Frutta e verdura, filiera d’oro

Non è detto. Ma il fatto che se ne sia occupata la Banca d’Italia, fa diventare la faccenda decisamente seria o almeno degna di maggiore attenzione. Non è infatti una novità che la cosiddetta filiera dell’ortofrutta, ovvero il percorso che la verdura e la frutta compiono dal campo alla borsa della spesa, sia carica di troppi passaggi con l’effetto di far lievitare enormemente il prezzo. La massima istituzione creditizia nazionale s’è presa la briga di condurre uno studio sulla scorta dei dati dell’Istituto di servizio per il mercato agricolo alimentare e di un’indagine dell’Autorità per la concorrenza. In esame ben 276 filiere di prodotti. I risultati sono quanto mai significativi e, per le famiglie, altrettanto deprimenti. Motivo? I rincari medi rilevati sono del 200 per cento e vanno dal 103 per cento, nel caso di un intermediario, al 300 per cento, quando tra produttore e distributore finale si registrano tre o più passaggi di mano. Gli effetti, a livello di consumi, sono evidenti dall’inizio dell’anno: gli italiani acquistano e mangiano meno frutta e verdura. Con conseguenze sulla dieta mediterranea e, soprattutto, sulla salute. Se i prezzi di frutta e verdura nel negozio al dettaglio sono elevati, quelli dei supermercati non regalano nulla. Anzi, in questi ultimi i prezzi risultano sensibilmente superiori a quelli praticati dai mercati rionali e dagli ambulanti , fa presente l’Antitrust nella sua ultima indagine. Con una differenza, precisano gli esperti: qualità e sapore vincono nella piccola distribuzione. I supermercati infatti chiedono ai produttori di anticipare la raccolta, in modo che la merce possa resistere a lungo sul banco. La moltiplicazione dei prezzi dal campo alla tavola colpisce, come tutti costatiamo, anche il latte (+241 per cento), la pasta (+369), il pane (+1.325), secondo i dati della Coldiretti. Che fa presente la ripartizione degli introiti: per ogni euro speso dai consumatori, 60 centesimi vanno alla distribuzione, 23 all’industria, 17 agli agricoltori. Come uscirne? La Banca d’Italia denuncia un numero eccessivo di intermediari, ma pure inefficienze, distorsioni e ricarichi ingiustificati. Lo sappiamo da tempo, anche se adesso la situazione è acuita dalla crisi economica e si avverte l’urgenza di prendere efficaci provvedimenti. Ad incominciare dai mercati all’ingrosso, indica lo studio della Banca d’Italia. Nel corso degli ultimi tre anni, la differenza tra prezzo alla produ- zione e quello all’ingrosso supera in Italia il 100 per cento, contro il 60 di Spagna e Francia. Le ragioni risiedono nel fatto che da noi i mercati all’ingrosso sono tanti (150, a fronte dei 23 in Spagna e dei 19 in Francia), di piccole dimensioni e soprattutto vecchi: Poco meno della metà delle strutture risale agli anni Sessanta e Settanta, e quasi un terzo è antecedente alla seconda guerra mondiale. Altro problema, il trasporto. L’86 per cento di frutta e verdura viaggia su camion, una modalità che incide per il 30 per cento sul prezzo finale dei prodotti agricoli. Ecco la necessità, anzi, l’urgenza (il prezzo del petrolio non calerà in futuro) di progettare strategie avvalendosi in maniera prevalente della ferrovia e del mare. La soluzione complessiva del problema sta, come tutti auspicano, nella semplificazione e razionalizzazione della filiera tra campo e tavola. Lodevole intenzione, che tuttavia si scontra costantemente con gli interessi della grande distribuzione (il soggetto più forte), dell’industria alimentare, dei commercianti. A farne le spese – nel senso pieno dell’espressione -, gli agricoltori e i consumatori. La Coldiretti non ci sta, e il presidente Sergio Marini ha annunciato un piano che coinvolge le imprese agricole, il sistema dei consorzi agrari, 1.300 cooperative, il sistema dei mercati diretti degli agricoltori. Scopo, contenere i prezzi. Intenzione, coinvolgere sia le aziende della trasformazione artigianale e industriale, che la piccola e grande distribuzione. Impresa ciclopica, perché anche in questo ambito difetta sempre la logica della programmazione, la modalità del gioco di squadra, la convinzione che la ricerca degli interessi generali appaga poi anche gli appetiti di settore e di categoria. Da parte sua, il ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, ha proposto una sorta di salvagente per le famiglie, invitando la grande distribuzione a dare vita ad un paniere di beni a basso costo: Invece di fare la confezione di pasta da mezzo chilo si fa quella da cinque chili con un prodotto non di primissima qualità. In cambio, uno sconto del 30 per cento. L’idea ha trovato consensi nella grande distribuzione e sollevato perplessità tra i dettaglianti. Il rischio più tipico nel nostro Bel Paese è che alla fine non si faccia nulla di nulla. E le famiglie debbano continuare ad arrangiarsi. Tra le indicazioni utili, quelle della Coldiretti, che invitano a recarsi nei punti di vendita diretta e nei mercati gestiti dagli agricoltori, dov’è presente anche la distribuzione alla spina del latte fresco (1 euro-1,20 al litro). Idee simpatiche – replica Luigi Taranto, direttore generale di Confcommercio -, ma in un’economia moderna non possono rappresentare una risposta efficace . Commenta Paolo Bruni, presidente di Federagri-Confcooperative: La risposta non può essere la vendita diretta, valida in periferia o nei piccoli centri urbani, ma impossibile nella grande città. Replica Lorenzo Bazzana, responsabile tecnico-economico della Coldiretti: Noi siamo convinti che attraverso la vendita diretta si possa dare un pungolo tanto al dettaglio tradizionale, quanto alla grande distribuzione per giungere ad una riduzione dei prezzi e a una maggiore qualità. In attesa di trovare i punti di vendita diretta (rintracciabili su www.coldiretti.it), fare la spesa con un occhio al prezzo e uno all’etichetta – ci suggerisce Bazzana -, perché quando i prodotti contengono aromi, conservanti, coloranti, la qualità della materia prima è decisamente bassa: alla fine si mangia male e si pregiudica la salute. Inoltre, scrollarci di dosso certe comodità acquisite: Si consumano – continua Bazzana – sempre più sughi pronti, minestroni precotti e, soprattutto, insalata in busta, lavata e pronta per l’uso. Servizi che fanno schizzare in alto i prezzi. Tutto questo cosa ci dice? Che i consumatori hanno un grande potere di condizionamento. Esserne consapevoli e fare scelte conseguenti mette in riga tutti. Magari, costringendo quanto prima i soggetti della filiera a sedersi attorno ad un tavolo per decidere insieme su frutta e verdura.

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