Famiglie in salita per quanto?

Il nono rapporto sulla povertà ed esclusione sociale in Italia, presentato dalla Caritas e dalla Fondazione Zancan, fotografa una situazione di disagio in aumento. Non per rassegnarsi, ma per ripartire.
povertà

Se la foto che illustra la crisi economica appare per certi versi un po’ sfocata o quanto meno confusa, quella della povertà e dell’esclusione in Italia è abbastanza nitida sia per la professionalità dei fotografi (la Caritas Italiana e la Fondazione Zancan) sia perché a dircelo non vi sono solo dati statistici, del resto abbastanza inconfutabili, ma anche la percezione piena della domanda: infatti in un anno sono aumentate del 20 per cento le persone che hanno chiesto aiuto ai soli Centri di ascolto della Caritas (senza contare gli altri “sportelli” sociali e parrocchiali). Tra queste non ci sono solo stranieri: nel 2008, rispetto al 2007, l’incidenza degli italiani è cresciuta infatti del 10 per cento.

 

Stiamo palando dei dati del nono rapporto su Povertà ed esclusione sociale in Italia, che quest’anno ha il titolo significativo e indicativo di Famiglie in salita, presentato nei giorni scorsi dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Zancan di Padova.

 

Dicevamo della professionalità dei “fotografi”: entrambi gli organismi, pur nella loro specificità e autonomia, sono impegnati a contribuire allo sviluppo economico e sociale del paese, affinché sia sintonizzato con i valori portanti della Costituzione, quali la solidarietà, l’uguaglianza, la libertà, e, di conseguenza, l’attenzione privilegiata alle fasce più deboli della popolazione. Ed è così che il profondo impegno culturale, di formazione, di analisi e di ricerca, con l’aggiunta profonda di valori, riconosciuto in ogni  dove, della Fondazione “E. Zancan” di Padova, coniugata con la quotidiana battaglia di solidarietà e di fratellanza, in ogni via che respira di discriminazione sociale e di povertà, che porta avanti la Caritas Italiana, espressione ufficiale della Chiesa Italiana per la pastorale della carità, sono un viatico sicuro. Ormai i Rapporti che presentano da 9 anni sono indispensabili contributi per l’edificazione del bene sociale, pur creando qualche “fastidio”, con i loro dati e le loro verità, ai “palazzi”.

 

Rassegnarsi alla povertà o ripartire dai poveri? Accettare questa sfida e affrontarla proprio quando tutto sembra più difficile? Nella morsa di una crisi economica che sta mettendo a dura prova la fiducia e la speranza di poterne uscire? Quante domande sarebbe da porsi. Tiziano Vecchiato, direttore scientifico della Zancan, non si demoralizza: «Le soluzioni a queste domande devono essere risposte concrete, a problemi delle persone, delle famiglie, che non possono essere rimandate a un domani che non ci sarà, senza l’impegno di oggi. La crisi attuale ha colpito pesantemente anche la classe media. Questo fenomeno inaspettato ci rende consapevoli che un problema più ampio può essere anche un’opportunità per tutti, per capirlo e affrontarlo come si deve, in modi più decisi e determinati di quelli che conosciamo. Mai come oggi le risposte ai poveri sono anche risposte ai problemi di tutti».

 

La lotta alla povertà in Italia è in questi anni, come dice il rapporto, una «sconfitta», a causa di «una logica perversa di un assistenzialismo» che sta dando risultati «scarsi». Nel Sud d’Italia la povertà è infatti quattro-cinque volte maggiore rispetto al Nord, un divario che «non ha corrispondenti in Europa». Nessuna parte politica che si è alternata ultimamente può vantare successi in questo campo. La sconfitta, insomma è, dolorosamente bipartisan.

 

Un’altra «anomalia tutta italiana» è, secondo il Rapporto, il fatto che «si spende di più per contrastare la povertà nelle regioni laddove ci sono meno poveri, ad esempio in Trentino Alto Adige».

 

Un ulteriore fenomeno, ritornato prepotentemente di moda in questi tempi, è rappresentato dalla cassa integrazione o dalla perdita del lavoro nelle regioni del Nord e l’aggravarsi di una situazione, già grigia, della capacità di spesa delle famiglie nel Sud. Ad inizio 2009, gli effetti della crisi finanziaria internazionale hanno dato, poi, il colpo di grazia. Al Nord si è avuta, secondo l’analisi della a Caritas-Zancan, una «povertà inattesa» dovuta soprattutto al mancato rinnovo dei contratti a termine e di lavoro interinale, con una forte crescita dell’iscrizione al collocamento e alle liste di mobilità, e un calo delle assunzioni. Al Centro la povertà appare più «discreta», sommersa, ma «significativa nell’insieme di un territorio che, per diversi aspetti, era già in sofferenza da tempo». Infine al Sud piove sul bagnato, e in alcuni casi la crisi «sta rappresentando una sorta di alibi per operazioni strumentali di razionalizzazione e/o speculazione produttiva da parte delle imprese».

 

A livello generale i più colpiti sono gli anziani, i pensionati con reddito basso e le famiglie in situazioni difficili, ad esempio con genitori separati. Ma le persone in difficoltà non appartengono alla categoria comunemente indicata come povertà estrema, bensì a quella cosiddetta dei "nuovi poveri": vivono in una normale abitazione, il 76,4 per cento con i propri familiari; il 44,9 per cento ha figli minori. Oltre 5 mila famiglie hanno manifestato problemi di «reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze della vita», il 20,8 per cento degli italiani la necessità di un sussidio economico e il 33,5 per cento degli stranieri il bisogno di un lavoro. E se nel 2008 il benessere degli italiani è diminuito, nel 2009 «è probabile che gli impoveriti aumentino». Tra questi potrebbero contarsi i già citati (migliaia) di titolari di contratti a termine, di lavoratori a progetto, di impiegati che perdono il posto di lavoro senza preavviso, di dipendenti di piccole aziende cui è stato tolto l’appalto dei servizi, di cassintegrati che vedono avvicinarsi il termine del sussidio. Insomma, la situazione non sembra destinata a migliorare.

 

In questo panorama, alquanto grigio c’è qualche soluzione? Già da anni, e lo ribadisce con maggior forza oggi la Fondazione Zancan, per far fronte al dilagare della povertà bisognerebbe trasformare gli attuali trasferimenti monetari (polverizzati e spesso inutili) in servizi da erogare alle famiglie a basso reddito, a titolo gratuito o con una significativa riduzione del costo di fruizione e semplificare i percorsi delle erogazioni monetarie. In attesa che cambino le politiche di contrasto alla povertà, sarebbe auspicabile, ma forse improbabile, un alleggerimento della pressione fiscale sulle famiglie a reddito fisso. Non parliamo poi dell’auspicabile, ma lontano varo del quoziente familiare che potrebbe dare aria ai polmoni asfittici di migliaia di famiglie.

 

Il 2010 è l’anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Sarebbe opportuno prepararlo per tempo affinché non sia solo celebrativo, ma che indichi strade da percorrere, consapevoli che il diritto a non essere poveri è un diritto di cittadinanza e una condizione necessaria per uno sviluppo più solidale. Come ha concluso l’on. Letizia De Torre, unico parlamentare presente alla presentazione del rapporto, occorrerà pensare a politiche dal basso, a ripristinare politiche di comunità, iniziando dai Comuni, per essere attenti ascoltatori delle voci da dentroche spesso, nella confusione dell’individualismo imperante, appaiono molto flebili.

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