù civiche, delle caratteristiche culturali, delle esperienze politico-istituzionali.

Il consesso dei rappresentati dei Paesi maggiormente industrializzati non può limitarsi a politiche difensive, ma deve rendersi conto che la maggior minaccia alla pace e alla sicurezza viene oggi dall’accentuarsi del divario economico fra i popoli e che è quindi urgente operare per una equità di accesso alle risorse naturali, economiche e tecnologiche.

Vorrei concludere con le parole che scrisse Chiara nel 2003 ad un’assemblea di politici riuniti a Washington: «La fraternità non è solo un valore, è un paradigma globale di sviluppo politico, perché motore di processi positivi. Dopo millenni di storia in cui si sono sperimentati i frutti della violenza e dell’odio, abbiamo tutto il diritto oggi di chiedere che l’umanità cominci a sperimentare quali potranno essere i frutti dell’amore. E non solo dell’amore fra i singoli, ma anche di quello fra i popoli».

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons