Famiglie, grande risorsa. Istituzioni carenti

È quanto emerge da un progetto avviato dal Censis e dalla Fondazione Cesare Serono, con indagini che coinvolgono persone con disabilità e le loro famiglie
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Parlando con un amico, esperto in politiche sociali, un giorno è saltato fuori un paradosso: «E se le famiglie, che hanno in cura un parente affetto da invalidità o non autosufficiente, facessero un giorno di sciopero costringendo le istituzioni a prendersi cure di queste persone, tutto questo quanto costerebbe?»

 

Il problema esiste: stando al Rapporto sulla non autosufficienza sono circa due milioni e 600 mila gli italiani che nel 2010 vivono in famiglia in condizione di disabilità. Numeri che non contemplano i minori di 6 anni, che secondo le stime sono 200 mila.

 

Sembra che otto famiglie su dieci non usufruiscano di servizi a domicilio erogati dagli enti pubblici.

E intanto la popolazione invecchia inesorabilmente: gli ultrasessantacinquenni sono già pari al 20,7 per cento della popolazione, con la prospettiva di diventare, nel 2050, il 35 per cento, con più di 2 milioni ultranovantenni.

 

Tutto questo carico ricade il più delle volte sulle famiglie, troppo spesso lasciate sole. In questo quadro il Censis, in una ricerca realizzata nell’ambito del progetto pluriennale «Centralità della persona e della famiglia: realtà o obiettivo da raggiungere?» con la Fondazione Cesare Serono e presentata in questi giorni, ha preso un campione di persone con sindrome di Down e un altro di affetti da sindrome di Parkinson e loro familiari. Due disabilità molto presenti nel nostro Paese, che riguardano vari momenti dell’età (infanzia, gioventù e anzianità).

 

«La famiglia è il primo e insostituibile ammortizzatore sociale in grado di reagire con forza e tempestività nel momento in cui un suo membro viene colpito da una patologia grave»,afferma Gianfranco Conti, direttore generale della fondazione.

 

È bene dire che la famiglia si “sostituisce” troppo spesso al ruolo pubblico di cura sia sociale che sanitaria sancita dalle leggi. Infatti la «famiglia colma “l’assenza delle istituzioni” e fornisce servizi ed assistenza che dovrebbero essere specifico compito della pubblica amministrazione», sottolinea Conti.

 

Occorre un cambio di marcia e di prospettiva, anche in termini antropologici.«Quando la pubblica amministrazione mette al centro dell’attenzione persona e famiglia, questi interlocutori sono vissuti come oggetti e non come soggetti e la differenza è sostanziale. La ricerca del Censis rivela che persone e famiglie scontano un’invisibilità che aggrava i problemi. Solo nel momento in cui persone e famiglie giocheranno un ruolo più attivo nei processi di salute che li riguardano conclude Conti , potremo affermare chela centralità, prevista dalla Costituzione italiana e da quella Europea, sarà un fatto compiuto».

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