Famiglie in cammino sulle strade di Francesco

Genitori e bambini, tanti bambini, nella marcia francescana per le famiglie di Lazio e Abruzzo 2017. Un amore sobrio e maturo. Qualcosa di bello donato ai figli

Se sulla via del ritorno ti accorgi che una nostalgia dolce ti si arrampica dentro, vuol dire che sono stati giorni importanti, che l’esperienza vissuta ti rimarrà addosso parecchio, magari per sempre. Se ancora ti gironzolano disordinatamente nell’anima i canti, le riflessioni e il battere delle mani, e una felicità bambina, tenue ma piena, ti abita il cuore dilatandolo, significa che i frutti buoni, come in fondo speravi, questa marcia delle famiglie te li ha regalati.

Se il paesaggio pennellato di verde, di giallo e di azzurro, insieme al vociare di tantissimi bimbi si riaffaccia dolcemente alla tua mente, e ancora zampilla la gioia collettiva e profonda esplosa ad Assisi il pomeriggio del 2 agosto, la tua avventura può dirsi straordinaria. La fatica, certo, la metti nel conto: dormire arrangiati, lavarsi arrangiati, mangiare arrangiati (anche se poi il cibo è stato sempre buonissimo) non erano il tuo desiderio ossessivo dopo i salti mortali di un anno.

Sei partito col sudore ancora addosso per le acrobazie lavorative e familiari, zavorrate dagli imprevisti disseminati sul cammino, e non sei riuscito ad accogliere sempre con somma allegria gli accordi di chitarra strimpellati dai ragazzi del servizio, come sveglia ogni primissimo mattino, quando ancora avresti voluto un pochino sonnecchiare. Ora li chiami incisi di assestamento, tempi fisiologici di reazione, istanti necessari per riconnetterti con cose più grandi e preziose del tuo bisogno di appagamento corporeo. Lì per lì la faccenda era un pizzico più complicata, anche se sapevi che dietro quei tonti minuti brillavano i doni che non si squagliano, quelli che non muoiono a settembre.

L’esperienza di vita, e quella spirituale accumulate nel tempo, hanno sostenuto la tua ragionevole speranza, e perciò l’ossimoro dei ritmi serrati in agosto, la fila per il bagno o i turni per pulirlo, come le pentole da lavare e la colazione da servire, o il materassino da incastrare tra quasi altri cento ogni sera, li hai affrontati all’inizio con riflessivo silenzio, poi col sorriso e la gentilezza offerti all’estraneo sempre più fratello, come te “folle” abbastanza da portare le persone a lui più care su una strada impervia, sotto un sole facinoroso per un paio di ore al giorno, lungo un sentiero sconosciuto alla maggior parte delle famiglie. È stato lui, in verità, a facilitarti ogni cosa: la sua serena, ordinata e decisa fiducia in quella scelta, la sua pacata, umile e contagiosa convinzione che questa strada stretta sia stupenda, la migliore.

Hai osservato famiglie con tre, quattro, anche sei figli, capaci di collaborare fino a donarsi. Hai sperimentato il fare sul serio di chi ha organizzato nel dettaglio ogni cosa, anche per te che non sapevano chi fossi, soprattutto per te, forse, sconosciuto e perciò perfetto prossimo. Hai visto estranei prendersi cura di tuo figlio per giorni, farlo giocare coi loro senza darti spiegazioni o presentarti qualche conto.

Dandoti la possibilità di concentrarti spiritualmente. Insieme, e forse addirittura di più del perdono ricevuto in Porziuncola, insieme, e forse ancora di più delle illuminanti catechesi dei frati Simone, Raffaele, Federico e Massimo, ti porti a casa questo insistito e sincero offrirsi umano, questo amore sobrio e maturo, incarnato col fare dal buongiorno alla buonanotte. Senza troppe parole, senza nemmeno eccessivi sorrisi.

È questo l’insegnamento più prezioso della marcia francescana per le famiglie di Lazio e Abruzzo 2017, a cui, per grazia di Dio ti è stato concesso di prendere parte. Impacchetti la lezione collettiva e ti proponi di sfoderarla ogni volta che l’uomo vecchio sgomiterà per comandare: «Ecco cosa puoi essere ogni giorno come individuo, come marito e come padre!», rimbomba dentro di te. Di fronte a tale grandezza, in faccia a questa esemplarità di gruppo, le fatiche della cosiddetta scomodità si sono fatte pian piano ridicole ed è diventato leggero riempire il palazzetto dello sport la prima notte a Monterotondo, autentica festa condividere il salone nel convento dei cappuccini a Foligno, la sera prima della Festa del Perdono.

È diventato dono occupare le cellette strette, un tempo dei frati, in quella meraviglia architettonica e spirituale che è il Santuario Francescano di Fonte Colombo, dove Francesco scrisse la versione definitiva della regola per i frati minori. È diventata soave pienezza condividere il piazzale di quel luogo per la cena e la preghiera, ascoltare le parole sapienti dei frati sui pericoli del pregiudizio e della pretesa.

Si è fatto inevitabile pianto di gioia attraversare tutti insieme, con la stessa maglia amaranto, sudatissimi ed elettrici – ormai quasi famiglia – il grande vascone di Santa Maria degli Angeli, nella fornace delle tre e mezza del pomeriggio, mentre migliaia di fratelli senza nome festeggiavano con te lungo i due lati del rettilineo.

È stata grazia immensa guardare tua figlia e pensare di averle appena donato qualcosa di bello, ti sei sentito felice di esserle padre in questo modo. Hai abbracciato tutti, alla fine, ringraziandoli uno a uno. Fra Simone in testa, guida e organizzatore instancabile di questi sei giorni intensissimi. Lui ti ha guardato e ti ha risposto: «Vedi che noi frati, senza di voi non andiamo da nessuna parte».

 

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons