Flagello maltempo nel Nord Est

Stato di allerta in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Strade allagate, boschi rasi al suolo dai temporali. Si contano le vittime dell’eccezionale ondata meteorologica che, come al solito, mette in evidenza antichi problemi gestionali e solide reti di solidarietà
ANSA/ANDREA MEROLA

Sarà per uno strano scherzo del destino: ma proprio nei giorni in cui, sulle rive del Piave, fervono i preparativi per celebrare il centenario della fine della Grande Guerra – anniversario particolarmente sentito in queste zone, dove si è svolta l’offensiva finale – il fiume, oggi come allora, è in piena e mette paura.

Nel trevigiano il livello dell’acqua ha superato i nove metri, oltre mille persone hanno dovuto lasciare le proprie case, vaste zone sono rimaste senza energia elettrica, le scuole sono state chiuse per due giorni, e la struttura provvisoria che consentiva di attraversare il Piave a Ponte della Priula durante la sistemazione del ponte vero e proprio è stata travolta dalla piena.

La Marca trevigiana è rimasta così letteralmente tagliata in due – considerato che anche altri ponti erano stati chiusi per precauzione – spingendo a chiedere di lasciare libero il transito sull’autostrada A27, rimasta l’unica via per passare a sud del fiume.

La situazione è critica sia nelle zone montane – dove diversi torrenti sono esondati, e un uomo è morto a Falcade dopo che la sua auto è stata travolta dall’acqua – che a valle, dove le zone golenali del Piave, del Livenza e del Monticano sono state evacuate.

E se l’acqua alta a Venezia non è certo notizia, né è la prima volta che questa entra nella basilica di San Marco, questa volta lo è per la sua entità: un metro e sessanta la punta massima e novanta centimetri in basilica, dove ha coperto gli storici mosaici facendo temere danni irreparabili.

In Trentino, altra zona pesantemente colpita, ha suscitato forte eco quanto accaduto a Dimaro, dove una donna di 45 anni è morta a causa della frana che ha travolto la sua casa; ma altrettanta ne ha suscitata la morte di un vigile del fuoco altoatesino, ucciso dalla caduta di un tronco mentre prestava soccorso come volontario.

Sui social e non solo si sono infatti moltiplicate le attestazioni di stima e di ringraziamento non soltanto a lui, ma a tutti i volontari che si sono mobilitati in questi frangenti.

Vaste aree di bosco sono state letteralmente rase al suolo dai temporali, e le frane – per quanto non con conseguenze tragiche come quella di Dimaro – sono state numerose, costringendo a chiudere strade e ad evacuare alcuni borghi.

Osservato speciale l’Adige, non solo qui ma anche più a valle in Veneto, così come il Brenta: fiumi che in realtà hanno preoccupato di più appunto nella bassa, verso il Polesine. Anche qui però il pericolo di esondazioni disastrose sembra scongiurato.

In Friuli le maggiori criticità si sono registrate in Carnia e nell’alta Val Cellina: torrenti esondati, strade interrotte da frane e piene, villaggi isolati, ponti inagibili o addirittura crollati – come è avvenuto a Comeglians.

Oltre ventimila abitazioni sono senza energia elettrica, diverse di queste sono state anche scoperchiate dal vento, e quasi ovunque non funzionano le linee telefoniche.

Le immagini giunte dalle zone di montagna hanno suscitato particolare emozione, ma anche indignazione: specie nel caso del torrente Cellina, si dice, ad ogni piena si lamenta la necessità di sghiaiare e di mettere in sicurezza la viabilità, ma non si prendono poi mai provvedimenti efficaci.

Anche parte di Pordenone, città attraversata dal Noncello, è andata sott’acqua.

Si è invece risolta senza provocare gravi danni la piena del Tagliamento, che aveva fatto temere il peggio a Latisana; mentre maggiori disagi ci sono stati a Lignano, dove una mareggiata ha travolto il litorale.

 Mercoledì 31 il peggio pare essere passato, molte persone sono rientrate nelle proprie case e le scuole sono state riaperte; ma sono previste nuove perturbazioni in arrivo, per cui l’attenzione rimane alta.

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