Florenskij, un grande

Mano mano che il tempo passa, la figura e il pensiero di Florenskij assumono il rilievo che loro spetta: a tutto tondo e per tanti versi profetico.
Pavel Florenskij (1882-1937)

È passato ormai un secolo da quando il grande teologo russo Sergej Bulgakov scriveva queste parole a proposito del suo connazionale Pavel Florenskij: «Si tratta di un uomo assolutamente unico nel suo genere, così che non so persino quale sentimento nutro per lui: amore o piuttosto una stima che sconfina nell’incredulità. Egli va senz’altro annoverato tra gli uomini di cui si occuperà la storia».

Bulgakov ha visto giusto. Mano mano che il tempo passa, la figura e il pensiero di Florenskij assumono il rilievo che loro spetta: un rilievo a tutto tondo e per tanti versi profetico.

 

La cultura italiana è stata precoce nel cogliere la portata della sua lezione. La prima lingua, infatti, in cui è stata tradotta l’opera maggiore di questo geniale pensatore, morto martire nei gulag dello stalinismo, è stata l’italiano. Si tratta del saggio La colonna e il fondamento della verità, di cui recentemente è uscita una riedizione, esemplarmente riproposta, a cura di Natalino Valentini (San Paolo).

Non è un caso che Giovanni Paolo II, nell’enciclica Fides et ratio, abbia indicato Florenskij tra quei pensatori che hanno condotto una “ricerca coraggiosa” indirizzata all’incontro tra pensiero moderno e parola di Dio. In verità, s’imparano molte e preziose cose dalla lettura del suo capolavoro, scritto come una serie di lettere indirizzate a un amico e folgorante sin dall’esordio: «L’esperienza religiosa viva come unico metodo legittimo per conoscere i dogmi della fede – ecco l’intento di questo libro».

Florenskij abbozza a partire di qui il progetto di una “terza via”, al di là dell’oggettivismo e del soggettivismo, della classicità e della modernità, del confessionalismo e del laicismo: la via della trasfigurazione del conoscere a partire dal vivere di noi, fatti uno dall’amore di Gesù, nel seno di Dio che è Padre.

Egli ha così intuito – lo dico con uno slogan – che la svolta del pensiero (e prima del vivere) che tutti oggi c’interpella è quella di transitare dal pensare e pregare Dio, la Trinità, ciascuno nel proprio intimo, al pensare e vivere insieme nella Trinità. Il che rende l’altro insostituibile al dispiegarsi della vocazione dell’io. Come Gesù insegna.

La percezione, che di giorno in giorno mi cresce dentro, è che ormai s’è fatta l’ora di passare senza indugi dalle proclamazioni d’intento al rischio della propria vita e del proprio pensiero affinché ciò, da Dio, possa realmente accadere tra noi.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons